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Serse – L’esperienza del paesaggio
L’esperienza del paesaggio raccoglie un nuovo nucleo di disegni del ciclo “A fior d’acqua” ed alcuni lavori realizzati dall’artista negli anni precedenti. La mostra si pone come proseguo ideale dell’ampia monografica a cura di Hegyi attualmente in corso al Musée de Saint-Etienne
Comunicato stampa
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Da oltre vent'anni, rinunciando al colore, Serse persegue con coerenza una ricerca fondata sulla pratica paziente ed originaria del disegno a grafite. “La grafite è il mezzo che mi permette di sottolineare il gesto tautologico del disegnare e fabbricare un’opera che non mente sulla propria natura di puro disegno, in questa visione va inscritta la stuttura fisica dell’opera: assenza di spessore, di cornice, di vetro protettivo. E` il solo disegno che si mostra; è la finestra aperta sul mondo” afferma l’artista.
Come sottolinea Costantino D’Orazio in un recente testo critico, Serse parte dalla realtà e attraverso il disegno costruisce un pensiero sulla natura dello sguardo e della rappresentazione. Crea forme che non restano confinate nel perimetro di un foglio, ma evocano una dimensione molto più ampia, una vera e propria filosofia: “Grazie al gesto costante di Serse il foglio diventa quasi trasparente e si rende disponibile alla luce, che lo attraversa con affabile eleganza. Se la carta fotografica assorbe la luce e ingabbia la realtà su una superficie opaca, le opere di Serse raggiungono l’effetto contrario. La materia del foglio, dopo il suo intervento, perde consistenza e diventa liquida nel caso dell’acqua, soffice nel caso delle nuvole o puro fiato”.
Dalla grafite di Serse è scaturita una delle più intense riletture del tema del paesaggio nell’arte contemporanea: mari, cieli di nubi, montagne altissime, boschi innevati, spazi naturali privati di ogni presenza umana, trasfigurati da luce ed ombra. Quasi fosse possibile sondare, attraverso la concreta materialità della grafite, l’anima minerale della terra, le cui trasformazioni avvengono su una scala temporale che non è quella antropologica. I suoi paesaggi sono visioni sospese nel tempo e prive di suono. Serse racconta la natura in ogni suo aspetto; il disegno è analitico, dettagliato, tirato al limite più estremo della rappresentabilità, tanto da giungere all’estremo opposto diventando così impercorribile e paradossalmente irreale. Serse in questo modo giunge al superamento del dato oggettivo; il soggetto, spogliato di ogni dinamicità, estraniato dal contesto, viene proiettato in una dimensione ‘altra’.
Le immagini che l’artista ci regala in questa mostra sono esperienze dello sguardo, sono rappresentazione dell’idea del Sublime. A proposito del sublime Lóránd Hegyi scrive: “…il confronto con il – possibile – sublime acquista anche un significato critico, scettico che in parte relativizza la potenza e la competenza del sublime. La questione della possibilità di conoscere il sublime, ovvero della possibilità del sublime in assoluto diviene allo stesso tempo l’interrogativo circa la competenza del disegno, il confronto critico con la credibilità delle realtà visive dell’immagine. L’esatta formulazione di tale duplice interrogativo determina il lavoro artistico di Serse che non tollera deviazioni letterarie arbitrarie o aneddotiche bensì trasmette con insolito rigore la problematica basilare della percezione delle realtà dell’immagine”.
I paesaggi di Serse sono paesaggi dell’anima, disegnati idealmente ad occhi chiusi. L’artista attinge dal sublime della natura, quale presa di posizione contro l’odierno avvicendarsi incontrollato d’immagini, rimanendo un pittore di antica contemporaneità. “Il ‘punto di vista’ che vado a cercare, afferma Serse, si trova nell’esercizio d’immersione nelle profondità di noi stessi; un punto di vista che ti fa venire a contatto con una nuova realtà assolutamente “qualitativa, mobile, indivisa” (Bergson), che sfugge alla quantificazione del numero e della misura. E` la ‘realtà’ espressa dalla sublimità della natura, dalla smisuratezza che la distingue e ci attraversa, lasciando in noi i segni indelebili della sua grandezza. E` il gigantesco che non compete all’occhio aperto, ma all’occhio chiuso. Ho trovato la vertigine annullando la prospettiva con il gesto metaforico dello “Strapparsi le palpebre”, oppure nel “Rovesciare i propri occhi” (G. Penone, 1970), così da abbracciare la visione del mondo al massimo della sua estensione”.
Serse nasce nel 1952 a San Polo di Piave. Vive e lavora a Trieste. L’artista ha prodotto negli anni una serie straordinaria di immagini che gli hanno valso l’inserimento nel volume “Drawing” edito dalla Phaidon Press, nonché la partecipazione a rassegne nazionali e internazionali di grande rilievo tra le quali ricordiamo: Centre Pompidou, Musée National d´Art Moderne, Parigi, Francia (2013); Museo d'Arte Moderna e Contemporanea, Rimini (2012); Musée des beaux-arts et d’archèologie de Besancon, Francia (2010); Palazzo Reale, Milano (2007); De Garage Cultuurcentrum, Mechelen, Belgio (2006); III Biennale di Valencia, Spagna (2005); Villa Manin–Centro d’Arte Contemporanea, Codroipo (2004); S.M.A.K., Gent, Belgio (2004); Het Domein, Sittard, Olanda (2003); Museo Rufino Tamayo, Città del Messico, Messico (2002); Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato (2002); Centro Difusor de Arte, Lisbona, Portogallo (2000); Kunstverein Augsburg, Germania (2000); Musée de Beaux Arts, Gent, Belgio (1999); Gian Ferrari Arte Contemporanea, Milano (1998); Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia (1997): Museo Revoltella, Trieste (1995). Visibile ancora fino a maggio presso il Musée d’art moderne et contemporaine de Saint-Etienne Métropole “Paysage analogue”. L’esposizione raccoglie una settantina di opere realizzate tra il 1994 e il 2014, di cui il ciclo sull’acqua viene presentato in parte per la prima volta, mentre il resto proviene prevalentemente dalle collezioni di diversi musei e privati sparsi nel mondo. La mostra è accompagnata da un catalogo con testi di Lóránd Hegyi e Costantino D’Orazio.
Come sottolinea Costantino D’Orazio in un recente testo critico, Serse parte dalla realtà e attraverso il disegno costruisce un pensiero sulla natura dello sguardo e della rappresentazione. Crea forme che non restano confinate nel perimetro di un foglio, ma evocano una dimensione molto più ampia, una vera e propria filosofia: “Grazie al gesto costante di Serse il foglio diventa quasi trasparente e si rende disponibile alla luce, che lo attraversa con affabile eleganza. Se la carta fotografica assorbe la luce e ingabbia la realtà su una superficie opaca, le opere di Serse raggiungono l’effetto contrario. La materia del foglio, dopo il suo intervento, perde consistenza e diventa liquida nel caso dell’acqua, soffice nel caso delle nuvole o puro fiato”.
Dalla grafite di Serse è scaturita una delle più intense riletture del tema del paesaggio nell’arte contemporanea: mari, cieli di nubi, montagne altissime, boschi innevati, spazi naturali privati di ogni presenza umana, trasfigurati da luce ed ombra. Quasi fosse possibile sondare, attraverso la concreta materialità della grafite, l’anima minerale della terra, le cui trasformazioni avvengono su una scala temporale che non è quella antropologica. I suoi paesaggi sono visioni sospese nel tempo e prive di suono. Serse racconta la natura in ogni suo aspetto; il disegno è analitico, dettagliato, tirato al limite più estremo della rappresentabilità, tanto da giungere all’estremo opposto diventando così impercorribile e paradossalmente irreale. Serse in questo modo giunge al superamento del dato oggettivo; il soggetto, spogliato di ogni dinamicità, estraniato dal contesto, viene proiettato in una dimensione ‘altra’.
Le immagini che l’artista ci regala in questa mostra sono esperienze dello sguardo, sono rappresentazione dell’idea del Sublime. A proposito del sublime Lóránd Hegyi scrive: “…il confronto con il – possibile – sublime acquista anche un significato critico, scettico che in parte relativizza la potenza e la competenza del sublime. La questione della possibilità di conoscere il sublime, ovvero della possibilità del sublime in assoluto diviene allo stesso tempo l’interrogativo circa la competenza del disegno, il confronto critico con la credibilità delle realtà visive dell’immagine. L’esatta formulazione di tale duplice interrogativo determina il lavoro artistico di Serse che non tollera deviazioni letterarie arbitrarie o aneddotiche bensì trasmette con insolito rigore la problematica basilare della percezione delle realtà dell’immagine”.
I paesaggi di Serse sono paesaggi dell’anima, disegnati idealmente ad occhi chiusi. L’artista attinge dal sublime della natura, quale presa di posizione contro l’odierno avvicendarsi incontrollato d’immagini, rimanendo un pittore di antica contemporaneità. “Il ‘punto di vista’ che vado a cercare, afferma Serse, si trova nell’esercizio d’immersione nelle profondità di noi stessi; un punto di vista che ti fa venire a contatto con una nuova realtà assolutamente “qualitativa, mobile, indivisa” (Bergson), che sfugge alla quantificazione del numero e della misura. E` la ‘realtà’ espressa dalla sublimità della natura, dalla smisuratezza che la distingue e ci attraversa, lasciando in noi i segni indelebili della sua grandezza. E` il gigantesco che non compete all’occhio aperto, ma all’occhio chiuso. Ho trovato la vertigine annullando la prospettiva con il gesto metaforico dello “Strapparsi le palpebre”, oppure nel “Rovesciare i propri occhi” (G. Penone, 1970), così da abbracciare la visione del mondo al massimo della sua estensione”.
Serse nasce nel 1952 a San Polo di Piave. Vive e lavora a Trieste. L’artista ha prodotto negli anni una serie straordinaria di immagini che gli hanno valso l’inserimento nel volume “Drawing” edito dalla Phaidon Press, nonché la partecipazione a rassegne nazionali e internazionali di grande rilievo tra le quali ricordiamo: Centre Pompidou, Musée National d´Art Moderne, Parigi, Francia (2013); Museo d'Arte Moderna e Contemporanea, Rimini (2012); Musée des beaux-arts et d’archèologie de Besancon, Francia (2010); Palazzo Reale, Milano (2007); De Garage Cultuurcentrum, Mechelen, Belgio (2006); III Biennale di Valencia, Spagna (2005); Villa Manin–Centro d’Arte Contemporanea, Codroipo (2004); S.M.A.K., Gent, Belgio (2004); Het Domein, Sittard, Olanda (2003); Museo Rufino Tamayo, Città del Messico, Messico (2002); Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato (2002); Centro Difusor de Arte, Lisbona, Portogallo (2000); Kunstverein Augsburg, Germania (2000); Musée de Beaux Arts, Gent, Belgio (1999); Gian Ferrari Arte Contemporanea, Milano (1998); Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia (1997): Museo Revoltella, Trieste (1995). Visibile ancora fino a maggio presso il Musée d’art moderne et contemporaine de Saint-Etienne Métropole “Paysage analogue”. L’esposizione raccoglie una settantina di opere realizzate tra il 1994 e il 2014, di cui il ciclo sull’acqua viene presentato in parte per la prima volta, mentre il resto proviene prevalentemente dalle collezioni di diversi musei e privati sparsi nel mondo. La mostra è accompagnata da un catalogo con testi di Lóránd Hegyi e Costantino D’Orazio.
02
maggio 2015
Serse – L’esperienza del paesaggio
Dal 02 maggio al 05 settembre 2015
arte contemporanea
Location
GALLERIA CONTINUA
San Gimignano, Via Del Castello, 11, (Siena)
San Gimignano, Via Del Castello, 11, (Siena)
Orario di apertura
da lunedì a sabato, 10-13 / 14-19
Vernissage
2 Maggio 2015, 18-24
Autore