31 maggio 2012

fino al 24.VI.2012 Stefania Galegati Shines Genova, Pinksummer

 
Nella caotica Genova c'è ancora spazio per una (vera) storia d'amore. E per un'installazione. Ecco cosa succede quando in una personale è la parola (scritta) a farla da padrona -

di

Il progetto è tanto semplice quanto affascinante ed efficace: una grande sala, al centro una valigia aperta, tre piccoli disegni alle pareti, una mensola con sopra tre fogli manoscritti da Rosa Matteucci che narrano la storia di due personaggi realmente esistiti, il militare fascista Carlo e l’ebrea russa Ruth, e delle loro vite incrociatesi a Genova, precisamente sulla passeggiata di Nervi, ai tempi della seconda guerra mondiale. E non è tutto qui, perché per alcuni progetti ci vuole spazio, molto spazio. A Stefania Galegati Shines (Bagnacavallo, 1973; vive a Palermo) quattro pareti non bastavano, doveva necessariamente uscire dalla Pinksummer e coinvolgere in modo attivo la città per omaggiare a dovere Carlo e Ruth. Come ha coinvolto Genova? Nel modo forse più spontaneo possibile: pennello e vernice bianca, per riscrivere in terra il testo della Matteucci. Perciò, finché la vernice resiste (tenete conto che è idropittura), passando per i vicoli tra Palazzo Ducale e il Porto Antico vi potrete imbattere nel racconto di due persone capaci di 
Stefania Galegati Shines - Senza Titolo (Per raccontare questa storia bisogna partire da Odessa) - 2012 - installazione con idropittura (testo di Rosa Matteucci) - dimensioni variabili. Courtesy Pinksummer. Photo Francesco Cardarelli

superare ogni limite, celebrate alla perfezione da quello che si presenta come un monumento non troppo invasivo, ma molto pervasivo. E, a differenza di altri monumenti, da leggere camminando: occhi puntati a terra, più si cammina, più il racconto procede, tra ostacoli che non mancano mai (non si è in galleria, qualche intoppo nella fruizione è praticamente inevitabile), ma sempre con quel senso di piacevole estraniazione che solo la lettura sa dare. Con la sorpresa finale di ritrovarsi poeticamente affacciati su quel mare che più volte ha visto partire e tornare i due protagonisti. 

Ma per avere una visione completa sull’intera operazione messa in atto dalla Galegati Shines è necessario passare dall’aria aperta al chiuso della galleria, dove sono conservati il testo autografo della Matteucci (la scrittura manuale non si dimostra sempre comprensibilissima, ovvio, ma è veramente piacevole percepire la gestualità di chi quella storia l’ha scritta) e tre disegni realizzati dall’artista su vari tipi di carte (tutte alimentari e scelte perlopiù per colorazioni, texture o motivi decorativi presenti); tra bambini in colonia e balli sulla nave Leonardo Da Vinci, le immagini appaiono temporalmente allineate al racconto, pur senza avere alcun nesso specifico. E la valigia aperta al centro della sala? Il suo ruolo è quello di contenere un oggetto specifico, un pezzo di legno che ha bisogno di un continuo contatto fisico e non deve mai essere abbandonato a se stesso (chiunque arrivi si può ritrovare a “cullarlo”). È l’elemento più curioso della mostra, quello che non t’aspetteresti mai di trovarti tra le mani; e se vi state chiedendo cosa c’entra col resto, sappiate che un nesso vero e proprio non l’ha e non è neanche necessario che l’abbia. Ma c’è.
andrea rossetti
mostra visitata il 25 maggio 2012

dal 24 maggio al 24 giugno
Stefania Galegati Shines
Pinksummer
Palazzo Ducale – Cortile Maggiore 28r
Piazza Matteotti 9 (16123) Genova
Orari: da martedì a sabato ore 15.00 – 19.30
Info: tel. +39 0102543762 – info@pinksummer.it – www.pinksummer.com

1 commento

  1. Idea che si vuol far voler bene, e poi si vuole anche coinvolgere l’uomo della strada, come criticare, a primo impatto, un’idea di questo tipo?

    Soffermandoci un attimo ci accorgiamo che si tratta di una sottile forma di pornografia del sentimento. Come sbirciare il video porno, in questo caso lo spettatore voyeur segue la storia e i dettagli privati di queste due persone, immancabilmente una ebrea e uno fascista. Come a voler presupporre che esista veramente la diversità idiota che i due hanno dovuto vivere nel loro tempo.

    Il problema è che l’artista non ha consapevolezza di quello che fa e quello che innesca. Munari diceva: saper vedere per saper progettare. In questa vicenda nessuno “sa vedere” (probabilmente anhce gli eredi che hanno dato il benestare) e gli effetti di questo sono intorno a noi ogni giorno.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui