L’Orientalismo ottocentesco ormai svuotato della sua meraviglia per l’inflazione dei viaggi, per la cascata delle foto e delle bombe e per l’atomizzazione televisiva, ora è solo un riflesso. Un riflesso di feluche sul Nilo, di seppiate piramidi, di metafisiche palme tra le dune, di convulsi caos di donne velate e di radici di mercanti nei suk. Struggente nostalgia.
Oggi chi vuole ricordare quel periodo e restituirne almeno l’ombra, deve frugare nelle zone non ancora consumate, tra i vuoti.
Magari tra i tagli di luce dei tuguri, tra gli intrighi delle antenne televisive, dei tralicci petroliferi o dell’alta tensione. E nel mio caso, dando poi alle immagini dei colori particolari che non siano frutto della chimica fotografica. Così, qualche volta, l’Orientalismo ripaga, e forse per un attimo l’ombra di quel mondo struggente sguscia fuori dai musei”