Dall’ultima mostra a Milano alla Galleria l’Affiche, aprile 2008 (la prima, sempre all’Affiche, era del 1992, ormai vent’anni), il lavoro di Spider è molto cambiato.
Da un lato i grandi legni incisi, spesso neri, si sono complicati, sono diventati astratti grovigli di segni sovrastati da scritte bianche, nere, colorate, su più livelli quasi insegne in arcaiche grafie.
Dall’altro si sono popolati di personaggi (usciti da libri illustrati che a firma Spider si sono visti in questi anni nelle vetrine delle librerie) che, quasi protagonisti di fiabe popolari, diventano misteriosi e incomprensibili attori di un immaginario tutto spideriano. Vagano nei quadri, come se i quadri già esistessero e loro ci fanno due passi dentro: si sono persi? Si portano dietro le parole? O forse sono usciti dai quadri per congelarsi nei libri?
Ancora una volta, “un gran casino sotto calibrato controllo iconografico, un diario intimo redatto su formati pittorici e supporti di voluta presenza materica. Ecco il viaggio di un artista nella normale confusione del quotidiano”, come già nel 2004 scriveva Gianluca Marziani per la presentazione di una mostra a Roma.
La mostra si compone per lo più di grandi tavole a tecnica mista, come sempre incise, dipinte con colori e bitume, con sovrapposizione di tavole più piccole e inserti vari; in vetrina, bozzetti e disegni preparatori su carta di piccole dimensioni.