08 gennaio 2021

Il primo libro di Fabrizio Cotognini. Intervista all’artista

di

"Like the dust from the grain, Which the wind takes away" (Salmo 1:4): il primo libro di Fabrizio Cotognini che lo racconta, lo ricorda, gli somiglia

Fabrizio Cotognini, Like the dust from the grain, courtesy l'artista

Compie dieci anni la ricerca artistica di Fabrizio Cotognini e lui, fedele all’uomo e all’artista che è, festeggia nell’anno in cui “Angoscia e incertezza ci attanagliano” con una pubblicazione che incarna, concretamente, le parole – rimaste celebri – di Zygmunt Bauman“dobbiamo ripartire dall’educazione”.

Un’uscita annunciata, svelandone il titolo e il motivo per cui l’ha scelto: «Una metafora di rara bellezza che sempre mi ricorda la leggerezza e la labilità della mia vita, della vita in genere e del mio lavoro. Un lavoro che da anni ho basato su spostamenti leggeri, sui tenui colori e su antichi racconti. Non ho mai cercato di sorprendere, di colpire al petto, continuerò a cercare la sobrietà e la bellezza di farsi trasportare dalle onde dei racconti e delle storie, magari rinfrescati da un vento leggero».

Ed è proprio lui, Fabrizio, perché nessuno avrebbe potuto farlo meglio, a raccontarci di questo suo prezioso progetto.

Fabrizio, come e quando è nata l’idea?

«Era da un po’ che avvertivo questa necessità, che anche altri artisti, prima di me, hanno sperimentato. Sentivo il dovere di razionalizzare il mio lavoro, di fare un punto sulla storia del mio percorso artistico. Avevo il bisogno di guardarlo attraverso gli occhi di chi lo descrive, di chi lo costruisce e, per una volta, di chi ne dirige la regia. È stato illuminante poter riscoprire le mie prime opere, che non ricordavo quasi più, ma che, nella loro debolezza e nella loro immaturità, sono state necessarie per costruire il mio processo creativo e funzionali nel libro al fine di poter ricostruire una filologia della mia ricerca. Ho sempre voluto realizzare un libro sul mio lavoro, rifiutando più volte piccole pubblicazione correlate a mostre e partecipazioni: volevo preservare le immagini delle mie opere per poter costruire qualcosa di prezioso ed esaustivo. Ho deciso di realizzare questa pubblicazione proprio ora per due motivi: innanzitutto quest’anno festeggio i miei primi dieci anni di ricerca. Era infatti il 2010 quando mi affacciai, in punta di piedi, nel mondo dell’arte. Ricordo sempre la mia prima partecipazione ad Artissima con la Prometeo Gallery Ida Pisani, galleria che tutt’oggi mi accompagna e mi sostiene. In seconda battuta questo anniversario ricorre in un anno in cui l’emergenza sanitaria – a noi tutti tristemente nota – mi ha dato tempo e modo di meditare molto: è stato nel mentre del fermo forzato che l’idea del libro si è fatta sempre più spazio fino a diventare una necessità. Questa combinazione di fattori mi ha dato una ragione chiudere il capitolo di ciò che è stato e dare un’impronta nuova al capitolo che verrà, nel segno di una diversa evoluzione del mio lavoro, dai materiali ai formati, agli spazi e alle luci».

Fabrizio Cotognini, Like the dust from the grain, courtesy l’artista
2010 / 2020. Cosa significano per te questi dieci anni?

«Significano dieci anni di vita, con molte fatiche e gioie, molti successi e anche molte delusioni. Tutti i percorsi lavorativi affrontati con passione e ardore, si manifestano come uno stupendo e altrettanto insidioso cammino, dove si possono perdere persone fondamentali, vere e proprie pietre angolari, o provare depressioni caspiche, talvolta così buie da far sembrare l’arte quasi una malattia. Credo che dieci anni siano un traguardo pazzesco, non tanto per quello che ho lasciato nel mondo dell’arte, certamente discusso e discutibile, ma sopratutto per la mia crescita e ancor di più per tutto quello che mi sono preso: grandissime emozioni che mi fanno credere che lavorare e vivere d’arte sia un enorme privilegio. Pensa solo alla possibilità di realizzare opere destinate a confrontarsi con spazi storici, archeologici di una grandezza spiazzante. Ecco, la ricerca e lo studio costanti mi animano, sempre, e mi danno la forza per sperare che questo percorso possa creare delle sinestesie meravigliose».

Fabrizio Cotognini, Like the dust from the grain, courtesy l’artista
Dell’infinità di ricordi che immagino tu abbia, cosa tieni addosso a prescindere?

«Ricordarmi tutti i giorni che sono: “come pula portata via dal vento”.
Sono assolutamente grato di avere la fortuna di avere una famiglia che mi sostiene e mi appoggia in qualsiasi situazione. La fortuna di essere sposato con un’artista e donna di rara intelligenza, mi ha sempre fatto pensare che anche per la nave che esplora i mari più insidiosi c’è un piccolo porto sicuro, a cui a volte si pensa solo quando ci trova nel pericolo della tempesta.
Porto con me la consapevolezza della forza che la mia dedizione e la mia costanza hanno: la mia ricerca è da immaginarsi come una strada che non ha fine perché, intuendo tutte le possibili diramazioni, si alimenta e si allunga. Io sono così, amo dedicarmi alla progettazione e alla sperimentazione, sono affascinato dalla possibilità di poter maneggiare materie sempre nuove e di poter scoprire, e a modo mio ridare luce, a storie e racconti che, paradossalmente, più sembrano remoti più sono attuali. Vivo nelle mie amate Marche, decentrato dai soliti noti palcoscenici: qui ho trovato una dimensione di lavoro straordinaria, che sancisce il mio totale disinteresse per il presenzialismo e il sensazionalismo, perché è piena di sapienza artigiana, e sincera nell’opportunità di crescere e superarmi grazie ai professionisti con cui mi relaziono».

Fabrizio Cotognini, Like the dust from the grain, courtesy l’artista
Parliamo dei contributi critici. Cosa significano, o hanno significato, per te le persone che hai scelto per accompagnare questo tuo progetto? Quanto è importante il rapporto?

«Ho voluto scriverlo anche nei ringraziamenti all’interno del volume, la fortuna è che questi contributi sono stati scritti da persone che io chiamo amici e stimo molto. Per me il rapporto umano è importantissimo. Ho dovuto, purtroppo, fare delle scelte per questioni di spazio. Ma non dimentico chi altro avrei voluto coinvolgere e che, spero, saranno gli autori della mia prossima edizione. Ciò che più mi ha emozionato, e ci tengo a dirlo, è il sostegno che ho ricevuto da moltissime persone che erano a conoscenza del progetto. Chi mi ha donato un testo, chi un pensiero, chi una poesia: a loro va il mio ringraziamento, non solo per il dono, bensì per esserci incontrati in questo mio percorso. Perché ognuno di loro, a suo modo, ha dato un’impronta al mio lavoro».

Fabrizio Cotognini, Like the dust from the grain. Installation view, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, 2018, courtesy l’artista
Il contributo curatoriale appartiene a Camilla Previ. Raccontatemi i momenti più salienti, le gioie e le difficoltà di un percorso che ha portato a questo traguardo.

«Ho conosciuto Camilla Previ e suo marito Giovanni Scarzella proprio dieci anni fa, al mio esordio ad Arte Fiera Bologna di cui parlavo prima. È nata in quel momento una grande e profonda amicizia: loro hanno creduto fortemente nel mio lavoro e mi hanno sostenuto su diversi progetti. Quando ho iniziato a pensare al libro mi è sembrato naturale coinvolgerli dal momento che da qualche anno hanno avviato la ARTBAG srl, una società che si dedica a progetti legati al mondo dell’arte, offrendo con competenza e professionalità una vasta gamma di servizi. Mi hanno aiutato a gestire tutta la complessa regia di questo progetto: la redazione, la realizzazione grafica, il coordinamento operativo e il reperimento fondi. Con Camilla ci siamo subito trovati e sono sinceramente felice della possibilità che ho avuto di lavorare con una persona che conosce profondamente la natura del mio lavoro e l’evoluzione del mio percorso, come persona e come artista. È stato complesso, non lo nego. Nel corso della realizzazione abbiamo dovuto affrontare alcuni momenti critici qualche intoppo, legati in primis a quest’anno particolarmente sventurato. Nonostante tutto Camilla mi ha guidato in tutto il progetto con positività e con il sorriso sulle labbra. Insieme ci siamo divertiti, ci siamo ulteriormente scoperti e ci siamo sostenuti. Insieme abbiamo gioito quando abbiamo visto l’avviamento di stampa, che ci sembrava quasi un miraggio. Ci siamo emozionati quando abbiamo sfogliato per la prima volta il catalogo. Sono estremamente contento del risultato ottenuto: un libro indipendente, onesto e pulito che davvero mi rappresenta a fondo».

Fabrizio Cotognini, Like the dust from the grain. Installation view Fori Imperiali, 2019, courtesy l’artista
Per auto-sostenere il libro hai prodotto due incisioni in edizione di 20 esemplari, firmati e numerati. Ce li racconti?

«Molto volentieri! Ho realizzato due stampe, in edizione limitata di 20 pezzi ciascuna + PDA. Tutte le stampe sono state realizzate con la tecnica della cera molle e poi rifinite a mano, per garantire l’unicità di ogni riproduzione. I soggetti sono due: il Veliero e Napoleone.
Vi riporto una parte di un piccolo testo, scritto da Camilla Previ, per presentare le stampe:
“…Il Veliero fa riferimento all’opera L’Olandese Volante (Der Fliegende Hollander) di Richard Wagner, 1843, che attinge a sua volta da un mito di origine nordeuropea e che è stato nei secoli ampiamente riproposto nella letteratura, nella musica e nel cinema. Il mito narra di un capitano e del suo veliero maledetto, costretto a vagare per l’eternità senza poter toccare terra. La stampa riproduce uno dei momenti salienti di tutta l’opera: il momento in cui il capitano decide di superare il Capo di Buona Speranza, palesemente contro la volontà dell’Onnipotente. Un gesto di Ubris che lo porta a scendere a patti con il Diavolo pur di aver salva la vita. Fabrizio ci spinge a rileggere questo gesto, calandolo nella condizione umana: è innato nell’uomo il desiderio di superare i confini dello scibile, di spingersi oltre, anche al dì là dell’effimeratezza della vita, di scoprire se davvero esiste un moto perpetuo e perfettamente scandito dell’Universo. In questo senso, il capitano dell’Olandese Volante è assimilato all’Ulisse dantesco e diviene simbolo della tensione tipica della natura umana verso una Verità tanto ambita quanto impossibile da cogliere. Come dantesco e salvifico in questo stesso mito è l’amore che rappresenta l’unica redenzione possibile. Su ogni stampa Fabrizio interviene integrando a mano degli inserti di colore pantone in acquarello che rappresentano tutte le sfumature del mare del Capo di Buona Speranza, mare che diventa simbolo della volontà di spingersi al di là dei propri confini. (…) Con questo personaggio (Napoleone – N.d.a.) Fabrizio Cotognini continua la sua riflessione in merito al potere propagandistico delle immagini e la potenza del repertorio iconografico nella definizione di un immaginario collettivo. Napoleone. Non un Napoleone qualsiasi ma quello iconico di Antonio Canova. Questo ritratto era stato commissionato con il preciso scopo di diffondere l’immagine di colui che era destinato a diventare imperatore e di celebrarne il potere e la grandezza. Fabrizio lo commenta, lo scompone, lo analizza e lo integra con la scritta Flickr, la piattaforma digitale per lo scambio di fotografie, dove oggi le fotografie sono mercificate e subiscono il processo di degradazione e svuotamento di contenuto di cui si parlava nell’introduzione. Se Napoleone fosse vissuto ai giorni nostri, la sua immagine sarebbe di certo stata veicolata attraverso i social, i media e magari Flicker stesso: la sua immagine sarebbe stata in grado di avere lo stesso potere evocativo e la stessa autorevolezza?”».

Fabrizio Cotognini, Like the dust from the grain, courtesy l’artista
Prima di salutarti, un po’ alla maniera di Obrist, quali sono i piani per il futuro prossimo?

«Non voglio espormi troppo sul futuro ma posso dirti che sto lavorando per la mia seconda personale alla Prometeo Gallery Ida Pisani. Sto anche ultimando il mio secondo teatro, fatto completamente di carta, dedicato al Parsifal Wagneriano, che vedrà la luce in un’importante fondazione italiana. Parallelamente sono coinvolto in diversi progetti, di cui tre ambientali, all’estero. Insomma, c’è molto lavoro da fare, e molte cose da studiare, sistemare e correggere!».

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