19 febbraio 2020

exibart.talks: intervista a Martoz

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Martoz si racconta nell'intervista per exibart.talks, con un'anteprima del suo prossimo lavoro "Terranera", edito da Feltrinelli Comics

Un'immagine da "Terranera", l'ultimo lavoro di Martoz e Lorenzo Palloni, edito da Feltrinelli, che uscirà quest'anno

exibart.talks presenta la nuova rubrica dedicata al mondo dell’illustrazione e del fumetto italiano. Ogni settimana sul nostro sito, un’intervista esclusiva. L’appuntamento di oggi è con Martoz.

Martoz, foto di Ioan Pilat
Martoz, foto di Ioan Pilat

Ciao Alessandro. Per prima cosa: com’è iniziato il tuo percorso come illustratore?

«Ciao! Come molti colleghi, ho iniziato muovendo i primi passi nell’autoproduzione, subito dopo l’università, e nell’autoedizione, cioè fare tutto da soli. Dopodiché: viaggiare. I primi tempi non facevo particolare affidamento a internet per capire il mondo. Toccare con mano era l’unico modo di capire i meccanismi di questa professione. I festival di fumetto e di illustrazione erano i luoghi perfetti per conoscere, capire e condividere. Dato che i disegnator* passano giorni interi alla scrivania, le fughe in giro per l’Italia (o per il mondo), benché professionali, sono viste come una specie di vacanza. Negli anni ho avuto il piacere di collaborare con tante etichette indipendenti, molte persone conosciute in quella fase primordiale sono diventate i grandi amici di oggi. Sono stato testimone di un periodo di rinascita e cambiamento, ho visto la prima edizione di molti nuovi festival, sia underground (il Ratata di Macerata o l’Afa di Milano) che mainstream (l’ARF di Roma). Ho visto i grandi festival iniziare a dialogare con il fenomeno dell’auto produzione. Ho visto una serie di mutamenti che, ancora in corso, stanno facendo bene a questo settore. Sono quasi dieci anni che vivo in prima persona questo momento storico.»

Che cosa ti ispira nei tuoi lavori?

«Non ho una fucina delle idee. Di solito, mi danno ispirazione le attività slegate dal disegno. Può capitarmi di riflettere leggendo libri o vedendo un film. Tuttavia, le vere idee le ho avute mentre facevo altro. Ci sono due situazioni che trovo particolarmente stimolanti: il moto e il disagio. Il mio cervello si attiva quando il mio corpo è sotto sforzo o quando la mia psiche affronta situazioni spiacevoli. Non parlo di grandi tragedie, può bastare che io mi metta alla prova con qualcosa che non mi piace per trarre sudati benefici. In definitiva, credo che questo atteggiamento faccia parte di un universale bisogno di andare oltre se stessi. Cose di questo genere accendono il mio “lato artistico”. Si tratta, alle volte, di scelte discutibili. Quelle apparentemente illogiche. Ad esempio, scegliere la maniera più complicata di fare una cosa semplice è un’efficace stimolo alla creatività. C’è un fascino misterioso nell’agire scioccamente e serve una certa dose di coraggio.»

Da un punto di vista tecnico, qual è il processo di realizzazione dei tuoi lavori?

«Il metodo cambia lievemente in base al tipo di lavoro in questione. Disegnare un fumetto o una locandina, ad esempio, non sono la stessa cosa. Di base, però, disegno su carta per poi “confezionare” il tutto col computer. Utilizzo strumenti grafici semplici e mixati tra loro, come penne, matite o pennarelli su una carta abbastanza povera. Quasi sempre quella splendente per le fotocopie. Lo strumento basilare mi stupisce sempre per la sua capacità di portare comunque l’anima dentro un disegno. Non mi sono mai piaciute le tecniche troppo raffinate o complesse, come possono essere la pittura o l’incisione. Ho bisogno di velocità, di una tecnica più diretta. Disegno in maniera abbastanza impaziente. Non mi piace fare bozzetti preparatori, adoro invece la spontaneità. Un disegno ripetuto due volte diventa frigido, perde la sua energia vitale. Certe volte è una bruttissima gatta da pelare. L’unico caso in cui cambio completamente tecnica, pur mantenendo il mio stile, è la pittura murale. mi piace molto dipingere i muri, ne ho fatti parecchi. In quel caso, che comprende anche una buona dose del già citato “moto”, dipingo con i pennelli. Non arrivo mai a dimensioni mastodontiche perché, anche nei murales, prediligo il gesto. La pennellata dev’essere a portata del mio braccio. Ecco perché la massima dimensione che ho raggiunto finora è 9/10 metri. per andare oltre dovrei introdurre un calcolo, una progettazione geometrica, che soffocherebbe l’irruenza e la sincerità del segno.»

Quest’anno uscirà il tuo nuovo libro, “Terranera” edito da Feltrinelli. La storia racconta la vicenda di tre giovanissimi immigrati costretti dalla mafia a prendere parte a una serie di incendi dolosi in discariche in giro per l’Italia. Come e perché è nata l’idea di raccontare questa storia?

«È un fumetto in collaborazione con Lorenzo Palloni, che ha sceneggiato il fumetto. questa è la nostra seconda collaborazione dopo il fortunato “Instantly Elsewhere”, Shockdom edizioni. Il perché è interessante, ma prima mi concentro sul come. Tempo fa, Lorenzo fu colpito dalle notizie riguardanti una serie preoccupante di incendi in discarica. In un periodo breve, ne furono bruciate parecchie. Questa coincidenza lo incuriosì e stimolò la sua creatività portandolo a immaginare una storia dietro questi incendi sospetti. Anche io mi stavo informando al riguardo, perciò sposai subito la sua idea. Nello stesso, recente, periodo venne pubblicata sul web una mappa a cura di Claudia Mannino (Federazione dei Verdi) che raccoglieva tutti gli incendi e che accese ancora di più il nostro interesse. È un fenomeno davvero curioso ed inquietante, capace di accendere il lato complottista dentro ognuno di noi. Solamente che, in questo caso, a pensar male… temo si indovini. Arrivo al perché. Negli ultimi anni i miei lavori si sono fatti meno eterei, sempre più intrisi di realtà. La fantasia rimane all’apice della mia religione personale, quindi la sua indipendenza. Tuttavia, col passare del tempo ho sentito sempre più forte la necessità di dialogare con la realtà, realizzando fumetti “impegnati”. Cerco di informarmi e cogliere le occasioni per affrontare le tematiche che mi stanno a cuore. Credo che Terranera vada in quella direzione. È un fumetto nato al tempo del “Salvinismo” imperante, quando l’esplosione del razzismo ci aveva colpito tutti. L’affresco dell’Italia restituito da Terranera è spietato, ma credo che sia distopico solo fino a un certo punto.»

Una piccola anteprima di “Terranera”, l’ultimo lavoro di Martoz e Lorenzo Palloni, edito da Feltrinelli, che uscirà quest’anno:

Negli ultimi tempi hai anche collaborato con numerose testate, tra cui Internazionale, La Stampa, Jacobin Italia, sei uno degli artisti che ha preso parte alla mostra Fumetti nei Musei. Altri progetti per il futuro?

«Negli ultimi due anni (anzi, sarebbe più appropriato dire “due fumetti”) ho portato avanti una scelta professionale molto forte. Ho messo da parte la mia anima artistico-autoriale per abbracciare una serie di progetti in cui mettevo da parte il mio ego. Mi è servito per crescere e riflettere, per riprendere fiato. Anche per distaccarmi dalla figura di “autore di fumetti” che si è delineata negli ultimi anni. È stata anche una questione di umiltà. Ho voluto concentrare i miei sforzi su qualcosa di più artigianale, rinnegando la celebrazione di me stesso. Inoltre, trovavo poco stimolante fare solo “quello che mi pareva”, come autore unico di un romanzo grafico. Volevo sentirmi più professionista e meno artista. Sia chiaro, ho continuato comunque a dire la mia attraverso piccole storie a fumetti e illustrazioni. In questi due anni ho diversificato, diciamo, e ho imparato moltissimo. Tutto questo per dire che, per il prossimo futuro, il progetto è di tornare finalmente a lavorare ad un mio libro. Un ritorno al graphic novel. Dovrei iniziare a scriverlo in primavera. Sarà un fumetto inverosimile ma concentrato su una tematica molto forte, quindi anch’esso impegnato. L’ambientazione non è il nostro mondo e i personaggi non saranno persone, posso solo dire che il protagonista è una molecola.»

C’è qualche artista contemporaneo o non, che in qualche modo ha suggestionato il tuo lavoro?

«Il mio stile di disegno è viscerale, direi intuitivo. Non è, dunque, basato unicamente sui miei riferimenti artistici. Come cambio io, cambia il mio modo di disegnare e così cambiano gli artisti che apprezzo. Dovrei fare una lunga lista di illustrator* che mi hanno fatto innamorare. Certe volte, guardando i disegni di qualcuno, sembra di scoprire qualcosa di se stessi. Si trova una misteriosa sintonia, come se più che copiare un artista si potesse scoprire di essere dalla sua parte. ti dico solo un nome: Stanley Spencer, pittore inglese. quando guardo i suoi quadri desidero, dopo la morte, di andare a vivere in un mondo così concepito. Ho conosciuto i suoi lavori al tempo della tesi, quasi per caso. Poi, l’anno scorso, ho fatto una residenza artistica al dipartimento artistico dell’Eton College e ho scoperto che il museo di Spencer era lì vicino. Il vero museo era la sua città natale (in cui il museo è sito, ovviamente). Il primo quadro che conobbi di Spencer è “Swan Upping at Cookham”, era sulla copertina di un libro, ritraeva un ponte molto caratteristico. Ho passeggiato su quel ponte, è stato troppo, gli ho dichiarato amore per sempre.»

Swan Upping at Cookham 1915-9 Sir Stanley Spencer 1891-1959 Presented by the Friends of the Tate Gallery 1962 http://www.tate.org.uk/art/work/T00525
Swan Upping at Cookham 1915-9 Sir Stanley Spencer 1891-1959 Presented by the Friends of the Tate Gallery 1962 http://www.tate.org.uk/art/work/T00525

Giovane illustratore/illustratrice da tenere d’occhio?

«Ce ne sono un sacco! mi piace molto Polina Kalashnikova. Ho avuto modo di conoscerla a Mosca perché si era iscritta ad un mio workshop. In effetti, consiglio in generale di seguire il fantastico panorama attuale dei giovani illustratori russi. Anzi russ*. Evito di fare nomi italiani perché non ho la presunzione di indicare su chi si dovrebbe investire, ci sono tanti giovani forti. Posso solo dire che, tra gli illustratori che mi sembrano più interessanti, sono quasi tutte ragazze.»

Martoz, la biografia

Martoz è  fumettista, illustratore e street artist. ha pubblicato fumetti con Coconino Press, Actes Sud, Dark Horse, Feltrinelli, Canicola, Shockdom e Progetto Stigma. Ha collaborato con Internazionale, Linus, Il Sole 24 Ore, La Stampa, Jacobin Italia, Il Foglio e Associazione Illustri. Ha esposto i suoi lavori in gallerie di tutto il mondo tra cui Tokyo, Parigi, Buenos Aires, Los Angeles e Mosca. Insegna allo IED di Roma e al Mimaster di Milano. Nel 2018 realizza un fumetto per la Galleria Borghese di Roma, nell’ambito del progetto MiBACT/Coconino “Fumetti nei musei”. A fine 2019 vince il Premio Gran Guinigi del Lucca Comics come miglior disegnatore.

Potete continuare a seguire Alessandro qui:
@alemartoz

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