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Ci sono più di 200 fiere d’arte ogni anno nel mondo e somigliano tutte quante a mattatoi. In questo genere di manifestazioni l’arte viene tenuta da parte, rinchiusa in recinti in attesa soltanto di essere macellata e venduta. I processi, il prodotto e i ruoli giocati da ciascun partecipante sono funzionali al mercato, e l’orrore è razionalizzato o nascosto, proprio come accadrebbe in un mattatoio. L’organizzatore di una fiera è parte di una logica di domanda e offerta, nella quale l’arte è solo un bisogno che i collezionisti cercano di soddisfare. I venditori sono come macellai, intrappolati nel loro stand in cerca di visibilità, nella speranza di avere un ritorno economico. L’opera dell’artista è spesso decontestualizzata, nella peggiore delle ipotesi realizzata in funzione della fiera stessa. Il collezionista, incurante dello stress patito da tutti gli altri partecipanti di questo circo infernale, è lì pronto a correre un rischio o fare un investimento. Il mondo dell’arte è ormai schiavo di questo sistema, che sta lentamente cambiando il modo in cui operano le gallerie e lavorano gli artisti. (Giulia Testa)





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