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exibart prize incontra Paolo Manfredi
exibart.prize
di redazione
Come hai scoperto la tua passione per l’arte? Ci sono stati momenti o persone particolari che hanno influenzato il tuo percorso?
La mia passione per l’arte è sorta spontaneamente, non ricordo un episodio specifico in merito. Sicuramente il primo approccio è stata la street art a cui mi sono avvicinato in tenera età, l’ultimo anno di medie ed i primi anni delle scuole superiori. In seguito, ho frequentato la scuola d’arte avvicinandomi così alla scultura. Anche la musica e la poesia hanno sempre occupato un posto di rilievo nel mio percorso artistico. Un periodo significativo è stato quello passato in Accademia a Brera, ricco di stimoli ed incontri importanti.
Ci sono temi o concetti ricorrenti che esplori attraverso la tua arte? Cosa ti ispira maggiormente?
La mia ricerca artistica è molto eterogenea sicuramente le tematiche di fondo possono essere, quotidianità, la casualità legata ad una ricerca formale tecnica che si manifesta tramite diverse tecniche espressive, come disegno, scultura, incisione….. Anche il corpo umano è un tema ricorrente.
Come pensi che il contesto culturale e sociale in cui vivi influenzi il tuo lavoro artistico?
Penso che il contesto in cui si vive, in generale influenzi molto il modo di percepire la realtà, nel mio caso è sicuramente un bacino di stimoli, una fonte di tematiche su cui riflettere e rielaborare. Cardo che ogni realtà socio-culturale, si possa leggere a più livelli percettivi legati alla propria sensibilità e curiosità. Vedo il lavoro dell’artista come una ricerca infinita atta ad indagare le faccettature della realtà finita.
Puoi raccontarci di un progetto o di un’opera a cui tieni particolarmente e spiegarci il motivo?
Un’opera che ritengo importante come punto di riferimento, all’interno del mio percorso artistico, è un’istallazione dal titolo” Ipotesi di Forma Operante”. Questo lavoro si regge su ina ricerca teorica molto strutturata, che passa dall’uso del linguaggio come codice da decifrare.
A livello formale si compone di tre elementi una tela appesa al muro con dipinta una frase in codice Morse, accanto a questa un registratore con delle cuffie ed a terra posta a circa un metro di distanza una striscia di carta adesiva gialla. Lo spettatore quindi puo’ porsi in due atteggiamenti, rimanere oltre la linea gialla in contemplazione di questi elementi, o superarla ed andare ad ascoltare dalle cuffie il messaggio registrato (che gira in loop), il quale svela il messaggio del codice Morse. “please stay behind the Yellow line”
In che modo l’interazione con il pubblico influisce sulla tua pratica artistica? Ti capita di modificare il tuo lavoro in risposta ai feedback che ricevi?
In questo momento particolare non sto operando su lavori interattivi, performativi o istallativi che coinvolgono in maniera partecipativa il pubblico, per quanto anche esporre un quadro o una scultura comunque coinvolgono modificando l’ambiente, e sicuramente attirando l’attenzione dello spettatore. Ma ho realizzato diversi lavori in cui le reazioni o le opinioni a volte anche scritte, del pubblico erano parte stessa dell’opera. In generale se vedo qualcosa che non ha funzionato, posso anche rimettere in discussione il lavoro.
Cosa pensi della commercializzazione dell’arte contemporanea? Pensi che possa compromettere l’integrità dell’opera o la sua funzione critica?
In generale credo che stiamo vivendo e da molti decenni nell’era della commercializzazione più assoluta, tutto può essere venduto e anche le cose più futili possono essere fonte di guadagno. In un clima del genere penso che convivano tante realtà, in oltre il massiccio bombardamento mediatico a scopo di vendita, non facilita il discernere la qualità dell’integrità critica di un’opera. Credo che l’arte se mossa da “sincerità” Intellettuale od emotiva, possa comunque farsi strada in questo mondo di lustrini.
