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Silvia Buosi – Piume d’acqua, pinne d’aria
L’artista indaga aspetti profondi, spesso contrastanti dell’esistenza attraverso le sue tele dai colori ardenti che ritraggono universi acquatici e uccelli che solcano cieli. Il tema della morte appare in stretta relazione con la dimensione della metamorfosi che inaugura ciò che è ad un nuovo esistere
Comunicato stampa
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Osservando queste opere intuiamo subito che siamo di fronte ad un discorso artistico moto intimo ed interiore, non solo perché nascono dall’esperienza di vita dell’artista, ma anche perché ci interrogano, diventano possibilità per noi.
L’insistenza del possibile, inteso come coinvolgimento forte dello spettatore, deriva dalla scelta di Silvia di muoversi all’interno del complesso mondo della comunicazione simbolica, forma fra le più incisive e potenti per l’uomo. Così la plurisignificazione dell’oggetto-simbolo si apre ad un discorso sull’altro, che afferisce a quella parte di noi e della nostra vita che difficilmente si affronta o indaga. Per questo grazie ai suoi lavori è possibile accedere a quel tipo di conoscenza che al “graduale procedere del sillogismo”1, modalità dell’ approccio razionale, sostituisce “l’immediata visione”2 e “l’elaborazione simultanea”3 propria della dimensione intuitiva, dell’ apriori che si svela.
Il procedere discorsivo lascia il posto ad un mettere-insieme4 mondi concettualmente lontani, realtà della nostra vita, l’oggetto che viene a connettersi con l’altro da sé in un procedere narrativo fatto di elementi non indispensabili, a differenza di quelli che compongono il pensiero logico, ma proprio per questo matrice di luoghi possibili.
Gli esseri che popolano le superfici colorate di queste tele, le suggestioni evocate, ricordano i simboli onirici di Freud che “rivelano una sfera altrimenti inaccessibile”5; come in un sogno possiamo rintracciare mille significati e altrettante spiegazioni, ma nessuna di esse può racchiudere il moltiplicarsi di senso che fiorisce da queste immagini emblematiche : “in ogni simbolo la molteplicità tocca l’infinito”6
La dimensione inconscia erompe nel lavoro di Silvia e proprio questa natura profonda del suo dipingere crea un indissolubile legame fra ciò che rappresenta e la girandola variegata, soffusa dei suoi rimandi: “Una finestra è una finestra in quanto attraverso essa si diffonde il dominio della luce, e allora la stessa finestra, che ci dà la luce, è luce, non è somigliante alla luce, …, ma è la luce stessa nella sua identità ontologica…”7
Tutto è costruito partendo dalla giustapposizione di due elementi opposti: la leggerezza che caratterizza le aspirazioni, i sogni e l’opposta pesantezza del vissuto quotidiano, le necessità che questo ci pone.
L’intensa dialettica fra queste due parti, sempre presente nelle opere esposte, dà vita ad un interessante conflitto.
I colori decisi e ricchi, scelti da Silvia, trasmettono la consistenza emotiva di questo dibattere fra opposti: sono tonalità forti, invadenti, la loro sonorità intensa cattura, prima di ogni altro elemento, l’attenzione dello spettatore.
Anche i segni incisivi e sicuri che delineano le figure rappresentate nei quadri (che mai raggiungono l’astrazione completa) sono frutto di un lavorio interiore: gesti venuti alla luce da un profondo, da una chiarezza interiore e che si materializzano con naturalezza sulla tela, come nel procedere artistico dell’ Estremo Oriente8.
Il sasso, che compare in molte di queste tele ed in particolare nell’incisione Finestra, rappresenta tutto ciò che è peso, che non sentiamo per noi e che si manifesta nelle più svariate e personali contingenze. Questo elemento che frena le aspirazioni e i desideri, viene quasi sempre rappresentato con tonalità scure, denso: per esempio nella tele Per strada prende le sembianze di uccellino morto, si tratta di una creatura nata per la libertà dei cieli che l’artista un giorno incrocia, per caso, duro, freddo, inchiodato al suolo come il sasso dell’incisione citata.
Il tema della morte, com’è naturale, diventa icastico dell’esperienza del limite: compare nelle prime tele come ombra, appena accennata, di una figura umana esangue, un corpo disteso e senza vita, che viene associato all’ uccellino. Si crea una identificazione fra ciò che pesa, che fa morire interiormente e la morte fisica stessa.
La trasformazione fisica assume, quindi, caratteri esistenziali: nelle due grandi tele di Crisalidi di ferro: la morte alla dimensione di larva, nell’acciaio ricco di lucidi riflessi dei bozzoli (ispirati all’artista dall’aver assistito alla creazione di grandi serbatoi metallici), porta la farfalla ad acquisire le sue suggestive sembianze di essere alato dopo aver attraversato il dolore della perdita e della migrazione verso una dimensione nuova e pertanto sconosciuta.
Negli uccelli degli ultimi quadri, caratterizzati da turchesi accesi e bianchi luminosi, si dischiude il desiderio di Silvia di darsi totalmente all’arte, ma non solo, anche quell’ aspirazione umana di svincolarsi dall’opacità dell’esistere ritrovando il proprio ritmo di verità esistenziale nel tempo dell’arte.
La sintesi degli opposti dà origine ad un nuovo logos: “… L’agile salto del poeta – filosofo che si solleva sulla pesantezza del mondo, dimostrando che la sua gravità contiene il segreto della leggerezza…”9. Proprio attraverso la dimensione pesante dell’essere si giunge alla leggerezza del volo. Così il sasso, dimensione obbligata dell’esistenza umana, viene tramutata in qualcosa di altro: “… la privazione sofferta si trasforma in leggerezza e permette di volare nel regno in cui ogni mancanza sarà magicamente risarcita.”10
E non a caso il termine che rappresenta la luce, la leggerezza, il nuovo, all’interno di questa dialettica degli opposti, prende le forme di esseri alati: “… il regno degli uccelli è il cielo, simbolo della trascendenza; … il simbolismo di ogni sua parte, dall’ala alla piuma, rinvia ad una dimensione trascendente, come, d’altra parte, il suo linguaggio o canto”11.
L’ uccello, creatura alata che per antonomasia, esprime questa libertà e manifesta lo slancio del sogno nel suo realizzarsi toccando il cielo; esso viene ripreso nella sua potente natura simbolica e diventa segno universale nel quale immedesimarsi.
Questo desiderio rivolto alla luce, alla verità dell’uomo, viene sottolineato anche dai tocchi rosso rubino (colore particolarmente importante nella poetica della pittrice) presenti in quasi tutte le opere: sono pennellate impulsive, violente, che comunica la forza di quel qualcosa che nasce dal fuoriuscire irruento delle passioni; è, inoltre, il colore del venire alla luce, del rompere, seppur nel dolore, ciò che c’ era prima (il sasso), per la verità dell’ora. Il colore traduce stati d’animo esistenziali e prende, nelle prime opere, la forma di un palloncino per poi trasformarsi, nell’ultima serie degli uccelli, in ali arruffate.
Può anche succedere che la metamorfosi interiore, di cui parliamo, si esprima nel levarsi lieve di un aquilone in cielo, come nell’opera Tra cielo e terra: un accordo di azzurri soffusi delineano l’orizzonte del volo, interrotta solo da un segno rosso che disegna il ponte – trampolino sull’estrema destra della tela. Non è difficile riconoscere anche in questo intervento coloristico, che spezza l’intonazione cromatica generale del quadro, le medesime suggestioni già spiegate.
Infine il continuo affrontarsi e coesistere, dal punto di vista stilistico, di figurazione ed astrazione nell’agire pittorico dell’artista, amplifica quel dialogo fra visibile ed invisibile, ragione ed emozione, aspirazione e necessità che sono parte dell’essenza stessa dell’uomo e che infondono grande forza a queste opere.
E’ un conflitto delle parti che crea tensione, come in Inaspettato.. stupore o in Mutazioni, ma che trova anche attimi di lirica espressione nel cogliere il kairos, il momento di grazia, del compiersi, come in Piume d’acqua penne d’aria, opera nella quale lo stesso titolo chiasmico sottolinea tutta la potenza dell’attimo colto.
Quella di Silvia Buosi è una pittura che provoca, coinvolge, una pittura da affrontare con la parte più intuitiva e pre-logica di noi: solo così sarà possibile penetrare in quel mondo di passaggio dall’antico al nuovo, dal peso all’aria che ci appartiene e far affiorare la verità di noi come nell’opera che chiude quest’esposizione dove il volto dell’artista si materializza, soffuso ed onirico, dalla luce.
L’insistenza del possibile, inteso come coinvolgimento forte dello spettatore, deriva dalla scelta di Silvia di muoversi all’interno del complesso mondo della comunicazione simbolica, forma fra le più incisive e potenti per l’uomo. Così la plurisignificazione dell’oggetto-simbolo si apre ad un discorso sull’altro, che afferisce a quella parte di noi e della nostra vita che difficilmente si affronta o indaga. Per questo grazie ai suoi lavori è possibile accedere a quel tipo di conoscenza che al “graduale procedere del sillogismo”1, modalità dell’ approccio razionale, sostituisce “l’immediata visione”2 e “l’elaborazione simultanea”3 propria della dimensione intuitiva, dell’ apriori che si svela.
Il procedere discorsivo lascia il posto ad un mettere-insieme4 mondi concettualmente lontani, realtà della nostra vita, l’oggetto che viene a connettersi con l’altro da sé in un procedere narrativo fatto di elementi non indispensabili, a differenza di quelli che compongono il pensiero logico, ma proprio per questo matrice di luoghi possibili.
Gli esseri che popolano le superfici colorate di queste tele, le suggestioni evocate, ricordano i simboli onirici di Freud che “rivelano una sfera altrimenti inaccessibile”5; come in un sogno possiamo rintracciare mille significati e altrettante spiegazioni, ma nessuna di esse può racchiudere il moltiplicarsi di senso che fiorisce da queste immagini emblematiche : “in ogni simbolo la molteplicità tocca l’infinito”6
La dimensione inconscia erompe nel lavoro di Silvia e proprio questa natura profonda del suo dipingere crea un indissolubile legame fra ciò che rappresenta e la girandola variegata, soffusa dei suoi rimandi: “Una finestra è una finestra in quanto attraverso essa si diffonde il dominio della luce, e allora la stessa finestra, che ci dà la luce, è luce, non è somigliante alla luce, …, ma è la luce stessa nella sua identità ontologica…”7
Tutto è costruito partendo dalla giustapposizione di due elementi opposti: la leggerezza che caratterizza le aspirazioni, i sogni e l’opposta pesantezza del vissuto quotidiano, le necessità che questo ci pone.
L’intensa dialettica fra queste due parti, sempre presente nelle opere esposte, dà vita ad un interessante conflitto.
I colori decisi e ricchi, scelti da Silvia, trasmettono la consistenza emotiva di questo dibattere fra opposti: sono tonalità forti, invadenti, la loro sonorità intensa cattura, prima di ogni altro elemento, l’attenzione dello spettatore.
Anche i segni incisivi e sicuri che delineano le figure rappresentate nei quadri (che mai raggiungono l’astrazione completa) sono frutto di un lavorio interiore: gesti venuti alla luce da un profondo, da una chiarezza interiore e che si materializzano con naturalezza sulla tela, come nel procedere artistico dell’ Estremo Oriente8.
Il sasso, che compare in molte di queste tele ed in particolare nell’incisione Finestra, rappresenta tutto ciò che è peso, che non sentiamo per noi e che si manifesta nelle più svariate e personali contingenze. Questo elemento che frena le aspirazioni e i desideri, viene quasi sempre rappresentato con tonalità scure, denso: per esempio nella tele Per strada prende le sembianze di uccellino morto, si tratta di una creatura nata per la libertà dei cieli che l’artista un giorno incrocia, per caso, duro, freddo, inchiodato al suolo come il sasso dell’incisione citata.
Il tema della morte, com’è naturale, diventa icastico dell’esperienza del limite: compare nelle prime tele come ombra, appena accennata, di una figura umana esangue, un corpo disteso e senza vita, che viene associato all’ uccellino. Si crea una identificazione fra ciò che pesa, che fa morire interiormente e la morte fisica stessa.
La trasformazione fisica assume, quindi, caratteri esistenziali: nelle due grandi tele di Crisalidi di ferro: la morte alla dimensione di larva, nell’acciaio ricco di lucidi riflessi dei bozzoli (ispirati all’artista dall’aver assistito alla creazione di grandi serbatoi metallici), porta la farfalla ad acquisire le sue suggestive sembianze di essere alato dopo aver attraversato il dolore della perdita e della migrazione verso una dimensione nuova e pertanto sconosciuta.
Negli uccelli degli ultimi quadri, caratterizzati da turchesi accesi e bianchi luminosi, si dischiude il desiderio di Silvia di darsi totalmente all’arte, ma non solo, anche quell’ aspirazione umana di svincolarsi dall’opacità dell’esistere ritrovando il proprio ritmo di verità esistenziale nel tempo dell’arte.
La sintesi degli opposti dà origine ad un nuovo logos: “… L’agile salto del poeta – filosofo che si solleva sulla pesantezza del mondo, dimostrando che la sua gravità contiene il segreto della leggerezza…”9. Proprio attraverso la dimensione pesante dell’essere si giunge alla leggerezza del volo. Così il sasso, dimensione obbligata dell’esistenza umana, viene tramutata in qualcosa di altro: “… la privazione sofferta si trasforma in leggerezza e permette di volare nel regno in cui ogni mancanza sarà magicamente risarcita.”10
E non a caso il termine che rappresenta la luce, la leggerezza, il nuovo, all’interno di questa dialettica degli opposti, prende le forme di esseri alati: “… il regno degli uccelli è il cielo, simbolo della trascendenza; … il simbolismo di ogni sua parte, dall’ala alla piuma, rinvia ad una dimensione trascendente, come, d’altra parte, il suo linguaggio o canto”11.
L’ uccello, creatura alata che per antonomasia, esprime questa libertà e manifesta lo slancio del sogno nel suo realizzarsi toccando il cielo; esso viene ripreso nella sua potente natura simbolica e diventa segno universale nel quale immedesimarsi.
Questo desiderio rivolto alla luce, alla verità dell’uomo, viene sottolineato anche dai tocchi rosso rubino (colore particolarmente importante nella poetica della pittrice) presenti in quasi tutte le opere: sono pennellate impulsive, violente, che comunica la forza di quel qualcosa che nasce dal fuoriuscire irruento delle passioni; è, inoltre, il colore del venire alla luce, del rompere, seppur nel dolore, ciò che c’ era prima (il sasso), per la verità dell’ora. Il colore traduce stati d’animo esistenziali e prende, nelle prime opere, la forma di un palloncino per poi trasformarsi, nell’ultima serie degli uccelli, in ali arruffate.
Può anche succedere che la metamorfosi interiore, di cui parliamo, si esprima nel levarsi lieve di un aquilone in cielo, come nell’opera Tra cielo e terra: un accordo di azzurri soffusi delineano l’orizzonte del volo, interrotta solo da un segno rosso che disegna il ponte – trampolino sull’estrema destra della tela. Non è difficile riconoscere anche in questo intervento coloristico, che spezza l’intonazione cromatica generale del quadro, le medesime suggestioni già spiegate.
Infine il continuo affrontarsi e coesistere, dal punto di vista stilistico, di figurazione ed astrazione nell’agire pittorico dell’artista, amplifica quel dialogo fra visibile ed invisibile, ragione ed emozione, aspirazione e necessità che sono parte dell’essenza stessa dell’uomo e che infondono grande forza a queste opere.
E’ un conflitto delle parti che crea tensione, come in Inaspettato.. stupore o in Mutazioni, ma che trova anche attimi di lirica espressione nel cogliere il kairos, il momento di grazia, del compiersi, come in Piume d’acqua penne d’aria, opera nella quale lo stesso titolo chiasmico sottolinea tutta la potenza dell’attimo colto.
Quella di Silvia Buosi è una pittura che provoca, coinvolge, una pittura da affrontare con la parte più intuitiva e pre-logica di noi: solo così sarà possibile penetrare in quel mondo di passaggio dall’antico al nuovo, dal peso all’aria che ci appartiene e far affiorare la verità di noi come nell’opera che chiude quest’esposizione dove il volto dell’artista si materializza, soffuso ed onirico, dalla luce.
20
giugno 2009
Silvia Buosi – Piume d’acqua, pinne d’aria
Dal 20 giugno al 23 agosto 2009
arte contemporanea
Location
CENTRO PIOVESE DI ARTE E CULTURA
Piove Di Sacco, Via Giuseppe Garibaldi, 42, (Padova)
Piove Di Sacco, Via Giuseppe Garibaldi, 42, (Padova)
Orario di apertura
Dal martedì alla domenica 16–19
Vernissage
20 Giugno 2009, ore 18.30
Autore
Curatore