29 agosto 2017

Qual è la migliore opera d’arte dell’estate 2017?

 
Da Sultan Sooud al-Qassemi a Renaud Proch, la seconda puntata dei pareri degli esperti intervistati da Artnet news

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Nell’estate dell’allineamento perfetto di tre “pianeti” must dell’arte contemporanea, la Biennale di Venezia, Documenta a Kassel, lo Skulptur Projekte Münster, ecco il secondo giro di intervistati da Artnet news. La domanda è sempre la stessa: «Qual è la migliore opera d’arte che hai visto quest’estate?». 
Sultan Sooud al-Qassemi, fondatore della Barjieel Art Foundation, ha trovato al MoMA di New York il miglior lavoro della stagione balneare. A suo giudizio, si tratta di un dipinto (in homepage) dell’artista sudanese Ibrahim El Salahi, intitolato The Mosque (1964). Mai esposto negli ultimi cinquant’anni, è tornato alla visione del pubblico in tempi recenti. Quando il MoMA lo ha scelto per protestare contro l’ordine esecutivo firmato da Trump il 27 gennaio scorso, che limitava l’ingresso negli Stati Uniti per i cittadini di vari paesi a maggioranza musulmana.
Charles Aubin, curatore associato di Performa (l’organizzazione newyorkese dedicata al mondo della performance del XX e XXI secolo e al suo ruolo nell’arte visiva), è rimasto colpito dal lavoro The Missing Link dell’artista francese Pélagie Gbaguidi, un’installazione potente quanto complessa esposta a Documenta. Disegni di corpi su lunghi rotoli di carta appesi al soffitto, srotolati fino a lambire o a sovrastare dei banchi di scuola dai piani incartati da una pellicola trasparente. A lasciar intravedere delle foto in bianco e nero di studenti in rivolta nel Sud Africa, come anche degli estratti del “Code Noir”, la legge del XVIII secolo che istituì la schiavitù nelle colonie francesi. 
Se poi per Andrea Glimcher, fondatrice e direttrice dell’Hyphen Art Advisory, la migliore opera d’arte dell’estate è in realtà il posto che preferisce da sempre, The Dan Flavin Art Institute a Bridgehampton, New York, con l’esposizione permanente dei lavori di Dan Flavin, celebre per le sue sculture e installazioni di luci fluorescenti, per Sara Friedlander, direttrice del dipartimento di arte postbellica e contemporanea di Christie’s nella Grande Mela, il colpo di fulmine si è consumato a Venezia. Alla Galleria dell’Accademia dove è in scena la mostra “Philip Guston e i Poeti”. Qui galeotto è stato un piccolo disegno su carta dal titolo Here we are, up in Woodstock thinking of Venice, Rome, Sicily…. «Esattamente un anno fa ho comprato un appezzamento di terra a Woodstock, a pochi minuti da dove Guston si trasferì definitivamente nel 1967 e dove morì nel 1980. Sono rimasta a Venezia – ha dichiarato Sara Friedlander – per una settimana per la Biennale. Ero stanca, spossata. E questo disegno mi ha parlato d’amore, nostalgia di casa. Sono uscita dall’Accademia e, guardando le scintillanti increspature del canale, ho pensato: È ora di tornare a casa».
Carmen Hermo, assistente curatrice al Brooklyn Museum, Elizabeth A. Sackler Center for Feminist Art, è stata invece conquistata quest’estate da La Cena (nell’immagine in alto), la prima opera nella quale ci si imbatte visitando a New York la retrospettiva dell’incisore cubano Belkis Ayón a El Museo del Barrio, con le sue inconfondibili figure ispirate dalla mitologia Abakuá afro-cubana. 
L’artista Alfredo Jaar ha rinvenuto, invece, a Kassel l’opera più sorprendente: Illusions di Grada Kilomba, che fa parte del programma pubblico di Documenta 14 “The Parliament of Bodies: How does it feel to be a problem?”.
Lydia Yee, curatrice capo della Whitechapel Gallery, si è soffermata sull’installazione site specific di luce e tessuti del portoghese Leonor Antunes all’Arsenale di Venezia. L’opera, dal titolo …then we raised the terrain so that I could see out, comprende una serie di “tende” in ottone, corda, pelle, gomma, vetro e sughero che si susseguono in un gioco di trasparenze e opacità.
Anche Udo Kittelmann, direttore della Nationalgalerie Berlin, ha trovato nella città lagunare l’opera migliore dell’estate, anzi quelle migliori. Si tratta, infatti, dei vetri di Ettore Sottsass in mostra alla Fondazione Cini. 
Il giro di pareri si conclude con quello di Renaud Proch, direttore esecutivo dell’Indipendent Curators International. Per lui l’opera migliore dell’estate 2017 è The Theater of Disappearence dell’artista argentino Adriàn Villar Rojas. Se capitate all’Osservatorio nazionale di Atene, alla collina delle ninfe a Thission, vi troverete nella sua giungla di 46mila piante che sono intorno all’edificio. Un progetto che comprende anche 11 sculture nelle grotte della collina.
In homepage: Ibrahim El Salahi, The Mosque (1964). Courtesy of the Museum of Modern Art, New York.

In alto: Belkis Ayón, La cena (Last Supper) (1991), in “NKame: A Retrospective of Cuban Printmaker Belkis Ayón,”, El Museo del Barrio. Collezione del Belkis Ayón Estate.

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