22 giugno 2023

La menzogna necessaria delle fotografie di Luca Santese: la mostra a Berlino

di

In occasione della sua personale a Berlino, il fotografo Luca Santese ci svela la bellezza che può nascondersi dietro l'errore, in dialogo con Goethe, Man Ray e Lázló Moholy-Nagy

Santese

Presso l’art hub Jergon, nel quartiere Kreuzberg di Berlino, è visitabile l’intensa mostra “Mütter”, una retrospettiva dei primi 15 anni di carriera del fotografo Luca Santese. Come leggiamo dal comunicato stampa dell’evento «Le opere esposte toccano i momenti fondamentali della sua ricerca artistica che, fin dall’inizio, si configura come una interrogazione radicale del rapporto tra immagine fotografica e realtà».

In occasione di questa esposizione, Luca Santese ci ha raccontato di come, insieme al curatore Nicola Patruno, abbia «Provato a costruire una mostra che mettesse in evidenza il percorso che mi ha portato in 15 anni di ricerca dalla fotografia documentaria alla sua apparente negazione. La fotografia mente sempre, anche quando rappresenta la realtà e ci vuole convincere della sua realtà. Una menzogna necessaria, se compresa, a svelare che ciò che è rappresentato come reale è esso stesso frutto di una interpretazione, dove innumerevoli elementi invisibili concorrono ad illuderci di comprendere tutto ciò che consideriamo concreto, finito, reale appunto».

È proprio questo il punto di partenza del lavoro dal titolo Found Photos in Detroit, pubblicato nel 2012 assieme ad Arianna Arcara, con la quale Santese ha co-fondato il fortunato collettivo Cesura. Le opere che compongono questa splendida mostra sono infatti dei veri e propri documenti d’archivio che il tempo e gli agenti atmosferici hanno alterato, mostrando nuovi caratteri celati e solo in apparenza allontanando dalla realtà i soggetti ritratti. L’opera del tempo, al contrario, assieme all’intervento artistico degli autori, permette il disvelarsi di nuove verità, altrimenti nascoste, di ogni singolo documento. Found Photos in Detroit si configura dunque come una vera e propria archeologia dell’immagine documentale, un’operazione artistica che scardina il limitato carattere imitativo dell’immagine fotografica, nobilitandola e aprendo così la possibilità di un suo uso autenticamente artistico.

Luca Santese, Festa, Persona, 2019, 60×45 cm

Nicola Patruno ci ha inoltre spiegato che «Il percorso curatoriale prende le mosse dal rifiuto di una fotografia che sia ridotta al suo carattere meramente mimetico, meccanicamente riproduttivo, della realtà, nemmeno quando si tratta di fotografia documentale. Questa condizione, inoltre, conferisce alle opere la potenza necessaria per permettere allo spettatore di interrogare la propria visione ordinaria del mondo. Le opere di Santese ci svelano l’inganno dell’immagine artistica, ma anche la sua assoluta necessità». La personale del fotografo è infatti «Scandita dalle fasi ben riconoscibili del suo percorso di ricerca. Come in un tempo ciclico, ma mai uguale a sé stesso, l’artista si muove rivolgendosi verso soggetti diversi, ma costantemente creando immagini che ne mettano in discussione l’apparire ordinario».

Tra le opere in mostra spicca la serie intitolata Sado dove l’artista si interroga attorno all’ordinarietà del corpo umano, mostrato in situazioni limite, raggiunte attraverso il dolore fisico e la costrizione, il corpo mostra quei contorni che nel quotidiano devono essere necessariamente repressi. Il ciclo di Festa, invece, costituisce un punto di mediazione tra interiorità ed esteriorità. La presenza, in questa serie, di archetipi diventa sempre più esplicita e sospinge lo spettatore ad avviarsi quel mondo delle Madri, che dà il titolo all’intera mostra. «È il mondo delle forme, di tutte le forme possibili, un modo iperuranico, troppo luminoso per accedervi senza mediazione, senza protezione, senza una guida. Sono le forme onnipotenti, da cui ogni cosa del mondo scaturisce, dove neppure un Dio può condurre, come insegna il Faust di Goethe», recita il testo critico della mostra che riporta in apertura proprio i versi del dramma del filosofo e letterato tedesco.

L’indagine di Errors è costituita invece da una serie di opere prodotte a partire dallo studio di un errore nella fase digitale di produzione dell’immagine. La rielaborazione artistica dell’errore fotografico ha una tradizione centennale e costituisce un fiume carsico della ricerca fotografica almeno a partire dagli artisti Lázló Moholy-Nagy e Man Ray.  «L’errore tecnico è un elemento fondamentale in fotografia per rigenerarne i linguaggi espressivi. Man Ray come Lázló Moholy-Nagy sono maestri precursori di questo atteggiamento verso l’errore, verso una sperimentazione tecnica spregiudicata e necessaria all’uscita dalle regole della rappresentazione fotografica ma contemporaneamente capace di generarne di nuove» ci spiega Santese.

Luca Santese, Festa Vanessa, Io, 2019, 60×45 cm

«Come nell’evoluzione biologica, errore di copiatura e selezione sono alla base del cambiamento e dello sviluppo, dando vita a nuove forme: in biologia nascono nuove forme di vita e nuove specie, nell’arte di Santese nuove forme creatrici, nuovi archetipi, nuovi miti. Ogni passaggio di fase è dunque una evoluzione, un movimento che richiede l’elaborazione di un nuovo linguaggio, rivoltandosi contro le forme espressive cristallizzate e divenute sterili. Solo così ci si può immergere, con Faust, nel regno delle Madri: le forme precedenti implodono, generando un nuovo kaos che viene poi ordinato in nuove forme, in un nuovo kosmos, con nuove leggi interne, di cui l’autore prende atto e libera, concretizzandole in nuove opere», spiega Patruno.

“Mütter”, che sarà visibile fino al prossimo 2 luglio, non è solo la sintesi dell’attività sperimentale degli ultimi 15 anni di uno dei fotografi più promettenti in circolazione, ma anche l’inizio del suo nuovo personale percorso.

Luca Santese: biografia

Luca Santese (Milano,1985) è un artista, fotografo e curatore italiano. Ha studiato presso l’Istituto Statale d’Arte di Monza e l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. In contemporanea agli studi accademici lavora come assistente nel laboratorio di stampa di Alex Majoli e nel 2008 fonda il collettivo Cesura. Nel 2010 è stato selezionato dal premio World Press Photo con il progetto Detroit 2009-2010 e nello stesso anno ha esposto per la priva volta il progetto Found Photos in Detroit al Le Bal Space di Parigi a cui sono seguite le esposizioni al Kulturhuset di Stoccolma, alle OGR di Torino e al MoCP di Chicago e numerose successive esposizioni internazionali. Nel 2011 ha pubblicato con Arianna Arcara il libro Found Photos in Detroit che ha collezionato sette nomination come miglior libro fotografico dell’anno ed è stato selezionato da Martin Parr e Garry Badger per la collana Photobook: A History Vol III.

L’esperienza curatoriale di Found Photos in Detroit è proseguita nel progetto Italy&Italy, un libro che raccoglie una selezione di immagini della riviera romagnola degli anni 90 e nel 2019 è chiamato a curare la mostra Immaginario, una selezione di immagini originali d’archivio del Touring Club Italiano la quale viene esposta presso Palazzo Lombardia a Milano. Oggi il lavoro di Santese è concentrato sulla produzione di fotografia di ricerca. Continua ad occuparsi di fotografia documentaria sperimentale con il progetto Realpolitik (2018-2023) e il libro Il Corpo del Capitano: una ricerca sperimentale incentrata sui linguaggi di propaganda politica di Matteo Salvini, leader politico italiano.


Luca Santese, SADO, Slave during a BDSM session, 2008, 60×90 cm

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui