La mostra "writ in Water. Ode to Mutability" presenta un ciclo di opere su carta e fotografie digitali di Silvia Stucky, in un dialogo con i documenti, le immagini, gli oggetti della collezione permanente della Keats-Shelley House.
Silvia Stucky è nata a Roma, dove vive e lavora. Espone in Italia e all¹estero dal 1984. Ha esposto in gallerie e musei e partecipato a festival e rassegne video, in Italia, Iran, Egitto, Francia, Indonesia, Marocco, Olanda, Thailandia, Turchia.

Il titolo che Silvia Stucky ha dato alla mostra riunisce il passo più essenziale dell¹epigrafe tombale di John Keats (dettata dal poeta stesso) e il titolo di un poema di Percy Bysshe Shelley.
Della mutevolezza parlano i dipinti, che presentano immagini di acqua e sono realizzati con colori ad acqua su carta di riso (fatta a sua volta d¹acqua e di fibre d¹una pianta acquatica).
Della transitorietà ­di ciò che è scritto sull¹acqua e con l¹acqua­ dicono le immagini digitali, prese dall¹artista nell¹arco di diversi mesi, in un lento percorso attraverso il Cimitero Acattolico di Roma (in cui sono sepolti Keats e Shelley).

La mostra è accompagnata da un catalogo con una prefazione di Edith Schloss, prima artista ad esporre nella Keats-Shelley House nell¹inverno 2006, e due letture del lavoro di Silvia Stucky: la prima ­italiana­ della storica dell¹arte Gabriella De Marco; la seconda ­inglese­ dello studioso di letteratura ed estetica Peter Nesteruk.
Scrive Gabriella De Marco: «Dalle opere realizzate in forma di fotografia affiorano parole e memoria: dall¹iscrizione 'writ in Water' agli arabeschi spontaneamente suggeriti dal naturale disporsi delle piante e dei fiori, ai motivi grafici posti su alcune lapidi che dialogano, in una circolarità mai esibita, con le gouaches realizzate per le vetrine del Museo e liberamente ispirate alle ceramiche, alle stoffe, ai motivi geometrici dell¹arte antica del medio e dell¹estremo oriente. In entrambi i casi, sia nelle opere su carta sia nelle fotografie scattate con macchina digitale, l¹artista ha lavorato, sempre, sul dettaglio, sul particolare apparentemente irrilevante, sulla possibilità di estrapolare aspetti nascosti, motivi apparentemente secondari. Ha riflettuto, infine, su quegli stati d¹animo che ci consentono di accostarci alla profondità della vita (e della morte) attraverso lo spettacolo che ci si prospetta di fronte agli occhi, per comune che questo possa essere.»
Nota Peter Nesteruk: «Parte della morte del sé al cospetto dell¹acqua, al cospetto degli acquerelli, che già annega nel colore che invita, nuovamente nato, il nostro passato perduto là mentre il nostro futuro emerge. Nato dal rito dell¹acqua. Œwrit in Water¹. Ma l¹elemento di riflessione non di meno rimane. Connaturato alle vetrine in cui le opere sono esposte. Presente nel vetro attraverso cui dobbiamo guardare. Parte ora del loro significato, il fantasma delle precedenti opere dell¹artista. La riflessione che cammina sulla scintillante superficie di tutte le acque. Accecante e rivelatrice. È il dono dell¹artista di offrirci opere che allo stesso tempo racchiudono questioni complesse e insieme suscitano piacere per la loro semplicità di concezione. Le opere di Silvia pongono questioni sulla relazione fra riflessione e realtà; della rappresentazione con la realtà; della permanenza con l¹impermanenza, dell¹una come mezzo per rivelare l¹altra; dell¹una in quanto rivelata nell¹altra; dell¹una come la rivelazione dell¹altra.
Riflessione. La duplicazione, riproduzione della realtà, e il conseguente indugiarvi. Una mimesi riflessa e su cui si riflette. Un pensare con l¹acqua, pensare con la luce.»