10 giugno 2015

Le colpe della critica

 

di

Thierry de Duve nel 2003 fece un’interessante osservazione: «Ogni cinque anni viene decretata la morte della pittura, per poi annunciarne inevitabilmente la resurrezione». Con questa affermazione de Duve voleva smontare l’assolutismo della critica e sottolinearne la componente soggettiva. Proprio come la storia, la critica non è esente dalla valutazione personale, al contrario è quasi sempre frutto dell’ottica e della visione di chi la fa. 
In passato i critici misero in contrapposizione fotografia e pittura, come se i due supporti fossero rappresentativi di un ordine sociale e psicologico antitetico. Oggi la fotografia e i video, come anche i computer, sono prodotti tecnologici al servizio degli artisti. Sì, come sostenne nel 1981 Douglas Crimp, l’avvento della fotografia spersonalizzò l’arte figurativa, ma questo non fece che agevolare la nascita della pittura moderna. Riflettere sulla fotografia, nel suo essere meccanica e impersonale, ispirò infatti molti artisti innovativi, come Robert Mangold, Mary Heilmann, David Reed o Jack Whitten, dimostrando così che i due supporti non erano in conflitto. Nonostante questo la pittura continua a morire e risorgere, ma le sentenze della critica non possono prevedere il bisogno umano che genera l’atto creativo. (Giulia Testa)

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui