Un dialogo acronico tra terra e mare, tra tempi e luoghi lontani tra loro ŠReperti, relitti: frammenti lignei vaganti, rapiti dalle onde, cullati e scaraventati per decenni da una costa all¹altra, risaccati infine in insenature sperdute, a disseccarsi al sole, al vento e alla salsedine, dimentichi d¹ogni divenire. Il loro tuttavia si compie: colmandosi di ferite, solchi, rughe, porosità, si trasformano in reliquie.

Luciana Matalon, da sempre affascinata dai viaggi nel tempo e nello spazio, le ha raccolte, osservate, ascoltate. Ha letto i loro segni e le loro patine; le loro figure, i loro simboli e i loro racconti. Ha interpretato e fatto affiorare. Ha aggiunto qualche velatura cromatica, e le parole che le è parso d¹udir bisbigliate.

Questa mostra sugli alfabeti del mare è nata così: facendo emergere quanto le forze della natura avevano lentamente preparato, accentuando appena l¹affiorare di segni e d¹immagini fiabesche, castelli di sogno, cattedrali severe e fantasiose, figure totemiche, personaggi umani ed animali. E preziose stratificazioni di colore, venature, rugosità epidermiche e strutturali. Inserendo infine parole: non solo gli ideogrammi criptici di un lessico simbolico personale, per quanto fitto di richiami ad archetipi, ma frammenti leggibili di testi, minime schegge liriche tese e risonanti d¹echi sommessi, come lo sciabordio in un anfratto.

Un paziente lavoro, in primo luogo maieutico, ha trasformato minuscoli oggetti rinvenuti in microcosmi di memorie ancestrali, di suggestioni segniche e simboliche, di narrazioni oniriche d¹arcani universi perduti, d¹invenzioni artistiche e poetiche, potenti pur nella loro umile fragilità.