17 maggio 2021

Anteprima Scripta Festival, tra giornalismo d’arte e musei da decolonizzare

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Scripta Festival presenta la sua Anteprima, con due appuntamenti nel giardino di Villa Romana, a Firenze: si parlerà di "Arte e giornalismo all'epoca del non-detto" e "Decolonizzare il museo"

Villa Romana, courtesy Davood Madadpoor

Il giornalismo come metodo critico, pratica per mettere a punto il libero pensiero oppure il non detto. E poi, il luogo della conservazione, dell’archivio, della memoria ma anche di un passato oscuro che, però, torna alla luce: il museo e le sue storie di colonialismo. Due filoni, tutt’altro che autonomi, che verranno percorsi in tutte le loro sfumature in occasione di Anteprima Scripta Festival: due gli appuntamenti in programma, nella suggestiva cornice del giardino di Villa Romana, a Firenze, che anticiperanno Scripta Festival.

La rassegna prosegue “Scripta. L’arte a parole”, manifestazione andata in scena dal 2011 al 2016, ideata da Pietro Gaglianò per la Libreria Brac, unica libreria fiorentina specialistica per le arti contemporanee. Dal 2020 il progetto è promosso e organizzato dell’associazione culturale “Scripta. L’arte a parole” fondata dai suoi storici animatori: Pietro Gaglianò, Sascha Sandri Olmo e Monica Zanfini. La prossima edizione si svolgerà a ottobre, alla Palazzina Reale, con il contributo di Fondazione CR Firenze, in collaborazione con Fondazione Architetti Firenze, con diversi appuntamenti in alcune Case del Popolo della periferia fiorentina, in partnership con ARCI Firenze.

Scaturiti a seguito delle riflessioni maturate nel corso di questo ultimo anno, i due incontri in programma per Anteprima Scripta Festival, avranno come protagonisti Matteo Bergamini, Direttore della rivista d’arte contemporanea e cultura visiva exibart, e Giulia Grechi, antropologa e docente universitaria.

Arte e giornalismo all’epoca del non-detto

Il primo appuntamento di Anteprima è per oggi, 18 maggio, alle ore 18.30: Bergamini si confronterà con Alessandro Iachino, giornalista e critico teatrale, sul suo ultimo libro “L’involuzione del pensiero libero. Arte e giornalismo all’epoca del non-detto”, edito da Postmedia. Un volume che analizza il giornalismo come pratica della critica, dalla letteratura al cinema alle arti visive, indagando una serie di opere e di voci che hanno tentato di raccontare il proprio presente in maniera lucida, allontanandosi dai rumori della comunicazione.

«Il giornalismo d’arte, l’ultimo ingranaggio del sistema, situato nel punto più basso e sinistro della piramide della comunicazione ovviamente ha dovuto seguire il carro, perché ai vertici c’è pur sempre il mondo internazionale con le sue “holding culturali”, i capitali intellettuali in senso monetario, sostenuti dalle forze chiave del Globalismo», scrive Bergamini.

«Così se l’arte di scrivere, inteso nel senso giornalistico di comporre vere notizie, è stata messa a tacere, la colpa della scomparsa dell’arte, se ci fosse un processo sommario alle intenzioni, sarebbe da ricercare nella velocità, nel mito del progresso che forgia l’uomo nuovo: una brevità di impulsi a scomparsa immediata ha saturato le nostre esistenze e la creazione, la prima disciplina dell’esistenza che riflette “a guisa di similitudine, metaforizzazione e risoluzione al concetto di figura – il modo in cui la scienza e la cultura dell’epoca vedono la realtà”, come scriveva Umberto Eco in Opera Aperta, sembra essere stata sopraffatta proprio da se stessa. L’arte, velocizzata e accecata dal “tutto esposto” e affogata nella “liquidità”, viene osservata e raccontata passivamente, lontana dal trovare coraggio e forza per de-costruire o mettere in discussione la realtà. Il giornalismo, che ha prestato per tanto tempo il fianco alla critica d’arte, sarebbe oggi quindi l’ultima speranza di raccontare qualche verità, mentre cambia il modo di raccontare le opere».

Decolonizzare il museo

Il 10 giugno, sempre alle 18.30, sarà la volta di Giulia Grechi, con il suo “Decolonizzare il museo”, edito da Mimesis, una disamina del pensiero coloniale sotteso alla nascita del museo, alla sua persistenza nel tempo, anche attraverso l’interiorizzazione nel nostro vivere quotidiano, e al ruolo delle arti contemporanee nel processo di “decolonizzazione” del museo. A discuterne con l’autrice ci sarà Beatrice Falcucci, ricercatrice.

«Il museo è lo specchio colossale in cui l’Europa si è costruita e rappresentata, anche attraverso il riflesso dell’immagine di altre culture: culture esposte mentre se ne costruiva, parallelamente, l’invisibilizzazione», scrive Grechi. «Museo, nazionalismo e colonialismo parlano la stessa lingua. Oggi il colonialismo cambia forme e modalità di espressione, ma la sua potenza non si è ancora esaurita. Sopravvive anche nei musei contemporanei, in particolare nei musei etnografici, e in tanti altri ambiti del vivere sociale, perché oltre la messa a fuoco museale che questo libro propone, la questione riguarda tutto quello che c’è intorno, a perdita d’occhio. Una colonialità eclatante e millimetrica, pubblica e domestica, che abbiamo interiorizzato nel nostro ordinario, e che abbiamo la necessità di comprendere e trasgredire in tutti i luoghi in cui si esprime. Il museo può diventare un luogo cruciale: a partire da un’analisi riflessiva e critica delle sue radici coloniali, può trasformarsi in un vero e proprio laboratorio di pratiche di decolonizzazione. Il libro propone alcune tracce possibili di questo processo, attraverso la rimediazione delle arti contemporanee».

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