10 ottobre 2012

Londra, la regina

 
Una settimana di fuoco tra inaugurazioni, eventi e una fiera che resta una delle manifestazioni più trendy del lato occidentale dell'arte. Stiamo parlando di Frieze ovviamente, che debutta ufficialmente domani a Londra. Con 175 gallerie provenienti da tutto il mondo e il supporto delle istituzioni culturali di un'intera città. L'edizione che determinerà la fine della crisi?

di

A giudicare dalle aspettative che pervadono questa edizione di Frieze Londra, dovute probabilmente anche ad una serie di appuntamenti collaterali, come le “Italian Sale” di Sotheby’s e le aste dedicate al contemporaneo di Christie’s, verrebbe da dire che si tratta della kermesse che spazzerà via i connotati della crisi. È in effetti un gioco al rialzo quello che sta mettendo in atto Londra, in occasione della sua fiera d’arte.
Ieri vi avevamo anticipato anche gli opening di una serie di gallerie della città, compresa la Tate Modern, che hanno messo a punto esposizioni da capogiro e che, soprattutto, in qualche caso indicano una tendenza, come nel caso di un ritorno alla pittura con i campioni inglesi del genere, con Luc Tuymans, Peter Doig e Chris Ofili, in gallerie come Michael Werner o David Zwirner.
Ma il programma, in tutta la città, è ricchissimo. E in fiera? Certo, i nomi ci sono tutti. Sono 175 le gallerie chiamate ad esporre i propri highlights, a Regent’s Park. E al migliore stand, domani, verranno consegnate 10mila sterline, in occasione del Premio per l’allestimento più bello.

I nomi? Tanti soliti noti, da Yvonne Lamber a Lisson Gallery, da Murray Guy a Pace, da White Cube a Victoria Miro, da Andrea Rosen fino a Chantal Crousel. Ovviamente non poteva mancare la Third Line di Dubai, ormai diventata a tutti gli effetti la roccaforte dell’Occidente artistico negli Emirati Arabi. Quello che insomma sembra dirci il polso della situazione, a poche ore dal via ufficiale, è il racconto di una fiera ricca ma non particolarmente aperta, che gioca quasi esclusivamente in casa, con i diretti attori anglofoni o con chi di inglese e mercato occidentale mastica: Stati Uniti, Francia e poca, pochissima Italia. E in effetti le partecipazioni italiane non sono poi così numerose, anzi. Soprattutto se si escludono i più giovani della T293, restano come colleghi una serie di gallerie assolutamente consolidate: Raucci/ Santamaria di Napoli, Massimo De Carlo e Giò Marconi da Milano, la torinese Franco Noero e Lorcan O’Neill, da Roma. I giochi sono finiti. Forse, anziché per il Regno Unito, questa è la fiera della crisi italiana, che si sente come non mai negli “spostamenti” dal proprio Paese su determinate destinazioni che forse hanno prezzi e concorrenti troppo elevati per un’entrata in scena che non sia in sordina.
Ma se più che la fiera, ad ogni modo abbastanza simile a se stessa per l’offerta sempre elevata, sembrano fare gola ai visitatori tutti gli eventi “off”, a Frieze ci sono comunque un paio di novità piuttosto interessanti. La prima è data dalla sezione “Frames”, dedicata alle gallerie nate da meno di sei anni. In questo caso c’è da rilevare un’altra presenza italiana, quella della Galleria Fonti di Napoli, che porterà a Londra opere di Daniel Knorr, Fabian Marti e Giulia Piscitelli.

La seconda news è “Frieze Masters”, dove diverse gallerie sono state invitate ad esporre una serie di pezzi storici accanto a lavori di artisti più giovani, che ai Maestri hanno fatto riferimento, in una sorta di doppio dialogo nato sulla scia del Tefaf, la fiera di Maastricht che mischia antico e moderno, con pochissimo contemporaneo. A Frieze invece il contemporaneo c’è, dunque perché lasciarsi scappare l’occasione, laterale, di vedere una serie di pezzi che vanno dai secoli prima di Cristo al XX secolo? Ci sono tre Gargoyles allo stand di Sam Fogg; Picasso da Acquavella e antiche maschere tribali allo stand di Donald Ellis Gallery, di New York; da Bacarelli Botticelli, Firenze, invece, un allestimento che è stato premiato come il migliore, che mette su casse da imballaggio di design una serie di pezzi medioevali e rinascimentali.
Una nuova area espositiva, progettata da Annabelle Selldorf, dove tutti gli spazi hanno la stessa pavimentazione e le pareti sono dipinte con cinque tonalità di bianco o grigio. Per creare una visione che non faccia completamente capo con il contemporaneo impazzito, ma che resti sulla scia di una contemplazione quasi museale. Victoria Siddall, direttrice della sezione, afferma che “Frieze Masters” «sarà in grado di arricchire l’esperienza percettiva dell’arte contemporanea nei visitatori, grazie appunto alla capacità di svelare le principali influenze che una serie di artisti hanno avuto da altri artisti molto più storicizzati».

Anche questa, però, in fondo è una fiera, non solo un passaggio poetico sulle ispirazioni. Manca tutta una sezione dedicata all’arte dopo il 2000, ma per quello c’è la vecchia Frieze. E l’intera città di Londra là, fuori dai Padiglioni.
Compresa in quella sezione che è lo “Sculpture Park”, a tre minuti a piedi dagli stand di Frieze, quest’anno affidato alla cura di Chiara Lilley, dove hanno trovato casa nuove opere sia di autori affermati che di artisti emergenti rappresentati dagli espositori in fiera. Volete qualche nome? Hemali Bhuta insieme a Yayoi Kusama, Jean-Luc Moulène e David Nash, Damián Ortega, Anri Sala, Thomas Scheibitz e Maria Zahle. Un altro ottimo motivo per fare una passeggiata a Londra e magari incappare nella mostra del’italiano più famoso del mondo: Maurizio Cattelan e I suoi vecchi lavori, appartenenti alla collezione Sandretto Re Rebaudengo, esposti alla Whitechapel.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui