26 ottobre 2017

Graffiti contro l’embargo

 
I musei del Qatar hanno chiesto arte "anti-embargo" su ponti, gallerie e muri in tutto il Paese. La risposta? Immensi graffiti

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Un progetto politico, usando l’arte come gesto dimostrativo. Ecco che cosa è successo in Qatar, il piccolo stato che da  giugno è stato messo all’angolo da Arabia Saudita, Bahrein, Egitto ed Emirati Arabi, che hanno tagliato i legami con il Paese ricco di petrolio, accusandolo di sponsorizzare il terrorismo. E nonostante i funzionari del Qatar abbiano negato le accuse la crisi diplomatica ed economica – che comprende un blocco terrestre, marittimo e aereo – continua.
E come dimostare qualcosa con l’arte? Ci hanno pensato i musei del Paese, tra i più ricchi del mondo, con cinque artisti che hanno dipinto enormi graffiti di protesta sulla facciata della sede della Doha Fire Station, istituzione per le Belle Arti. Le opere sono state presentate il mese scorso come parte delle iniziative d’arte per “Qatar Museums’s 100 Days of Blockade”, iniziativa che mira proprio a “sbloccare” le coscienze. “Gli artisti selezionati ora avranno la possibilità di produrre un murale su un ponte, un tunnel o un muro all’interno del Paese”, dice una dichiarazione stampa del museo Qatar.
In scena ritratti di politici locali, catene spezzate o pugni che attraversano fili spinati, ad opera di Mubarak Al Malik, Assil Diab, Dimitrije Bugarski, Thamer Mesfer e Ali Al Kuwari.
Secondo una dichiarazione stampa: “Il mezzo scelto era il graffito per le sue origini come una forma di attivismo e di espressione di sé, facilmente accessibile e visibile dalla più ampia cittadinanza”. Peccato però che lo stato del Golfo sia noto però per il suo regime ultra-conservatore. 

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