27 gennaio 2025

Ecco 3 nuovi finalisti di exibart prize N5!

di

Josefina Ayllón, Luisa Turuani, Martina Antonioni.

ecco i tre nuovi finalisti di exibart prize N5

Josefina Ayllón

Le mie opere sono il risultato della lotta permanente tra un ritratto non reale e la fisicità stessa della materia pittorica. Non sono interessata ad usare sotterfugi come la prospettiva o il chiaroscuro, per rappresentare la realtà. È la realtà stessa del dipinto, come oggetto bidimensionale, che mi interessa.
Il colore, la testura, il gesto, sono gli elementi fondamentali del mio lavoro.
Utilizzo principalmente l’impasto in modo da lasciare evidente il mio segno. Sono profondamente attratta da quei quadri dove la presenza dell’artista è tangibile. Sono affascinata da come un pugno di pittura su di una tela possa generare qualcosa di cosi intenso.
Voglio pensare alla mia opera come un insieme di dipinti e disegni che acquistano senso se guardati uno accanto all’altro, piuttosto che singolarmente. Come un universo unico e particolare dove ogni singolo dipinto trova il suo posto.
Come tutti i pittori non scelgo né il soggetto né lo stile. Potrei dipingere qualsiasi cosa, ma alla fine mi ritrovo sempre a dipingere un ritratto. Ho sempre trovato più affascinante un naso prominente di un vaso con dei fiori.

Josefina Ayllón

Luisa Turuani

Artista multidisciplinare, Luisa Turuani studia le dinamiche di potere in modo da scoprirne potenzialità e debolezze. In particolare il suo interesse si focalizza sul punto oltre il quale una situazione si trasforma nel suo opposto; tra queste: il confine tra amore e violenza, fallimento e successo, visibilità e invisibilità, eterno e temporaneo, realtà e finzione, individuo e collettività. Con l’intenzione di sollevare domande invece che dare risposte, la sua ironica pratica offre un modo poetico per affrontare le paure e le ossessioni che caratterizzano la nostra epoca.

Luisa Turuani

Martina Antonioni

Sono mutuate dalle parole della poetessa statunitense Adrienne Rich, quelle che Martina Antonioni usa per descrivere se stessa: “sono uno strumento a forma di donna che cerca di tradurre le pulsazioni in immagini per il sollievo del corpo e la ricostruzione della mente”.
Traduce, senza strategie di carattere estetico o gerarchie, l’indefinita imperfezione che caratterizza la vita, portandoci in una surrealtà astratta, onirica, ma contemporaneamente ordinaria e concreta.
Si rivolge principalmente al suo interno poetico, ai suoi lati più protetti. Diventa mentore delle sue stesse intimità per partorirle in un mondo quasi acquatico e sommerso. Per portarle ad un livello solo parzialmente visibile ad occhio nudo. Poiché, come avviene per la poesia pittorica di cui l’autrice è portavoce, il suo prodotto rimane comunque aerostatico e fortunatamente immateriale.
Movimenti diluiti e sottili tracciano la nudità dell’essenza, abbandonano ogni tratto corporeo. Cedono all’assenza di schemi, cadono vivi e spogli sulla tela. Immaginario e reale, linea e colore si incontrano, accogliendo l’una nello spazio incompiuto dell’altro, in un’infinita trama in divenire.

Martina Antonioni

 

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