23 settembre 2015

LA LAVAGNA

 
Se il tifo è più forte della libertà d'espressione.
In margine all'affaire Favelli a Cosenza

di Cristina Cobianchi

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Come molti sanno, durante l’estate appena trascorsa, il bravo curatore Alberto Dambruoso invita Flavio Favelli in residenza d’artista a Cosenza. Favelli dipinge un murale in memoria del calciatore Gigi Marulla, morto nei giorni della permanenza dell’artista in città. Una volta finita e consegnata l’opera la popolazione non è soddisfatta e il sindaco (un altro sindaco censore dopo quello di Venezia?) corre ai ripari per rendere il murale più piacevole alla cittadinanza, che non approva che l’opera non sia più esplicita, a loro modo di vedere e addirittura viene chiamato Lucamaleonte, che la modifica completamente.
AlbumArte ha lavorato con Favelli in un’interessante residenza a Istanbul nel 2014, da quella residenza ne è uscita una mostra alla Galata Rum Okulu e un libro da poco presentato al MAXXI.
Anche a Istanbul l’artista avrebbe voluto dipingere un murale, ma il clima della Turchia e del suo governo ci imponeva delle regole che avrebbero limitato la sua libertà di espressione, perciò abbiamo rinunciato.
Il murale originale di Flavio Favelli

Non si può invece immaginare che un’opera, già finita, venga modificata in Italia, un Paese evoluto e democratico. Favelli è uno dei nostri migliori artisti, si è conquistato visibilità e rispetto trovando un suo stile preciso, riflettendo sul suo passato, rivelando la parte più intima di sé. Ha usato metodi coerenti al suo pensiero e alla sua poetica, dritto per la sua strada, anche quando le sue opere potevano non essere capite o non trovare un adeguato consenso. I suoi lavori si riconoscono, sono collegati tra loro, esprimono qualcosa singolarmente e insieme. Favelli è un mondo, un modo di rappresentare i vari aspetti dell’anima umana e soprattutto quello dal quale una particolare anima, la sua, è stata segnata. L’artista collega la sua storia personale alla storia di tutti, passando attraverso simboli e icone pop, dagli oggetti simbolo delle case borghesi ai marchi del gelato degli anni sessanta. Specchi spezzettati e bui che non specchiano più nessuno, in cornici d’epoca, mobili, tappeti, soprammobili e tazzine d’antan scomposti e riassemblati, murales con dipinta la carta delle arance o una scatola di tonno, creano il suo corto circuito con la realtà. Produce cartoline – la cartolina è un oggetto a lui molto caro perché è stato per anni l’unico contatto con suo padre lontano – con l’aereo dell’Itavia della strage di Ustica o aggiunge a un marchio culturale la stella delle Brigate Rosse. A Istanbul su una bottiglietta della Coca Cola ha aggiunto la luna e la stella. Può piacere e non piacere, ma non si può modificare un suo lavoro per fare cosa gradita a chicchessia, neanche a dei tifosi di calcio, neanche a un sindaco che vuole il consenso dei suoi elettori o dei potenti della città; è qualcosa al quale non si vorrebbe mai assistere. 
Favelli e Lucamaleonte
Conoscendo Flavio e il suo amore per il calcio della sua giovinezza, le figurine Panini che raccoglieva nei lunghi inverni nella casa di Bologna, o nella più austera casa dei nonni sull’Appennino, non posso pensare che per lui quell’opera che ritraeva una figurina Panini vuota, non fosse importante, che non ci avesse pensato a lungo. Quel vuoto determinato dall’assenza dell’immagine del calciatore Marulla, sottolineava la sua definitiva assenza alla vita più di mille parole e, comunque, questa era stata la scelta dell’autore. A dicembre a Roma Favelli ha dipinto un murale con i calciatori che avevano giocato in entrambe le squadre della capitale, a ottobre aveva fatto una performance ispirata a un allenamento di pallone. Non è stato perciò un caso che la sua testimonianza di quella residenza fosse un omaggio a quel calciatore, del quale tutti in quei giorni parlavano con nostalgia e che aveva lasciato un vuoto in città, che quella figurina vuota, evocava perfettamente attraverso la poetica dell’autore.
Era un’opera d’arte, non una scritta calcistica e non avrebbero dovuto modificarla in nessun modo. Sarebbe stato meglio allora cancellarla, ma correggere un pensiero, stravolgere un modo di esporre un’idea, come è stato fatto a Cosenza, è un’offesa all’arte e alla libertà di tutti. Noi di AlbumArte, insieme a tutte quelle persone che hanno collaborato al suo progetto con noi e insieme a Vittorio Urbani, curatore del nostro progetto e di altre mostre di Flavio, noi che conosciamo la sua solitaria e delicata ricerca, il suo impegno e la sua lealtà, siamo solidali con Flavio Favelli e difendiamo la sua opera che riteniamo essere stata oltraggiata.
Cristina Cobianchi

2 Commenti

  1. Cara Cristina, il lavoro di Favelli è notevole e delicato, mi chiedo solo se non ci sia stata una dimenticanza nel relazionarsi alla gente, spendere mezzora insieme ai tifosi per parlare dell’idea di assenza. Riuscire in questo, pur mantenendo la specificità del proprio mezzo è importantissimo, sposta pensieri e modifica positivamente realtà difficili. Lo sperimento continuamente anche in territori molto più difficili dell’Italia, e sono certo che un’azione di questo tipo avrebbe giovato all’opera, al senso della residenza e all’arte nella sua veste comunicativa e non autonarrante. Insomma, si sarebbe creata in parte la condizione che tu stessa scrivi: “noi che conosciamo la sua solitaria e delicata ricerca”.
    Ecco, credo che proprio attraverso piccole delicatezze, noi artisti e l’arte, potremmo ri-dialogare attivamente comunicando con un pubblico vero, senza aver bisogno per esempio di inutili forum narranti, autocelebrativi e non comunicanti, che un pò come la politica escludono ogni forma di inclusività.

  2. Caro Angelo, non so se Flavio abbia cercato di far capire il concetto, da solo o aiutato dal curatore, per quel tempo che tu consideri ragionevole. A questo può rispondere solo lui. Penso però che qualcosa sia stato fatto in quella direzione, perché so che dopo alcuni confronti con il pubblico, erano arrivati insieme al compromesso di far scrivere il nome del calciatore sotto l’immagine della figurina, che all’inizio non era previsto dall’artista, per esempio. L’hanno fatto (chi l’ha realizzato però non ha rispettato i caratteri indicati dall’artista che erano quelli che usava la Panini per quelle figurine) forse si pensava che questo sarebbe potuto bastare.

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