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Theo Gallino – Grande Alchimia
Nuovo appuntamento per il progetto “Moncalieri Porta dell’Arte” a cura di Edoardo Di Mauro
Comunicato stampa
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Il progetto “Moncalieri Porta dell’Arte” nasce all’insegna di due motivazioni : il mio interesse per l’”arte pubblica” che, fin dai primi anni ’90, mi ha portato ad organizzare numerose iniziative orientate in questa direzione e la sensibilità dimostrata dagli amministratori di Moncalieri, in particolare dall’Assessore alla Cultura Mariagiuseppina Puglisi per questo tema e, più in generale, per la volontà di qualificare culturalmente questa importante centro alle porte di Torino, dotato di una sua precisa caratterizzazione storica, ambientale, architettonica e culturale, non certo una città satellite o dormitorio. In Italia la tradizione, diffusa da tempo nei paesi nord europei ed anglosassoni, di dotare gli agglomerati urbani di strutture artistiche permanenti, fondamentali da un punto di vista didattico come viatico per una corretta educazione visiva, che renda familiare e non ostica la percezione dell’arte contemporanea incrementando quindi la fruizione di strutture come gallerie e musei, è stata per lungo tempo carente di iniziative valide. Le teorie ardite e futuribili prodotte negli anni ’50, agli inizi del “boom” economico, particolarmente dalla corrente dell’Urbanistica Unitaria, in cui si sosteneva un inedito ruolo per l’arte all’interno dei nuovi insediamenti abitativi urbani al fine di rendere l’architettura non solo pratica meramente funzionale ma elemento atto a concorrere ad una migliore qualità della vita in termini sia estetici che di aggregazione sociale rimasero, come sappiamo, lettera morta. A partire dalla seconda metà degli anni ’80 vi è stato, con modalità sempre più decise, un netto risveglio dell’interesse nei confronti di una dimensione meglio sostenibile dell’architettura e della consapevolezza di come fosse necessario salvaguardare i beni culturali ed ambientali , che ha portato al confortante risultato di una riflessione e conseguente pratica di una nuova ed estesa dimensione pubblica dell’arte. In Italia il territorio piemontese, in particolare Torino e la sua area metropolitana, si è posto in questa direzione all’avanguardia. Come sottolineato dagli stessi amministratori pubblici di Moncalieri si manifesta viva l’esigenza di un recupero consapevole del rapporto con la tradizione storica dello spazio urbano e l’importanza per una città, al di là delle sue dimensioni, di essere in grado di trasmettere alle generazioni future tracce e segni capaci di permeare tangibilmente di sé il territorio. In più nell’attuale congiuntura, caratterizzata da una globalizzazione non solo economica ma anche culturale, dagli effetti ambivalenti di una comunicazione invasiva e da leggi e regole di mercato sempre più competitive e spesso truccate l’arte può riscoprire, nella dimensione del confronto con il pubblico, l’ambiente e l’architettura, la sua funzione etica. Il progetto “Moncalieri Porta dell’Arte” che sta facendo della città piemontese, senza timore di smentita, il luogo, dopo Torino, maggiormente caratterizzato, in regione, dalla presenza di opere di arte pubblica, ha avuto uno sviluppo articolato in due fasi. La prima, a partire dal 2001, ha visto la collocazione delle opere di Matilde Domestico (Biblioteca), Cesario Carena (giardino centro Zoe), Piera Legnaghi (rotonda statale per Revigliasco), ed Enzo Bersezio nel giardino prospiciente le Fonderie Teatrali Limone dove, nel frattempo, due importanti opere di Riccardo Cordero e Marco Gastini erano state installate grazie ai fondi della legge sul 2%. La seconda fase, a partire dal 2003, vede l’installazione di una nuova opera costantamente accompagnata da una mostra personale e da un lavoro didattico sviluppato con le scuole. Così è stato per Radu Dragomirescu e Corrado Bonomi (Fonderie Teatrali Limone) e Carlo Giuliano (Biblioteca). La proposta per il 2006 ha visto la scelta di Theo Gallino, artista significativo di quella fascia generazionale emersa tra la fine degli anni ’80 ed i primi anni ’90 e autore estremamente radicato nel territorio. Riprendendo quanto scritto assai di recente in relazione alla personale dell’artista svoltasi a cura di Sabrina Raffaghello ad Ovada, che riprende molti dei temi trattati a Moncalieri, si può osservare come le opere di Gallino sono la sintesi di una ispirazione feconda, di un rapporto con il linguaggio dell’arte serio e motivato che non si accontenta, come spesso avviene oggi, di meri esercizi di stile, più o meno formalmente eleganti, o della scorciatoia offerta da trovate ad effetto, e tanto meno di un appiattimento linguistico sul reale, sulla poetica del frammento di quotidianità estrapolato dal suo contesto ed offerto in omaggio a fruitori sempre più distratti ed irretiti dalla moltitudine dei linguaggi oggi vigenti. Innanzitutto la composizione di Gallino, pur con una prevalenza di aniconicità, sa conciliarsi con l’immagine, sublimata nella sua evocazione di ombra, di fantasma sfuggente, intravisto e bloccato nell’attimo stesso in cui si pone alla nostra attenzione percettiva. Da sempre, infatti, Gallino usa la fotografia come tramite espressivo privilegiato, adoperandola, però, in chiave manipolatoria, distante sia dalla tentazione naturalistica che da quella, opposta, di registrazione del reale nella sua accezione documentaria . Semmai Gallino adopera questa tecnica come possibilità di incessante sperimentazione, costruendo con essa un tramite in direzione dell’apparentemente distante pittura, e non solo. Per fare questo l’artista si avvale del viatico offerto dalla tecnica, ancora adoperata, però, con una modalità ”modernista”, dal sapore quasi artigianale. Infatti Gallino si serve di un procedimento che ricorda da vicino, pur non essendo la stessa cosa, quello adottato dal grande alchimista dell’immagine che fu Man Ray per le sue “rayographies”. Per raggiungere quell’effetto poetico sapientemente in bilico tra figura ed astrazione Gallino si avvale di un esemplare ed insolito reperto oggettuale tratto dalla normale quotidianità Si tratta del “pluriball”, di quel materiale plastico caratterizzato dalla presenza di una fitta e continua serie di minuscole bolle che vanno a creare un fitto reticolo dalla configurazione, per certi aspetti, soprattutto inerenti la psicologia percettiva, già di per sé “artistici”. Questo materiale, per le sue capacità di avvolgere dolcemente ma con modalità ferma gli oggetti che gli vengono affidati, evoca un senso di protezione dagli urti del mondo esterno, ed il suo impiego nella poetica artistica indica una chiara analogia con quel mondo interiore che Gallino intende preservare, donandocelo nella sua rappresentazione lirica ed evocativa. Ma il pluriball è anche elemento esemplare rispetto alla ritualità quotidiana della pratica dell’arte costituita, per gli artisti ma anche per i critici, soprattutto quelli impegnati nell’organizzazione e divulgazione della scena contemporanea, non solo dai momenti in cui l’ispirazione è libera di esplicitarsi nell’azione compositiva od in quella dello studio e della scrittura, ma molto spesso, assai più prosaicamente, in gesti di normale concretezza manuale da cui dipendono le modalità divulgative e didattiche dell’arte. Quindi un materiale all’apparenza banale ed utilitaristico è in grado di simboleggiare metaforicamente vizi e virtù dell’arte contemporanea. Gallino è artista consapevole, quindi l’uso che lui fa del pluriball non si limita ad un troppo facile ready-made, ad un uso “secondario” dell’oggetto, tratto dal quotidiano e posto, tra virgolette, ad assumere insolita funzione poetica, anche se la scarsa consuetudine all’uso artistico di questo materiale avrebbe forse potuto costituire, di per sé, motivo sufficiente. L’artista, viceversa, interviene con modalità “primarie” sull’oggetto, costruendo, con l’intervento diretto e l’inserimento di materiali, nonché con la stampa fotografica, inserti visivi insoliti ed inediti, ed il “pluriball” pare in questo caso tornare alla sua originale funzione di raccoglitore affidabile e protettivo. Ma Gallino non poteva fermarsi a questo pur efficace progetto : la sua ricerca sul concetto di “contenitore” è andata oltre, si è arricchita di inedite varianti con le nuova serie di lavori realizzati, le “scatole alchemiche” ed i “fumetti protetti” . Le “scatole alchemiche” sono al centro dell’allestimento che sarà realizzato nel foyer delle Fonderie Teatrali Limone. Si tratta di opere dove Gallino pare voler far cortocircuitare un repertorio oggettuale assemblato con materiali perlopiù di derivazione chimica con il precedente storico di questa moderna disciplina scientifica, per l’appunto l’alchimia. Pratica antica e intrisa di simbologie esoteriche, talvolta oggetto di operazioni cialtronesche ma spesso fonte di significati autenticamente sapienziali e giustamente rivalutata nella sua dimensione storica nel corso del Novecento, dopo una crisi maturata a partire dal secondo Seicento, in corrispondenza con l’approdo al metodo scientifico galileiano ed alla filosofia cartesiana, ad esempio con Jung che riconsiderò le motivazioni psicologiche dell’arte alchemica individuando in essa un viatico per una liberazione interiore e nei confronti del vincolo materiale. Gli assemblaggi di Gallino paiono proprio volersi dirigere verso una ricerca plurioggettuale che sappia celare nel suo seno infinite risorse e sorprese, ponendosi continuamente in discussione e superamento dei risultati raggiunti, alla ricerca di orizzonti nuovi. L’allestimento è articolato in due sezioni : nella prima l’artista posizionerà una serie di installazioni disposte in aria, appese alle travi del foyer, composte da una base sferica in plexiglas, dal diametro di circa un metro, dalla quale si disporranno verticalmente, appese a robusti fili di nailon, contenitori di misure variabili con un interno composto da anilina con pollini. A suolo saranno disposti altri contenitori, simili a quelli usati per i tipici regali natalizi di vini e liquori pregiati, che sveleranno quanto è custodito al loro interno ; bottiglie trasparenti di forma irregolare con un contenuto sempre di anilina e pollini. L’unione di queste due sezioni darà vita alla “Grande Alchimia”, suggellata dalla proiezione di un video realizzato per l’occasione. L’installazione che Theo Gallino donerà alla Città di Moncalieri, realizzata con legno marino trattato con vernici per esterni di color antracite, alta 240 cm e larga 120 cm, sarà collocata alla sommità di una rotonda sita presso il vecchio ponte e l’uscita dalla tangenziale. Coerente con lo stile dell’artista essa sarà composta da una struttura a forma di uovo con al suo interno, scavati in trasparenza, un gigantesco polline circondato dalla frase “voglio vivere per…..”, anch’essa tipica della poetica di Gallino e della sua continua tensione verso la ricerca, che sarà leggibile in entrambe le direzioni.
Edoardo Di Mauro, ottobre 2006.
04
novembre 2006
Theo Gallino – Grande Alchimia
Dal 04 novembre 2006 al 31 ottobre 2007
arte contemporanea
Location
FONDERIE TEATRALI LIMONE
Moncalieri, Via Pastrengo, 88, (Torino)
Moncalieri, Via Pastrengo, 88, (Torino)
Orario di apertura
dal lunedì al venerdì 8.30-13.00 14.00-17.00
Vernissage
4 Novembre 2006, ore 11-13
Autore
Curatore