04 ottobre 2021

Antonio Barrese 1965-2020: una monografia come narrazione sinestetica

di

Uscito a febbraio 2021, la grande monografia dedicata ad Antonio Barrese restituisce la figura a tutto tondo dell'uomo e dell'artista, nel contesto storico e nella contemporaneità

Figura_Stroboscopica Fotografia “Immagini Sintetiche” 1965 Stampa fotografica 100x100 cm

Ciò che segue, che diremmo una recensione, è anche soprattutto un commento a questa monografia. Questo perché a monte c’è stato un lavoro di approfondimento non solo rispetto ai testi ma anche soprattutto di sincero e aperto confronto con l’artista, di dialogo rispetto all’intento e al ruolo di questo lavoro collettaneo. Un “commento” quindi rispetto alle considerazioni che si sono potute trarre, rispetto ad una monografia eclettica e insolita, che raccoglie la molteplicità delle sue esperienze intrecciate ai diversi suoi ambiti d’intervento, dall’arte al design, dall’editoria alla grafica, dalla didattica alla teoria dal 1965 al 2020.

D’altronde Antonio Barrese è di quella generazione azimutale, munariana e postfuturista da cui hanno avuto origine i nuovi ambiti dell’arte e all’interno della quale, le diverse arti si mescolano e mai si considerano indipendenti tra loro, ma riunite sotto le medesime sensibilità programmate.  Una monografia che ci riflette tutta la complessità dell’agire artistico contemporaneo che potremmo definire, a patto di conoscere l’origine della sua metodologia creativa, una monografia “aperta”. Recuperando qui l’aggettivo nella sua forza significante che ne diede Umberto Eco, in quel saggio premonitore, insieme alla mostra all’Olivetti organizzata da Munari, dell’Arte Programmata, che fu Opera Aperta (1962), un modus operandi dell’artista che definiva la nuova forma dell’opera come non-forma prestabilita entro un confine, ma una forma intesa come variazione figurale continua, dinamica.

Morphology Black, Quadro elettroluminescente, 2019

Appare proprio così questa monografia, capace di farci imbattere nella mente procedurale dell’artista, senza vincoli, senza mediazione formale. Come ne scrive Raffaella Caruso nel suo saggio per l’artista: «La visione del lavoro è sinottica, procede per progetti, forse per associazione di idee, precise assonanze di colore, di luce e di suoni, in una sorta di zibaldone che consente al lettore di soffermarsi su una qualunque sezione per riprendere la lettura in senso bustrofedico». In tutto ciò v’è anche un interessante intervento di layout attraverso cui Barrese restituisce le atmosfere grafiche degli anni Sessanta, dei suoi stessi esordi in 576 pagine interamente in quadricromia.

Electric_Savana_16,Oggetto scintillante, 2008/2017

Secondo un’evoluzione ellittica il passato e il presente non seguono una parabola cronologica, si incontrano dov’è necessario rimarcare che le ricerche erano contenute già tutte nel fervore giovanile. Cosicché ci vengono innanzi i testi dei tre curatori che presentano Barrese, in principio il prologo, quello di Pieter Weibel. Personalità plurima di artista post-concettuale, curatore, docente e teorico della computer art, che introduce lo spirito di Barrese mettendolo nel cerchio di quegli artisti che definisce “agenti provocatori cognitivi”; quello introduttivo alla “figura storica” di Valentino Catricalà, e quello sulla “figura umana” di Stefania Gaudiosi che riesce a restituirci attraverso i suoi “frammenti”, dei fuori-quadro essenziali per ricostruire la personalità dell’artista.

Nel caso dell’opera FlowingRiver_RioAmazonas mai realizzata fuoriesce così il modus operandi, le fasi che solitamente celate preparano la venuta dell’opera, la prima idea, il viaggio, gli incontri, lo studio dei luoghi che mettono in luce le dinamiche e le difficoltà per la realizzazione di opere ambientali, che sembrano poi urgenti questioni strettamente legate al nostro presente attuale contro cui ogni artista “impegnato” oggi deve misurare la sua capacità di concretizzare l’idea rispetto agli ostacoli burocratici, economici, e ideologici. Ma nei “frammenti” intravediamo anche la sua biblioteca, i suoi riferimenti culturali, quelli dove ritorna spesso che sono anche capaci di restituirci la consapevolezza che l’’artista stesso ha del suo ambiente culturale. Tutte chiavi che impreziosiscono e aumentano la capacità d’interpretazione delle sue opere. Seguono poi la sezione dei Saggi Critici con testi di Volker W. Feierabend, Giovanni Anceschi, Raffaella Caruso, Miroslava Hajek e Lucilla Meloni e altri. Tra questi il primo a scrivere è anche fondatore della VAF-Stiftung da sempre l’unica istituzione che realmente ha lavorato per documentare al meglio la stagione artistica dell’Arte Programmata in cui ad alta voce si continua a denunciare la penombra critica e storiografica su quella che fu la vera essenza dell’arte italiana ed europea degli Anni Sessanta sostituita velocemente in una notte del ’64 all’Arsenale di Venezia, dalla Pop Art d’oltreoceano. Importante di pari passo l’ultimo intervento, di Meloni, che con sagacia e autorità critica rivede nell’Albero di Luce di Barrese esposto a Milano in occasione del centenario del Futurismo, il vero grande anello di collegamento non ancora del tutto collegato con il nostro più diretto passato per gli impermanenti strascichi di politicizzazione dell’Avanguardia italiana.

Albero di Luce, installazioine ambientale

La prima sezione delle opere è Continum, sono quelle del XXI Secolo, nate dai riverberi dei primi lavori stroboscopici. È qui che Barrese sviluppa la riflessione sulla continuità rispetto alla poetica dell’Arte Programmata.  Come ne sottolinea anche Anceschi, compagno di una vita, artista del Gruppo T milanese, è proprio l’effetto cinetico rotatorio degli Oggetti Stroboscopici la chiave di lettura fondamentale o meglio ancora diremmo l’elemento minimo delle sue variazioni successive. Da qui si sviluppano le altre opere, come Strobo_Color_RGB, Strobo_Five Large Circles, EGS.O.01 da cui seguono i Quadri Elettroluminescenti, i Generatori d’Interferenza, i Generatori Traccianti, i Generatori d’Ombre che conducendoci nel cuore della Monografia, riscoprono gli esordi con la sezione dedicata al Gruppo MID – Mutamento, Immagine, Dimensione.  Qui si incede il discorso sulle Opere Dialogiche, sottolineandone così la più cruda e profonda validità artistica. Gli oggetti del MID visti alla luce dei lavori attuali di Barrese risultano colmare lo spazio tra l’Arte Programmata e l’Arte Digitale.

Tracing Box 70, Generatore tracciante 2007

Dai documenti fotografici e testuali ivi contenuti possiamo ritrovare i riverberi di quella pittura nuova praticata da Fontana attraverso neon e fluorescenza, che rintocca nei lampeggiatori a fluorescenza in cui lo “spazio” dell’opera non è solo più coincidente con lo spazio reale, ma è determinabile dall’opera stessa che è ora capace di riconfigurarlo sopra quello reale. Pensate a quello che ne verrà dopo dal Mapping Architetturale all’esperienze ologrammatiche capaci di “dipingere” sullo spazio concreto.

Seguono infine i rivoli creativi del Barrese nel Design, dalla comunicazione aziendale, all’editoria, ai Compassi d’oro che potremmo definire come uno sguardo nella “bottega” dell’artista, la sua produzione contingente al reale, un’attività di mediazione in cui il carattere programmatico originario s’infonde ad una responsabilità attiva nella produzione industriale: arte-vita-sociale.

Antonio Barrese, 1965/2020. Arte come progetto. Progetto come arte, Manfredi Edizioni, Collana editoriale Vaf Fondazione / Stiftung

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui