In mostra sul “white wall” della Galleria Ashanti i lavori di Marcello Toma, ‘giochi d’ingranaggio’ (o ‘l’ingranaggio che gioca’…as you like).
Soggetto quanto mai insolito e inedito, scelto forse come metafora per la denuncia di un malessere esistenziale? Le interpretazioni possono essere molteplici. Già in passato altri artisti come Piranesi con le sue ‘carceri’ da incubo, e poi Escher con le sue grafiche ossessive, hanno creato immagini per dare forma a qualcosa che, al di là dell’immediatezza, comunicavano disagio e un’ineluttabile angoscia.
Certamente c’è da pensare e riflettere: noi tutti siamo inseriti e preda di ingranaggi da cui tentiamo di evadere con il sogno e la fantasia. E’ la vita l’ingranaggio che con i suoi accadimenti ci condiziona: come non ricordare chi lo seppe rappresentare con efficacia, Charlot nel film “Tempi moderni”, dove l’omino finisce inghiottito nell’ingranaggio, un vero Moloch disumano.
Il nostro artista ama colorare in vario modo queste strutture alienanti: cerca forse con il colore di darne un’immagine meno sinistra? Questi suoi lavori ‘colorati’ diventano una sorta di imaginerie, queste cromie soffuse sono come un barlume di speranza. Sapremo sfuggire all’ineluttabile e, padroni del nostro destino, sconfiggere l’ingranaggio? Ma al di là di queste considerazioni di puro ordine concettuale, dobbiamo aggiungere che i quadri di Marcello Toma sono realizzati con estrema, elegante perizia, qualità propria di una vera pittura, e se la scelta del soggetto può suscitare perplessità, non altrettanto si può dire della loro ottima esecuzione.
critica a cura di Angela Noya

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Marcello Toma www.marcellotoma.it