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Steve McCurry – Sud-Est
Ideata e curata da Tanja Solci, la mostra propone un’eccezionale raccolta di 240 scatti che accompagnano il visitatore in un racconto, che si snoda in un percorso dove volti, colori, paesaggi e luci, pervasi da una magica atmosfera, segnano l’identità di paesi come l’Afghanistan, l’India, il Tibet, la Birmania, colti dall’obiettivo di uno dei maestri del fotogiornalismo, premiato diverse volte con il World Press Photo Awards, il premio Nobel della fotografia.
Comunicato stampa
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Steve McCurry (Philadelphia, 1950), uno dei grandi maestri della fotografia del nostro secolo, giunge alla Galleria Nazionale di Perugia per iniziativa della Soprintendenza per i Beni Storici e Artistici dell’Umbria, dopo lo straordinario successo di pubblico (oltre 120.000 visitatori) e di critica ottenuto a Milano con una mostra unica nel suo genere, dedicata ai 30 anni della sua carriera, mirabilmente allestita a Palazzo della Ragione.
Ideata e curata da Tanja Solci, la mostra propone un’eccezionale raccolta di 240 scatti che accompagnano il visitatore in un racconto, che si snoda in un percorso dove volti, colori, paesaggi e luci, pervasi da una magica atmosfera, segnano l’identità di paesi come l’Afghanistan, l’India, il Tibet, la Birmania, colti dall’obiettivo di uno dei maestri del fotogiornalismo, premiato diverse volte con il World Press Photo Awards, il premio Nobel della fotografia.
La mostra è la narrazione del viaggio silenzioso che Steve McCurry ha più volte intrapreso nel Sud e nell’Est del mondo dove si è trasformato in osservatore per renderci testimoni di luoghi che sembrano non incrociare il nostro sguardo. “La sequenza di immagini presentata nella mostra SUD-EST – afferma Steve McCurry - evoca l’ampio mosaico dell’esperienza umana e i miei incontri casuali con sagome e ombre, acqua e luce. Ho voluto trasmettere al visitatore il senso viscerale della bellezza e della meraviglia che ho trovato di fronte a me, durante i miei viaggi, quando la sorpresa dell’essere estraneo si mescola alla gioia della familiarità”.
“Ho voluto mettere in scena l’anima di un grande artista - dichiara Tanja Solci - che nel suo percorso creativo e professionale ha avuto la straordinaria capacità di entrare ed uscire dalla tragedia della guerra, uno scatto diventa simbolo di un momento storico, un ritratto acquista la forza di un’icona sacra. E se per un istante fossero i protagonisti di queste immagini a guardare noi?”
Le 240 fotografie rompono il tradizionale rapporto frontale con il visitatore. Il suggestivo allestimento di Peter Bottazzi propone anche nella Galleria Nazionale dell’Umbria una apposita istallazione costituita da alberi metaforici che distendono i loro rami nella grande Sala Podiani. Ragazze afgane, monaci, bambini tibetani si animano in una fitta foresta dove tutto è sospeso. Si potrà camminare e immergersi nel mondo del fotografo americano fino a quasi a sentire i rumori e gli odori del luoghi rappresentati. Si diventa scorci di realtà, mescolandosi alla bellezza del racconto fotografico e del mondo incontrato da McCurry.
La mostra è promossa dalla Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici e Etnoantropologici dell’Umbria e dal Comune di Perugia, è organizzata e prodotta da Civita, con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, di Lavazza, e con la collaborazione di Radio Subasio. L’esposizione si avvale della preziosa partecipazione di Arnoldo Mosca Mondadori, per l’elaborazione delle tematiche, di Stefano Senardi, di Roberto Da Pozzo per la progettazione grafica e di Biba Giacchetti che con la sua agenzia SudEst57 segue le relazioni del fotografo in Italia.
"Sono davvero felice che la mostra SUD - EST ideata da Tanja Solci prodotta da Civita e realizzata con la collaborazione di Sudest57, la società che segue tutto il mio lavoro in Italia, giunga a Perugia come seconda tappa dopo il grande successo ottenuto a Milano.
Perugia è una città di grande importanza artistica e la sua fama internazionale è quella di una città bellissima e viva, incastonata in una delle regioni più belle d'Italia.
Il mio lavoro mi ha portato molto in Italia recentemente, e la prospettiva di passare qualche tempo in questa città per me nuova mi attrae moltissimo. Come viaggiatore. E come fotografo. Ed infine come grande appassionato di musica." Steve McCurry.
Il percorso espositivo della mostra si articola in sei sezioni.
L’Altro. Lo spettatore entra e incontra immediatamente la bellezza, l’eleganza, la dignità dei ritratti di McCurry. Viene proiettato subito nella relazione con ”l’altro”, con la persona nel senso più assoluto del termine: McCurry ha sempre sottolineato il valore imprescindibile che ha per lui la dignità della persona umana.
Il Silenzio e il Viaggio. Tema portante della sezione è il viaggio attraverso le culture e il silenzio. Le fotografie di McCurry rappresentano persone in preghiera, scenari di silenzio. Lo spettatore segue e vive insieme all’artista non solo i suoi viaggi fisici nei differenti paesi che egli ha percorso ma anche lo stupore di fronte al rapporto dell’essere umano con l’Assoluto.
Guerra. Il dramma dell’umanità contro l’umanità. Non c’è nessuna retorica in questa sezione. La tragedia è colma di “poesia”, il dolore viene trasfigurato dall’armonia delle immagini. Questo albero è il cuore della mostra. Bellezza e tragedia si intrecciano, comunicando il mistero della condizione umana sulla terra.
Gioia. È l’uscita dalla guerra. Le fotografie di McCurry immortalano scenari di allegria, intensità di colori, vita che scorre e fluisce. Anche qui non vi è retorica. La bellezza è bellezza poetica, come se l’interruzione della guerra non avesse potuto incidere sull’essenza della vita nei suoi strati più profondi e nei suoi gesti quotidiani.
Infanzia. La quinta sezione riporta lo spettatore a riflettere su uno dei temi più drammatici della storia dell’umanità: lo sfruttamento dei bambini, che vede nei bambini soldato l’apice della sua rappresentazione.
La sezione indica anche che forse non può esistere autentica gioia senza piena consapevolezza del dolore. Le fotografie di bambini costretti a rinunciare alla propria infanzia sono penetranti: dallo stupore alla paura, dalla solitudine alla necessità di assumere uno sguardo adulto, innaturale.
L’impianto della mostra si conclude con la sezione dal titolo La Bellezza. Qui si incontrano tre immagini, una delle quali è il celebre scatto della bambina afgana dagli occhi verdi, diventata ormai un’icona della fotografia contemporanea. Le altre due sono anch’essi ritratti (una studentessa afgana con i libri in mano e una ragazza pakistana con uno scialle verde), che per il curatore testimoniano altre due icone femminili del nostro tempo attraverso l’opera di McCurry.
Nel percorso saranno presentate tre ulteriori sezioni fotografiche, costruite come ‘cortometraggi’ che compongono tre diverse storie: Acqua, Malattia, Ritratti
Steve McCurry. Note biografiche
Nato a Philadelphia nel 1950, Steve McCurry studia cinema e storia alla Pennsylvania State University. Inizialmente pensava di dedicarsi alla realizzazione di documentari, ma comincia ben presto a collaborare come fotografo con un giornale locale. Dopo tre anni decide di recarsi in India per qualche mese e comporre il suo primo vero portfolio con immagini di questo viaggio. Si ferma invece due anni e, dopo la pubblicazione del suo primo lavoro importante sull’Afghanistan, collabora con alcune delle riviste più prestigiose: Time, Life, Newsweek, Geo e il National Geographic. Inviato su mille fronti di guerra, da Beirut alla Cambogia, dal Kuwait all’ex Jugoslavia, all’Afghanistan, Steve McCurry si è sempre spinto in prima linea rischiando la vita pur di testimoniare gli effetti e le conseguenze dei conflitti in tutto il mondo. Membro dell’agenzia Magnum dal 1985, vincitore molti premi fotogiornalistici (tra cui alcuni World Press Photo Awards) autore del celeberrimo reportage sulla ragazza divenuta icona del conflitto afghano sulle pagine del National Geographic nel mondo, Steve McCurry è uno dei maestri contemporanei del fotogiornalismo. Ogni suo ritratto racchiude un complesso universo di esperienze, storie, emozioni, dolori, paure, speranze. «Ho imparato a essere paziente. Se aspetti abbastanza, le persone dimenticano la macchina fotografica e la loro anima comincia a librarsi verso di te», spiega McCurry. Veterano di National Geographic, sempre in viaggio, più facilmente in qualche parte dell’Asia che non in America, Steve McCurry ha fatto del viaggiare una sua dimensione di vita: «Perché già il solo viaggiare e approfondire la conoscenza di culture diverse, mi procura gioia e mi dà una carica inesauribile».
TANJA SOLCI
Curatore della mostra
Sud Est. In mostra 240 fotografie scattate tra il 1980 e il 2009.
Come raccontare attraverso una mostra una delle più grandi leggende della storia della fotografia?
È la domanda che mi sono subito fatta dopo aver deciso di chiedere a Steve McCurry di fare una mostra con me. Sapevo che non era possibile immaginare una mostra che fosse solo antologica, descrittiva.
Non volevo che lo spettatore si trovasse di fronte al mondo di McCurry senza prenderne parte. Volevo che si potesse entrare nella sua arte senza paura, volevo che la sua leggenda potesse respirare. Immersi, sommersi, circondati dagli sguardi, dai silenzi, dai profumi e dagli odori. Avevo incontrato per caso McCurry alla Rotonda della Besana, a Milano. Mi aveva subito regalato un suo libro. Due settimane dopo ero a New York. Davanti al suo studio, nei Queens, faceva un gran freddo.
Quando mi ha fatto entrare nel suo archivio e mi ha chiesto di provare a scegliere le immagini per una possibile mostra quella mia domanda iniziale doveva trovare una risposta. Ero da sola, in mezzo agli scenari della guerra e ai leggendari ritratti.
Non potevo guardare immagine per immagine: dovevo guardarle tutte, insieme, come se fossero immagini di un mondo unico, come se la loro separazione fosse dovuta solo a motivi spazio-temporali.
Così ho capito che non era possibile fare una mostra che non fosse anche un’installazione. Lo spettatore doveva viaggiare insieme a McCurry, sentire i contrasti improvvisi che ha sentito McCurry nel suo viaggio di artista e nel suo viaggio umano. Pensavo ad esempio a quelle due foto: quella scattata in Tibet, nel silenzio assoluto della meditazione e quella scattata due giorni dopo a New York, casualmente, perché il suo ufficio si trova di fronte alle Torri Gemelle che stavano crollando.
Allora ho avuto di fronte quell’odissea, che non era solo l’odissea degli ultimi anni della storia dell’umanità, ma che era l’odissea di ogni essere vivente. L’archivio di McCurry non era più un archivio ordinato: era diventato un mondo che gridava, era la gioia e il dolore, l’abisso della luce e l’abisso delle tenebre.
Era l’installazione che avevo in mente.
Uscendo dal suo studio una sola domanda: perché mai avesse accettato di fare una mostra così ampia e così inedita per il mondo della fotografia. E lui con un sorriso mi ha risposto “è come chiedere a un essere umano se davvero vuole respirare”. Poi a Milano ho iniziato a costruire il racconto con la sapiente, e spirituale lettura dell’artista insieme a Arnoldo Mosca Mondadori. Il gioco è quasi fatto se accanto hai Peter Bottazzi che da tanti anni trasforma in percorsi esperienziali parole e pensieri.
McCurry ha selezionato con cura ogni singola immagine che vedrete nella mostra Sud-Est.
Ideata e curata da Tanja Solci, la mostra propone un’eccezionale raccolta di 240 scatti che accompagnano il visitatore in un racconto, che si snoda in un percorso dove volti, colori, paesaggi e luci, pervasi da una magica atmosfera, segnano l’identità di paesi come l’Afghanistan, l’India, il Tibet, la Birmania, colti dall’obiettivo di uno dei maestri del fotogiornalismo, premiato diverse volte con il World Press Photo Awards, il premio Nobel della fotografia.
La mostra è la narrazione del viaggio silenzioso che Steve McCurry ha più volte intrapreso nel Sud e nell’Est del mondo dove si è trasformato in osservatore per renderci testimoni di luoghi che sembrano non incrociare il nostro sguardo. “La sequenza di immagini presentata nella mostra SUD-EST – afferma Steve McCurry - evoca l’ampio mosaico dell’esperienza umana e i miei incontri casuali con sagome e ombre, acqua e luce. Ho voluto trasmettere al visitatore il senso viscerale della bellezza e della meraviglia che ho trovato di fronte a me, durante i miei viaggi, quando la sorpresa dell’essere estraneo si mescola alla gioia della familiarità”.
“Ho voluto mettere in scena l’anima di un grande artista - dichiara Tanja Solci - che nel suo percorso creativo e professionale ha avuto la straordinaria capacità di entrare ed uscire dalla tragedia della guerra, uno scatto diventa simbolo di un momento storico, un ritratto acquista la forza di un’icona sacra. E se per un istante fossero i protagonisti di queste immagini a guardare noi?”
Le 240 fotografie rompono il tradizionale rapporto frontale con il visitatore. Il suggestivo allestimento di Peter Bottazzi propone anche nella Galleria Nazionale dell’Umbria una apposita istallazione costituita da alberi metaforici che distendono i loro rami nella grande Sala Podiani. Ragazze afgane, monaci, bambini tibetani si animano in una fitta foresta dove tutto è sospeso. Si potrà camminare e immergersi nel mondo del fotografo americano fino a quasi a sentire i rumori e gli odori del luoghi rappresentati. Si diventa scorci di realtà, mescolandosi alla bellezza del racconto fotografico e del mondo incontrato da McCurry.
La mostra è promossa dalla Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici e Etnoantropologici dell’Umbria e dal Comune di Perugia, è organizzata e prodotta da Civita, con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, di Lavazza, e con la collaborazione di Radio Subasio. L’esposizione si avvale della preziosa partecipazione di Arnoldo Mosca Mondadori, per l’elaborazione delle tematiche, di Stefano Senardi, di Roberto Da Pozzo per la progettazione grafica e di Biba Giacchetti che con la sua agenzia SudEst57 segue le relazioni del fotografo in Italia.
"Sono davvero felice che la mostra SUD - EST ideata da Tanja Solci prodotta da Civita e realizzata con la collaborazione di Sudest57, la società che segue tutto il mio lavoro in Italia, giunga a Perugia come seconda tappa dopo il grande successo ottenuto a Milano.
Perugia è una città di grande importanza artistica e la sua fama internazionale è quella di una città bellissima e viva, incastonata in una delle regioni più belle d'Italia.
Il mio lavoro mi ha portato molto in Italia recentemente, e la prospettiva di passare qualche tempo in questa città per me nuova mi attrae moltissimo. Come viaggiatore. E come fotografo. Ed infine come grande appassionato di musica." Steve McCurry.
Il percorso espositivo della mostra si articola in sei sezioni.
L’Altro. Lo spettatore entra e incontra immediatamente la bellezza, l’eleganza, la dignità dei ritratti di McCurry. Viene proiettato subito nella relazione con ”l’altro”, con la persona nel senso più assoluto del termine: McCurry ha sempre sottolineato il valore imprescindibile che ha per lui la dignità della persona umana.
Il Silenzio e il Viaggio. Tema portante della sezione è il viaggio attraverso le culture e il silenzio. Le fotografie di McCurry rappresentano persone in preghiera, scenari di silenzio. Lo spettatore segue e vive insieme all’artista non solo i suoi viaggi fisici nei differenti paesi che egli ha percorso ma anche lo stupore di fronte al rapporto dell’essere umano con l’Assoluto.
Guerra. Il dramma dell’umanità contro l’umanità. Non c’è nessuna retorica in questa sezione. La tragedia è colma di “poesia”, il dolore viene trasfigurato dall’armonia delle immagini. Questo albero è il cuore della mostra. Bellezza e tragedia si intrecciano, comunicando il mistero della condizione umana sulla terra.
Gioia. È l’uscita dalla guerra. Le fotografie di McCurry immortalano scenari di allegria, intensità di colori, vita che scorre e fluisce. Anche qui non vi è retorica. La bellezza è bellezza poetica, come se l’interruzione della guerra non avesse potuto incidere sull’essenza della vita nei suoi strati più profondi e nei suoi gesti quotidiani.
Infanzia. La quinta sezione riporta lo spettatore a riflettere su uno dei temi più drammatici della storia dell’umanità: lo sfruttamento dei bambini, che vede nei bambini soldato l’apice della sua rappresentazione.
La sezione indica anche che forse non può esistere autentica gioia senza piena consapevolezza del dolore. Le fotografie di bambini costretti a rinunciare alla propria infanzia sono penetranti: dallo stupore alla paura, dalla solitudine alla necessità di assumere uno sguardo adulto, innaturale.
L’impianto della mostra si conclude con la sezione dal titolo La Bellezza. Qui si incontrano tre immagini, una delle quali è il celebre scatto della bambina afgana dagli occhi verdi, diventata ormai un’icona della fotografia contemporanea. Le altre due sono anch’essi ritratti (una studentessa afgana con i libri in mano e una ragazza pakistana con uno scialle verde), che per il curatore testimoniano altre due icone femminili del nostro tempo attraverso l’opera di McCurry.
Nel percorso saranno presentate tre ulteriori sezioni fotografiche, costruite come ‘cortometraggi’ che compongono tre diverse storie: Acqua, Malattia, Ritratti
Steve McCurry. Note biografiche
Nato a Philadelphia nel 1950, Steve McCurry studia cinema e storia alla Pennsylvania State University. Inizialmente pensava di dedicarsi alla realizzazione di documentari, ma comincia ben presto a collaborare come fotografo con un giornale locale. Dopo tre anni decide di recarsi in India per qualche mese e comporre il suo primo vero portfolio con immagini di questo viaggio. Si ferma invece due anni e, dopo la pubblicazione del suo primo lavoro importante sull’Afghanistan, collabora con alcune delle riviste più prestigiose: Time, Life, Newsweek, Geo e il National Geographic. Inviato su mille fronti di guerra, da Beirut alla Cambogia, dal Kuwait all’ex Jugoslavia, all’Afghanistan, Steve McCurry si è sempre spinto in prima linea rischiando la vita pur di testimoniare gli effetti e le conseguenze dei conflitti in tutto il mondo. Membro dell’agenzia Magnum dal 1985, vincitore molti premi fotogiornalistici (tra cui alcuni World Press Photo Awards) autore del celeberrimo reportage sulla ragazza divenuta icona del conflitto afghano sulle pagine del National Geographic nel mondo, Steve McCurry è uno dei maestri contemporanei del fotogiornalismo. Ogni suo ritratto racchiude un complesso universo di esperienze, storie, emozioni, dolori, paure, speranze. «Ho imparato a essere paziente. Se aspetti abbastanza, le persone dimenticano la macchina fotografica e la loro anima comincia a librarsi verso di te», spiega McCurry. Veterano di National Geographic, sempre in viaggio, più facilmente in qualche parte dell’Asia che non in America, Steve McCurry ha fatto del viaggiare una sua dimensione di vita: «Perché già il solo viaggiare e approfondire la conoscenza di culture diverse, mi procura gioia e mi dà una carica inesauribile».
TANJA SOLCI
Curatore della mostra
Sud Est. In mostra 240 fotografie scattate tra il 1980 e il 2009.
Come raccontare attraverso una mostra una delle più grandi leggende della storia della fotografia?
È la domanda che mi sono subito fatta dopo aver deciso di chiedere a Steve McCurry di fare una mostra con me. Sapevo che non era possibile immaginare una mostra che fosse solo antologica, descrittiva.
Non volevo che lo spettatore si trovasse di fronte al mondo di McCurry senza prenderne parte. Volevo che si potesse entrare nella sua arte senza paura, volevo che la sua leggenda potesse respirare. Immersi, sommersi, circondati dagli sguardi, dai silenzi, dai profumi e dagli odori. Avevo incontrato per caso McCurry alla Rotonda della Besana, a Milano. Mi aveva subito regalato un suo libro. Due settimane dopo ero a New York. Davanti al suo studio, nei Queens, faceva un gran freddo.
Quando mi ha fatto entrare nel suo archivio e mi ha chiesto di provare a scegliere le immagini per una possibile mostra quella mia domanda iniziale doveva trovare una risposta. Ero da sola, in mezzo agli scenari della guerra e ai leggendari ritratti.
Non potevo guardare immagine per immagine: dovevo guardarle tutte, insieme, come se fossero immagini di un mondo unico, come se la loro separazione fosse dovuta solo a motivi spazio-temporali.
Così ho capito che non era possibile fare una mostra che non fosse anche un’installazione. Lo spettatore doveva viaggiare insieme a McCurry, sentire i contrasti improvvisi che ha sentito McCurry nel suo viaggio di artista e nel suo viaggio umano. Pensavo ad esempio a quelle due foto: quella scattata in Tibet, nel silenzio assoluto della meditazione e quella scattata due giorni dopo a New York, casualmente, perché il suo ufficio si trova di fronte alle Torri Gemelle che stavano crollando.
Allora ho avuto di fronte quell’odissea, che non era solo l’odissea degli ultimi anni della storia dell’umanità, ma che era l’odissea di ogni essere vivente. L’archivio di McCurry non era più un archivio ordinato: era diventato un mondo che gridava, era la gioia e il dolore, l’abisso della luce e l’abisso delle tenebre.
Era l’installazione che avevo in mente.
Uscendo dal suo studio una sola domanda: perché mai avesse accettato di fare una mostra così ampia e così inedita per il mondo della fotografia. E lui con un sorriso mi ha risposto “è come chiedere a un essere umano se davvero vuole respirare”. Poi a Milano ho iniziato a costruire il racconto con la sapiente, e spirituale lettura dell’artista insieme a Arnoldo Mosca Mondadori. Il gioco è quasi fatto se accanto hai Peter Bottazzi che da tanti anni trasforma in percorsi esperienziali parole e pensieri.
McCurry ha selezionato con cura ogni singola immagine che vedrete nella mostra Sud-Est.
09
aprile 2010
Steve McCurry – Sud-Est
Dal 09 aprile al 05 settembre 2010
fotografia
Location
GNU – GALLERIA NAZIONALE DELL’UMBRIA
Perugia, Corso Pietro Vannucci, 19, (Perugia)
Perugia, Corso Pietro Vannucci, 19, (Perugia)
Biglietti
Intero: €8,00 Ridotto: €6,00 per minori di 18 e maggiori di 65 anni, gruppi di oltre 15 persone, universitari con tesserino, possessori della Card Perugia Musei e titolari di apposite convenzioni. Ridotto speciale: €3,00 per scuole elementari medie e superiori. Gratuito per minori di 6 anni, due insegnanti accompagnatori per classe, giornalisti con tesserino, disabili con un accompagnatore. Biglietto cumulativo: €9,00,
valido per l’ingresso in mostra e nella Galleria Nazionale dell’Umbria
Orario di apertura
Tutti i giorni dalle ore 9.30 alle ore 19.30.
La biglietteria chiude alle 18.30
Vernissage
9 Aprile 2010, ore 18.30 su invito
Ufficio stampa
CIVITA GROUP
Autore
Curatore