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Vesuvia 2012, Le città del Vulcano
Inaugurazione ed apertura al pubblico degli Itinerari artistici e multimediali all’interno della manifestazione VESUVIA ( settimana di eventi, musica, premi, convegni, percorsi pittorici e multimediali, ricordi e testimonianze), curati e coordinati da Pamart (Studio di Consulenza e Progettazione culturale www.pamart.it), in collaborazione con il Cenacolo dell’Arco (Movimento di Arte e Cultura), presso la meravigliosa Sala capitolare nel chiostro del Santuario della Madonna dell’Arco in Sant’ Anastasia (NA). La Mostra è intitolata: Dal ‘600 ai nostri giorni. Il Vesuvio nelle tavolette votive, nei quadri di Franco Porcasi e Tony Afeltra, nelle inchieste tra immagini e video di chi vive, ricorda, si racconta e lavora attorno al Vulcano.
Comunicato stampa
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FRANCO PORCASI
Nato a Napoli nel 1940, Franco Porcasi ama definirsi “pictor vesuvianus ex grege”. Dopo aver frequentato l'Istituto d'Arte "F. Palizzi" di Napoli, si iscrive all’Accademia di Belle Arti nella medesima città, dove frequenta il corso di figura e nudo dal vero, per cinque anni. Pittore, scultore, poeta, coltiva con passione e paziente ricerca il discorso pittorico, discostandosi da qualsiasi forma d’imitazione o conformismo. Dopo gli studi segue gli insegnamenti del Prof. Antonio Rega a Marechiaro (Napoli), presso il suo studio di scultura. Vincitore di concorso, si dedica per circa 40 anni all'insegnamento del disegno e della storia dell'arte, prima in Irpinia e poi a Napoli. Nel 1970 partecipa al 5° concorso nazionale di pittura ”Dicembre artistico al Santuario della Madonna dell'Arco (NA)”, vincendo il 1° premio ex-equo. Ancora nel 1971 si ricandida al 6° concorso nazionale “Dicembre artistico al Santuario della Madonna dell'Arco (NA)”, ricevendo pergamena d'onore e medaglia d'oro. Dopo premi e riconoscimenti, infine nel 2012 la mostra personale dal titolo “Omaggio al Vesuvio” presso la Biblioteca di Cultura Vesuviana di Villa Bruno a San Giorgio a Cremano (NA). Le sue opere trovano collocazione in musei (a Napoli, nel Museo del Tesoro di San Gennaro), in chiese e santuari (a Scisciano e a Madonna dell'Arco, vicino Napoli; a Pietradefusi, frazione S. Elena, in provincia di Avellino) e in collezioni private italiane (Napoli, Avellino, Benevento, Roma, Latina, Potenza, Vicenza, Pesaro-Urbino) e straniere (Svizzera, Francia, Gran Bretagna). È dal 1970 che vive a Portici (NA).
L’evoluzione pittorica di Franco Porcasi prende corpo e si sviluppa, a partire dagli anni ‘50, in un crescendo di sensazioni ed emozioni. Ha assorbito e rielaborato negli anni della formazione artistica influenze ottocentesche, della scuola di Posillipo e delle avanguardie di primo Novecento. È un attento osservatore della natura e dell’ambiente che lo circonda. Sperimenta le tecniche più disparate: l’encausto, un'antica tecnica pittorica applicata su muro, conosciuta dai Greci e dai Romani, la pittura ad olio, la gouache, il graffito, ed infine la spatola, che perfeziona ed in cui vi si riconosce. Il suo è un linguaggio artistico originale, raffinato, intriso di toni ora pacati, ora accesi di calda sensualità. Ritrattista dalla perspicace penetrazione psicologica, ha concentrato la sua attenzione negli ultimi anni, quelli della maturità artistica, al luogo di appartenenza, al Vesuvio, a quella che lui definisce “vesuvianità”. La “vesuvianità” è il filo conduttore, il trait d’union che intercorre sottile tra le sei opere esposte per l’evento un “Vulcano di nome Vesuvio”, presso il Santuario della madonna dell’Arco in Santa Anastasia (Na). Cardo (1967), Terrae Motus (1968), Coppa con melagrana (1987), Mater (1988), Vesuvio (2005) e Presenze vesuviane (2012), diventano omaggio a un vulcano che da sempre ha ispirato le diverse espressioni artistiche e identificato, nel più ampio immaginario, la bellezza e le inquietudini di tutto un territorio densamente abitato. “A Muntagna”, l’appellativo con cui i campani e propriamente i napoletani sono soliti riferirsi al vulcano simbolo della città partenopea, dunque il Vesuvio, è una presenza inquietante, benefica e malefica assieme, e Porcasi ci propone un’iconografia del mostro di fuoco non tradizionale ma ribaltata, come a voler offrire allo spettatore un nuovo sguardo, una possibilità diversa che induce alla riflessione sulla nascita, sulla morte e sulla rinascita. Le figure di Porcasi sono simboli di ricerca spirituale e mistica, rappresentano comunicazione fra ciò che è “terreno” e ciò che appartiene ad una dimensione più alta e luminosa, tra ciò che è sacro e ciò che è profano; sono diletto del cuore e dell’anima, si avvicendano e si sovrappongono su piani che nella loro ricercatezza cromatica riproducono immense scenografie senza tempo.
TONY AFELTRA
Nasce a Pompei nel 1980. Si diploma all’Accademia di Belle arti di Urbino. Appena trentenne ha già partecipato ad importanti mostre personali e collettive, distinguendosi come uno dei protagonisti della scena contemporanea più giovane. Risiede e lavora a Sant’Antonio Abate. Montatore, restauratore di opere d’arte contemporanee, decoratore scenografico per cinema, teatro e televisione. teatro e televisione.
È stato autore del Palio di Udine nel 2000. Nel 2001 va segnalata la sua mostra ad Ascoli Piceno curata da Mario Savini, dove sviluppa un percorso caratterizzato da installazioni e foto rielaborate al computer (catalogo con testo critico del curatore).
Nel 2008 partacipa alla mostra collettiva “Pelle e Pellicola” curata da Pasquale Lettieri presso l’Accademia di Belle arti di Napoli, presentando un’istallazione in arte povera che intende essere un omaggio a Leo De Berardinis e Perla Peragallo, due personalità del mondo della sperimentazione teatrale. Si ricordano le mostre collettive cui ha partecipato: nel 1999 e nel 2000 ad Urbino, presso il Palazzo Ducale nel 2001 a Pesaro nel Palazzo Ducale e a Miglianico (Ch).
Nel corso del 2012 realizza storie a fumetti per il “Canzoniere illustrato”, il nuovo album di Daniele Sepe, presentato alla Mostra d’Otremare a Napoli in occasione della XIV edizione del Festival internazionale del fumetto. Per il comune di Sant’Antonio Abate cura la manifestazione artistica, intitolata “Il Carnevale Abatese”.
Il giovane artista, allarga inizialmente i suoi interessi all’arte concettuale con l’intento di proporre opere il cui fine non è solo il godimento estetico, bensì l’attività di pensiero. Si comprende come un’arte di questo tipo tenda ad eliminare qualsiasi significato emozionale, per proporsi con lucida e fredda razionalità. Ad un certo punto Afeltra ritrova se stesso, la sua identità, si concentra sulla tecnica e sulla sperimentazione. Da nove anni riproduce nelle sue opere il tema del Vesuvio, “Sterminator Vesevo”, che porta morte e rinascita nello stesso tempo. Il Vesuvio rappresenta il suo legame con la terra di origine, intesa come “Magna Mater”, ovvero Madre e Materia, come egli stesso la definisce.
Le sue “Visionie Vesuviane”, a metà tra pittura e installazione, sono analizzate da diversi punti di osservazione e le diverse tecniche plasmano e modificano la materia in modo differente, sono work in progress costanti, nuovi modi di vedere il vulcano, sembrano avere un inizio ma mai una fine. Le “Visioni” di Afeltra in apparenza trasmettono una sordida tranquillità, la materia è ben plasmata e i colori sono pacati, poi all’improvviso un’aria sinistra invade la scena: i colori sono accesi, il Vesuvio fa paura e la lava fuoriesce minacciosa, disseminando morte ed inquietudine. Nelle sue opere la riproduzione ossessiva del Vesuvio e l’assenza di presenze umane, incute un senso di abbandono e solitudine, le “Visioni” sono concepite come una “pittura-cantiere” ed amplificano la sensazione di non–finito. La ricerca del nuovo è in Afeltra la vitalissima linfa che conferisce ai suoi dipinti, alle installazioni costruite con i più disparati materiali, un'originalità affascinante che induce chi guarda ad andare oltre la forma e il colore: a cercar di penetrare quei sensi che l'artista contemporaneamente vela e disvela, come in un gioco a rimpiattino dove non ci sono ultime parole, ma solo il dono raro di un inappagato e stimolante invito ad andare oltre la superficie, nella zona d'ombra dove i significati cercano a loro volta i loro misteriosi perché. L'artista nei suoi lavori, accuratamente selezionati per l’evento un “Vulcano di nome Vesuvio”, nel Santuario della Madonna dell’Arco, a Santa Anastasia, evidenzia magistralmente attraverso il suo modus pingendi, come il Vesuvio mascheri di bellezza assoluta la parte oscura della sua anima, nascondendo nella curva sontuosa abissi di tradimenti e di ambiguità, il tumulto di continue distruzioni e rigenerazioni e insieme di misteriose rifioriture di frutti e ginestre evocanti perduti profumi.
Annamaria Parlato
Maria Arcella
Pamart Consulenza e Progettazione Culturale
Nato a Napoli nel 1940, Franco Porcasi ama definirsi “pictor vesuvianus ex grege”. Dopo aver frequentato l'Istituto d'Arte "F. Palizzi" di Napoli, si iscrive all’Accademia di Belle Arti nella medesima città, dove frequenta il corso di figura e nudo dal vero, per cinque anni. Pittore, scultore, poeta, coltiva con passione e paziente ricerca il discorso pittorico, discostandosi da qualsiasi forma d’imitazione o conformismo. Dopo gli studi segue gli insegnamenti del Prof. Antonio Rega a Marechiaro (Napoli), presso il suo studio di scultura. Vincitore di concorso, si dedica per circa 40 anni all'insegnamento del disegno e della storia dell'arte, prima in Irpinia e poi a Napoli. Nel 1970 partecipa al 5° concorso nazionale di pittura ”Dicembre artistico al Santuario della Madonna dell'Arco (NA)”, vincendo il 1° premio ex-equo. Ancora nel 1971 si ricandida al 6° concorso nazionale “Dicembre artistico al Santuario della Madonna dell'Arco (NA)”, ricevendo pergamena d'onore e medaglia d'oro. Dopo premi e riconoscimenti, infine nel 2012 la mostra personale dal titolo “Omaggio al Vesuvio” presso la Biblioteca di Cultura Vesuviana di Villa Bruno a San Giorgio a Cremano (NA). Le sue opere trovano collocazione in musei (a Napoli, nel Museo del Tesoro di San Gennaro), in chiese e santuari (a Scisciano e a Madonna dell'Arco, vicino Napoli; a Pietradefusi, frazione S. Elena, in provincia di Avellino) e in collezioni private italiane (Napoli, Avellino, Benevento, Roma, Latina, Potenza, Vicenza, Pesaro-Urbino) e straniere (Svizzera, Francia, Gran Bretagna). È dal 1970 che vive a Portici (NA).
L’evoluzione pittorica di Franco Porcasi prende corpo e si sviluppa, a partire dagli anni ‘50, in un crescendo di sensazioni ed emozioni. Ha assorbito e rielaborato negli anni della formazione artistica influenze ottocentesche, della scuola di Posillipo e delle avanguardie di primo Novecento. È un attento osservatore della natura e dell’ambiente che lo circonda. Sperimenta le tecniche più disparate: l’encausto, un'antica tecnica pittorica applicata su muro, conosciuta dai Greci e dai Romani, la pittura ad olio, la gouache, il graffito, ed infine la spatola, che perfeziona ed in cui vi si riconosce. Il suo è un linguaggio artistico originale, raffinato, intriso di toni ora pacati, ora accesi di calda sensualità. Ritrattista dalla perspicace penetrazione psicologica, ha concentrato la sua attenzione negli ultimi anni, quelli della maturità artistica, al luogo di appartenenza, al Vesuvio, a quella che lui definisce “vesuvianità”. La “vesuvianità” è il filo conduttore, il trait d’union che intercorre sottile tra le sei opere esposte per l’evento un “Vulcano di nome Vesuvio”, presso il Santuario della madonna dell’Arco in Santa Anastasia (Na). Cardo (1967), Terrae Motus (1968), Coppa con melagrana (1987), Mater (1988), Vesuvio (2005) e Presenze vesuviane (2012), diventano omaggio a un vulcano che da sempre ha ispirato le diverse espressioni artistiche e identificato, nel più ampio immaginario, la bellezza e le inquietudini di tutto un territorio densamente abitato. “A Muntagna”, l’appellativo con cui i campani e propriamente i napoletani sono soliti riferirsi al vulcano simbolo della città partenopea, dunque il Vesuvio, è una presenza inquietante, benefica e malefica assieme, e Porcasi ci propone un’iconografia del mostro di fuoco non tradizionale ma ribaltata, come a voler offrire allo spettatore un nuovo sguardo, una possibilità diversa che induce alla riflessione sulla nascita, sulla morte e sulla rinascita. Le figure di Porcasi sono simboli di ricerca spirituale e mistica, rappresentano comunicazione fra ciò che è “terreno” e ciò che appartiene ad una dimensione più alta e luminosa, tra ciò che è sacro e ciò che è profano; sono diletto del cuore e dell’anima, si avvicendano e si sovrappongono su piani che nella loro ricercatezza cromatica riproducono immense scenografie senza tempo.
TONY AFELTRA
Nasce a Pompei nel 1980. Si diploma all’Accademia di Belle arti di Urbino. Appena trentenne ha già partecipato ad importanti mostre personali e collettive, distinguendosi come uno dei protagonisti della scena contemporanea più giovane. Risiede e lavora a Sant’Antonio Abate. Montatore, restauratore di opere d’arte contemporanee, decoratore scenografico per cinema, teatro e televisione. teatro e televisione.
È stato autore del Palio di Udine nel 2000. Nel 2001 va segnalata la sua mostra ad Ascoli Piceno curata da Mario Savini, dove sviluppa un percorso caratterizzato da installazioni e foto rielaborate al computer (catalogo con testo critico del curatore).
Nel 2008 partacipa alla mostra collettiva “Pelle e Pellicola” curata da Pasquale Lettieri presso l’Accademia di Belle arti di Napoli, presentando un’istallazione in arte povera che intende essere un omaggio a Leo De Berardinis e Perla Peragallo, due personalità del mondo della sperimentazione teatrale. Si ricordano le mostre collettive cui ha partecipato: nel 1999 e nel 2000 ad Urbino, presso il Palazzo Ducale nel 2001 a Pesaro nel Palazzo Ducale e a Miglianico (Ch).
Nel corso del 2012 realizza storie a fumetti per il “Canzoniere illustrato”, il nuovo album di Daniele Sepe, presentato alla Mostra d’Otremare a Napoli in occasione della XIV edizione del Festival internazionale del fumetto. Per il comune di Sant’Antonio Abate cura la manifestazione artistica, intitolata “Il Carnevale Abatese”.
Il giovane artista, allarga inizialmente i suoi interessi all’arte concettuale con l’intento di proporre opere il cui fine non è solo il godimento estetico, bensì l’attività di pensiero. Si comprende come un’arte di questo tipo tenda ad eliminare qualsiasi significato emozionale, per proporsi con lucida e fredda razionalità. Ad un certo punto Afeltra ritrova se stesso, la sua identità, si concentra sulla tecnica e sulla sperimentazione. Da nove anni riproduce nelle sue opere il tema del Vesuvio, “Sterminator Vesevo”, che porta morte e rinascita nello stesso tempo. Il Vesuvio rappresenta il suo legame con la terra di origine, intesa come “Magna Mater”, ovvero Madre e Materia, come egli stesso la definisce.
Le sue “Visionie Vesuviane”, a metà tra pittura e installazione, sono analizzate da diversi punti di osservazione e le diverse tecniche plasmano e modificano la materia in modo differente, sono work in progress costanti, nuovi modi di vedere il vulcano, sembrano avere un inizio ma mai una fine. Le “Visioni” di Afeltra in apparenza trasmettono una sordida tranquillità, la materia è ben plasmata e i colori sono pacati, poi all’improvviso un’aria sinistra invade la scena: i colori sono accesi, il Vesuvio fa paura e la lava fuoriesce minacciosa, disseminando morte ed inquietudine. Nelle sue opere la riproduzione ossessiva del Vesuvio e l’assenza di presenze umane, incute un senso di abbandono e solitudine, le “Visioni” sono concepite come una “pittura-cantiere” ed amplificano la sensazione di non–finito. La ricerca del nuovo è in Afeltra la vitalissima linfa che conferisce ai suoi dipinti, alle installazioni costruite con i più disparati materiali, un'originalità affascinante che induce chi guarda ad andare oltre la forma e il colore: a cercar di penetrare quei sensi che l'artista contemporaneamente vela e disvela, come in un gioco a rimpiattino dove non ci sono ultime parole, ma solo il dono raro di un inappagato e stimolante invito ad andare oltre la superficie, nella zona d'ombra dove i significati cercano a loro volta i loro misteriosi perché. L'artista nei suoi lavori, accuratamente selezionati per l’evento un “Vulcano di nome Vesuvio”, nel Santuario della Madonna dell’Arco, a Santa Anastasia, evidenzia magistralmente attraverso il suo modus pingendi, come il Vesuvio mascheri di bellezza assoluta la parte oscura della sua anima, nascondendo nella curva sontuosa abissi di tradimenti e di ambiguità, il tumulto di continue distruzioni e rigenerazioni e insieme di misteriose rifioriture di frutti e ginestre evocanti perduti profumi.
Annamaria Parlato
Maria Arcella
Pamart Consulenza e Progettazione Culturale
07
settembre 2012
Vesuvia 2012, Le città del Vulcano
Dal 07 al 30 settembre 2012
arte contemporanea
Location
SANTUARIO DELLA MADONNA DELL’ARCO
Sant'anastasia, (Napoli)
Sant'anastasia, (Napoli)
Orario di apertura
6.30 - 13.00 e 15.30 - 19.00 (ora solare); 15.30 - 20.00 (ora legale).
Vernissage
7 Settembre 2012, ore 20:00/00:00
Sito web
www.pamart.it
Autore
Curatore