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Dieci scrittori per l’arte contemporanea, nel nuovo Editoriale del MACRO
Libri ed editoria
Un oggetto ibrido e polifonico. Così Luca Lo Pinto definisce Editoriale (Humbold books, pg 128, 18 €), il libro che riunisce i testi di dieci scrittori chiamati dal direttore del MACRO a documentare la mostra inaugurale del progetto triennale che ha trasformato lo spazio di via Reggio Emilia nel “Museo per l’Immaginazione Preventiva”. Secondo il suo stile originale e inaspettato, Lo Pinto non ha voluto un classico catalogo, ma ha optato «per un’altra forma di restituzione, quella dell’immaginazione».
Così ha chiesto a dieci figure rilevanti del mondo letterario italiano di ispirarsi alla mostra per poi andare nella direzione che preferivano, affidando alla scrittura, e non alle immagini, il racconto. I dieci scritti sono, in ordine di comparsa all’interno del volumetto, caratterizzato da una grafica curata da Marco Campardo Studio con Rebecca Liu: Mio padre e la Biennale (Emanuele Trevi), Chiederemo alla polvere (Valerio Magrelli), Presenza (Veronica Raimo), Demoniacis (Ivan Carozzi), Tutto quello che ricorderò è la trasformazione (Nadia Terranova), Essere donne (Igiaba Scego), I’ll Tell You What I Want (Alessandro Lolli), Vita immaginaria di una fotografa di equinozi (Elena Stancanelli), Istruzioni (Francesco Pacifico), Non vediamo le cose come sono. Diario (Chiara Valerio). A parte l’indubbia qualità degli interventi – forse con l’unica eccezione di Pacifico – la lettura stimola una riflessione interessante: qual è lo sguardo di uno scrittore su una mostra d’arte contemporanea?
Per quanto riguarda il caso specifico di Editoriale, la maggior parte degli autori si è concentrata su un’opera singola dalla quale sviluppare il racconto. Domina tra tutte D’Io (1971) di Gino De Domicis, posta all’ingresso della mostra, protagonista di Demoniacis, che Ivan Carozzi trasforma in una sorta di filo d’Arianna nella sua visita al museo. L’opera compare anche in Presenza di Veronica Raimo, una sorta di memoir sentimentale ben raccontato. Se le opere testuali di Nora Turato e Marcello Maloberti colpiscono l’immaginazione molto personale nel racconto breve di Chiara Valerio, sono citate anche in quello di Nadia Terranova, di taglio più esistenzialista. Alessandro Lolli si concentra soprattutto sui lavori sonori di Sarah Rampson e Lory D, mentre la sua attenzione viene catturata da Parsi, il film di Eduardo Williams con Mariano Blatt, girato in Guinea Bissau nel 2018.
Intenso e immaginifico il testo di Elena Stancanelli, che reinventa la vita di Giovanna Silva – presente in mostra con l’installazione fotografica permanente Catabasi (2020) – mentre Emanuele Trevi racconta in maniera intima, e al contempo poetica, il suo rapporto con il padre nel corso di due visite alla Biennale di Venezia in Mio padre e la Biennale. Igiaba Scego parte dal film Essere donne (1964) di Cecilia Mangini per metterlo in dialogo con le ricerche filmiche di altre due registe, Ida Lupino e Maïmouna Doucouré, che hanno in comune, afferma Scego con la sua scrittura tagliente e affilata, «la voglia di raccontare nel loro cinema non solo il corpo delle donne, ma anche lo sguardo delle donne». Infine, il testo poetico di Valerio Magrelli inserisce un filo di leggerezza all’interno di un libro che intercetta perfettamente la volontà di Luca Lo Pinto di creare nuove narrazioni intorno all’arte contemporanea.