“Houses of the holy” è il titolo dell’album con cui i Led Zeppelin, nel 1973, rompono il silenzio dopo molto tempo di lontananza dalle scene musicali, ripresentandosi con questo disco da tanti ritenuto allora rivoluzionario, con una ricerca spinta verso nuove ed innovative sonorità, tutt’altro che scontato e semplice da ascoltare, ma sempre coerente con la perfezione e l’eclettismo ricercati dal gruppo. L’album si apre con “The song remains the same” , brano in cui la chitarra di Jimmy Page accompagna Robert Plant, voce dei Led Zeppelin, e insieme ci conducono lungo un sogno che scivola tra strade esotiche, alla luce del sole o guardando le stelle, cantando sotto la pioggia indiana, offrendo così all’ascoltatore rapito questo sorta di manifesto nomade.
Prendendo come spunto il titolo di questa canzone e ciò che essa spensieratamente ci suggerisce di fare, gli artisti presenti in galleria formano dunque un ‘gruppo’ che, anziché musicalmente, suggerisce una lettura visiva di ciò che talvolta si ripropone come identico a sé stesso, già visto o sentito, ma con la consapevolezza che il suo ‘restare lo stesso’ ad una volta, non necessariamente sarà privo di spunti interessanti ed innovativi stimoli. Il consiglio all’osservatore/ascoltatore è di entrare dunque in quel sogno per trovare tutte le cose che desiderava e visitare luoghi sconosciuti, abbandonandosi all’arte ed alla sua comunicatività. Perché, anche se la canzone è sempre la stessa, sicuramente riascoltandola riserverà sorprese inedite e note dalla musicalità non sempre ben recepita.