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Visioni del sogno
Differenti per linguaggio e stile, gli artisti presentati testimoniano, ognuno a modo suo, una visione del mondo e dell’uomo legata al disincanto o al sogno.
Comunicato stampa
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Il Museo Archeologico di Amelia accoglie l’arte contemporanea di eccellenza, presentando cinque autori di fama:
Adolfo Damasio, Khikmat Gulymov, Lia Laterza, Maria Ausiliatrice Laterza e Alessandro Siviero.
Organizzata dalla Galleria Umbria Arte, con la collaborazione della rivista internazionale “Italia Arte” e curata da Maria Rosaria Lorenzoni, Elisa Bergamino e Guido Folco, la mostra ospita una selezione degli ultimi lavori degli artisti, realizzati con tecniche e materiali diversi, dall’olio a originalissimi lavori in legno e pittura. La grande tradizione della fantasia e della creatività, che da sempre caratterizza gli sperimentalismi novecentisti, si riflette anche nelle elaborazioni degli autori contemporanei, tra ricerca dei valori universali e intimismo spirituale, tra metafora dell’esistenza e simbolismo, tra metafisica e realtà.
Differenti per linguaggio e stile, gli artisti presentati testimoniano, ognuno a modo suo, una visione del mondo e dell’uomo legata al disincanto o al sogno.
Adolfo Damasio riflette sulla visionarietà della speranza con una pittura che diventa simbolo di libertà, oltre i confini tradizionali del tempo e dello spazio, sguardo metafisico e inatteso sulla realtà e sull’interiorità dell’anima, sorprendente e, a volte, gioiosamente ludica. Come in una vetrata gotica o come per il linguaggio iconico, l’immagine è passaggio dall’umano al divino, è porta immaginaria, fantastica e tangibile attraverso cui l’uomo aspira alla purificazione, alla fanciullezza della fantasia pura. Damasio osserva se stesso, indaga nel mondo e nel cuore per ritrovare la strada salvifica dell’immaginazione e della speranza di un universo utopico, ma bramato con ogni stilla di desiderio. La notte diventa “Notte di luna chiara / Dove i sogni volano lenti / Sopra i tetti d’argilla / Come aquiloni colorati / Senza mani che li guidano / Liberi, irrealmente inesistenti” (Adolfo Damasio, “Notte”).
Khikmat Gulyamov è nato nel 1951 in Tashkent (Uzbekistan). Da sempre appassionato studioso dell’arte del passato, tra Classicismo e Rinascimento, Khikmat Gulyamov ha studiato nell'Università di pittura e scultura della sua città, fino ad affrontare in seguito un percorso personale e difficile di confronto e ricerca sulla grande tradizione pittorica europea dal Cinquecento ad oggi. Nella ripresa dei noti ritratti di Rembrandt, degli storici capolavori di Raffaello e Leonardo, l’artista incarna il mito della bellezza, del rinnovamento culturale seguito all’epoca del Medioevo. Nel suo desiderio di riproporre i maestri italiani e stranieri del tempo, Gulyamov assapora la rivoluzione della perfezione, dell’umanizzazione del sacro, calando nel mondo reale i simboli della Chiesa o ripercorrendo il sentimento terreno dei realisti fiamminghi.
Lia Laterza, come scrive Lucio Cabutti: “Ama una varietà di repertorio che accosta esperienze ottiche vissute, simulazioni “scenotecniche” messe in posa o in opera, e allusioni letterarie o musicali: registra sottili sfumature dell’animo e informazioni visive chiare e fresche; e trasmette immagini individualmente circostanziate. Il suo mondo è trasparente, misurato, armonico per natura e per elaborazione”. Lia Laterza – come approfondisce Paolo Levi – “è una contemplativa non di sogni insoddisfatti, ma di realtà memorizzate, senza intimistiche emozioni”. E ancora: “Il suo colore contiene un messaggio di malinconia contenuta e vive di numerosi passaggi tonali. I nudi, le ballerine, i fiori secchi, le maschere sorgono dall’impenetrabile labirinto del suo inconscio, somma delle emozioni passate e presenti, che si trasformano in forma e colore”. L’arte di Lia Laterza è soprattutto metafora della vita: dolore, inquietudine, rasserenamento, gioia, sentimenti ed emozioni che convivono in armonia o contrasto, come nel cuore di ogni uomo.
Maria Ausiliatrice Laterza costruisce universi su minuscoli palchi tridimensionali, vere e proprie scenografie teatrali tra metafisica e realtà. Simbolicamente orientate e illuminate da fasci di luce o chiarori soffusi, che penetrano queste originalissime pitto-sculture, le storie narrate dall’artista denunciano il dolore quotidiano e l’abbrutimento della società, soprattutto in chiave femminile. Modernissime accuse lanciate al cospetto dell’indifferenza comune di oggi, le ‘scatole luminose’ di Maria Ausiliatrice Laterza ruotano intorno all’universo donna, ne chiariscono le problematiche, ne suggeriscono emozioni, svelando l’anima delle sue protagoniste anonime, senza volto, ombre fluttuanti sul palcoscenico della vita. Il gioco simbolico delle ombre che rincorrono la luce, quasi a volerne soffocare la speranza, riflette il malessere dilagante e quasi incontenibile della società di oggi, come sospesa tra inquietante realtà e illusoria speranza.
Una linea d’orizzonte sospesa tra realtà e sogno chiarisce subito la cifra artistica di Alessandro Siviero: non tutto ciò che appare è verità, spesso è utopia, desiderio di libertà e di purificazione, immagine dell’interiorità proiettata nel mondo come una intangibile presenza incorporea. Il linguaggio metafisico di Siviero svuota l’uomo della sua corporeità, come a renderlo puro essere spirituale, icona di una modernità malata, priva di valori, di contenuti. Resta solamente la forma svuotata dell’Io, dell’intima presenza dello spirito, con la sua onirica sacralità. Lo spazio di Siviero, senza riferimenti reali, diventa spazio mentale, immaginato, in cui l’uomo è posto al cospetto della sua tragedia e del suo dramma esistenziale, solo e alla ricerca di se stesso. Una pittura raffinata, di intenso e algido lirismo.
Adolfo Damasio, Khikmat Gulymov, Lia Laterza, Maria Ausiliatrice Laterza e Alessandro Siviero.
Organizzata dalla Galleria Umbria Arte, con la collaborazione della rivista internazionale “Italia Arte” e curata da Maria Rosaria Lorenzoni, Elisa Bergamino e Guido Folco, la mostra ospita una selezione degli ultimi lavori degli artisti, realizzati con tecniche e materiali diversi, dall’olio a originalissimi lavori in legno e pittura. La grande tradizione della fantasia e della creatività, che da sempre caratterizza gli sperimentalismi novecentisti, si riflette anche nelle elaborazioni degli autori contemporanei, tra ricerca dei valori universali e intimismo spirituale, tra metafora dell’esistenza e simbolismo, tra metafisica e realtà.
Differenti per linguaggio e stile, gli artisti presentati testimoniano, ognuno a modo suo, una visione del mondo e dell’uomo legata al disincanto o al sogno.
Adolfo Damasio riflette sulla visionarietà della speranza con una pittura che diventa simbolo di libertà, oltre i confini tradizionali del tempo e dello spazio, sguardo metafisico e inatteso sulla realtà e sull’interiorità dell’anima, sorprendente e, a volte, gioiosamente ludica. Come in una vetrata gotica o come per il linguaggio iconico, l’immagine è passaggio dall’umano al divino, è porta immaginaria, fantastica e tangibile attraverso cui l’uomo aspira alla purificazione, alla fanciullezza della fantasia pura. Damasio osserva se stesso, indaga nel mondo e nel cuore per ritrovare la strada salvifica dell’immaginazione e della speranza di un universo utopico, ma bramato con ogni stilla di desiderio. La notte diventa “Notte di luna chiara / Dove i sogni volano lenti / Sopra i tetti d’argilla / Come aquiloni colorati / Senza mani che li guidano / Liberi, irrealmente inesistenti” (Adolfo Damasio, “Notte”).
Khikmat Gulyamov è nato nel 1951 in Tashkent (Uzbekistan). Da sempre appassionato studioso dell’arte del passato, tra Classicismo e Rinascimento, Khikmat Gulyamov ha studiato nell'Università di pittura e scultura della sua città, fino ad affrontare in seguito un percorso personale e difficile di confronto e ricerca sulla grande tradizione pittorica europea dal Cinquecento ad oggi. Nella ripresa dei noti ritratti di Rembrandt, degli storici capolavori di Raffaello e Leonardo, l’artista incarna il mito della bellezza, del rinnovamento culturale seguito all’epoca del Medioevo. Nel suo desiderio di riproporre i maestri italiani e stranieri del tempo, Gulyamov assapora la rivoluzione della perfezione, dell’umanizzazione del sacro, calando nel mondo reale i simboli della Chiesa o ripercorrendo il sentimento terreno dei realisti fiamminghi.
Lia Laterza, come scrive Lucio Cabutti: “Ama una varietà di repertorio che accosta esperienze ottiche vissute, simulazioni “scenotecniche” messe in posa o in opera, e allusioni letterarie o musicali: registra sottili sfumature dell’animo e informazioni visive chiare e fresche; e trasmette immagini individualmente circostanziate. Il suo mondo è trasparente, misurato, armonico per natura e per elaborazione”. Lia Laterza – come approfondisce Paolo Levi – “è una contemplativa non di sogni insoddisfatti, ma di realtà memorizzate, senza intimistiche emozioni”. E ancora: “Il suo colore contiene un messaggio di malinconia contenuta e vive di numerosi passaggi tonali. I nudi, le ballerine, i fiori secchi, le maschere sorgono dall’impenetrabile labirinto del suo inconscio, somma delle emozioni passate e presenti, che si trasformano in forma e colore”. L’arte di Lia Laterza è soprattutto metafora della vita: dolore, inquietudine, rasserenamento, gioia, sentimenti ed emozioni che convivono in armonia o contrasto, come nel cuore di ogni uomo.
Maria Ausiliatrice Laterza costruisce universi su minuscoli palchi tridimensionali, vere e proprie scenografie teatrali tra metafisica e realtà. Simbolicamente orientate e illuminate da fasci di luce o chiarori soffusi, che penetrano queste originalissime pitto-sculture, le storie narrate dall’artista denunciano il dolore quotidiano e l’abbrutimento della società, soprattutto in chiave femminile. Modernissime accuse lanciate al cospetto dell’indifferenza comune di oggi, le ‘scatole luminose’ di Maria Ausiliatrice Laterza ruotano intorno all’universo donna, ne chiariscono le problematiche, ne suggeriscono emozioni, svelando l’anima delle sue protagoniste anonime, senza volto, ombre fluttuanti sul palcoscenico della vita. Il gioco simbolico delle ombre che rincorrono la luce, quasi a volerne soffocare la speranza, riflette il malessere dilagante e quasi incontenibile della società di oggi, come sospesa tra inquietante realtà e illusoria speranza.
Una linea d’orizzonte sospesa tra realtà e sogno chiarisce subito la cifra artistica di Alessandro Siviero: non tutto ciò che appare è verità, spesso è utopia, desiderio di libertà e di purificazione, immagine dell’interiorità proiettata nel mondo come una intangibile presenza incorporea. Il linguaggio metafisico di Siviero svuota l’uomo della sua corporeità, come a renderlo puro essere spirituale, icona di una modernità malata, priva di valori, di contenuti. Resta solamente la forma svuotata dell’Io, dell’intima presenza dello spirito, con la sua onirica sacralità. Lo spazio di Siviero, senza riferimenti reali, diventa spazio mentale, immaginato, in cui l’uomo è posto al cospetto della sua tragedia e del suo dramma esistenziale, solo e alla ricerca di se stesso. Una pittura raffinata, di intenso e algido lirismo.
28
marzo 2009
Visioni del sogno
Dal 28 marzo al 13 aprile 2009
arte contemporanea
Location
MUSEO CIVICO ARCHEOLOGICO DI AMELIA
Amelia, Piazza Augusto Vera, 10, (Terni)
Amelia, Piazza Augusto Vera, 10, (Terni)
Orario di apertura
28 e 29 marzo 10.30-13 15.30-18 dal 1 Aprile 10.30-13 16-19 lunedì chiuso
Vernissage
28 Marzo 2009, ore 18
Sito web
www.galleriaumbriaarte.it
Autore
Curatore