03 marzo 2025

Le nuove frontiere dell’editoria d’arte: intervista a Catherine Castillon, CEO di Skira

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Lo stato dell’editoria d’arte in Italia, le sfide e le criticità, i successi e le strategie di sviluppo: intervista a 360 gradi a Catherine Castillon, CEO di Skira

Skira, Milan Office

Nel 2023, la società Chargeurs Museum Studio ha acquisito Skira Editore, una delle principali case editrici italiane nel settore dell’arte, portando con sé nuove strategie e obiettivi per il futuro. A un anno e mezzo di distanza, abbiamo incontrato Catherine Castillon, CEO di Skira Editore, per fare il punto sul mercato dell’editoria d’arte e scoprire come uno dei principali player del settore stia affrontando nuove sfide e opportunità.

Catherine Castillon

Qual è lo stato di salute del mercato dell’editoria d’arte?

«Il mercato del libro d’arte ammonta a circa 30 milioni di euro in Italia e l’editoria d’arte continua ad essere un formidabile strumento di comunicazione e di espressione per artisti, fondazioni culturali e grandi marchi commerciali. Per questo motivo, risulta necessario supportare il cliente sin dalla fase di elaborazione del contenuto, attraverso una narrazione originale e pertinente, affiancato da una grande cura grafica ed estetica. Inoltre, è importante inserire tutto questo all’interno di un ecosistema capace di promuovere il libro ed amplificare il suo messaggio».

In un mercato dell’editoria d’arte così ristretto, quali altre strategie avete messo in campo per crescere?

«Per ampliare questo business ci sono due ulteriori ambiti d’azione: svolgere attività come la produzione di mostre, la gestione dei bookshop e dei servizi didattici, oppure espandersi all’estero. La prima opzione fa parte della storia di Skira e per noi, che siamo parte di un gruppo internazionale che collabora con musei in tutto il mondo, questa seconda opzione è naturale».

Chiharu Shiota

Continuerete, tuttavia, a essere presenti nel mercato delle mostre?

«Sì, certamente. Io sono anche membro del comitato strategico di Grand Palais Immersif a Parigi, un luogo in cui forniamo tutti i servizi aggiuntivi, dall’ideazione alla produzione esecutiva, fino alla gestione della biglietteria e del bookshop. Inoltre, stiamo sviluppando un nuovo servizio di consulenza ad artisti e istituzioni internazionali per l’organizzazione e produzione di mostre in Europa».

Rispetto a quando il suo gruppo Chargeurs Museum Studio ha acquisito Skira, come è cambiato il core business in prospettiva strategica? Si producono più o meno titoli? Meno in Italia e più per l’estero? Per le mostre: lo stesso numero o di meno?

«Skira nasce come casa editrice nel 1928 a Losanna, fondata dall’italo-svizzero Albert Skira. Dal 2023, a partire dall’acquisizione di Chargeurs Museum Studio, abbiamo lavorato per un riposizionamento del marchio: abbiamo reso il logo più riconoscibile, rinnovato il sito internet e tutto l’ambito digital perché fossero più in linea con le attese degli utenti di oggi, con l’obiettivo di modernizzare ed internazionalizzare sempre di più il nostro brand. Abbiamo un network mondiale molto forte che ci supporta in questo percorso. Per le mostre il 2025 sarà un anno di transizione, stiamo lavorando ad alcuni nuovi progetti, non solo in Italia. L’obiettivo è valorizzare sempre di più il network che abbiamo costruito negli anni tra i musei, in Francia, Italia e Stati Uniti, supportandoli nell’esportazione di una parte delle loro collezioni, soprattutto quelle conservate nei depositi, verso altre sedi museali in Paesi diversi».

David Hockney

Quanti di questi progetti di “touring” avete in cantiere per il 2025?

«Abbiamo una trentina di progetti in catalogo e siamo in trattativa per una quindicina di loro».

Per quanto riguarda la vostra internazionalizzazione, quali sono i Paesi che reputate strategici?

«Il nostro primo target è il Medio Oriente. Abbiamo una sede negli Emirati, ad Abu Dhabi; il gruppo è già partner di diversi musei e stiamo lavorando con lo Zayed National Museum, oltre ad aver collaborato con il Guggenheim. Abbiamo una solida presenza anche in Arabia Saudita, dove la nostra società ha una sede. Come Skira, realizziamo numerose pubblicazioni per il Ministero della Cultura saudita e collaboriamo attivamente anche con il Ministero della Cultura e del Turismo di Abu Dhabi. Siamo inoltre conosciuti in Oman e in Qatar.

Il secondo focus riguarda gli Stati Uniti. Anche lì abbiamo una sede a New York e siamo in trattativa per partecipare al Frieze di Chicago. Si tratta di un mercato molto importante per noi, poiché non ci limitiamo a operare solo come casa editrice, ma siamo anche coinvolti in significativi progetti di allestimento museale. Ad esempio, abbiamo curato a Washington l’allestimento dello National Museum of African American History and Culture e realizzato a New York il National September 11 Memorial & Museum e siamo anche partner del MoMA.

Il terzo focus è l’Asia e, in particolare, la Corea del Sud e l’India. In Corea del Sud, stiamo sviluppando una solida serie di pubblicazioni dedicate alla vibrante scena artistica contemporanea. In India, abbiamo aperto un corner al City Palace, a Jaipur, nel Palazzo del Maharaja, dove è stata inaugurata una nuova sede per l’arte contemporanea. Un altro Paese per noi di notevole interesse in Asia è la Cina, dove siamo partner storici del Modern Art Museum di Shanghai. Poi c’è tutta l’Europa ovviamente, che per noi è più facilmente accessibile».

Portaluppi

L’Europa è meno strategica per il vostro sviluppo?

«Siamo già ben impiantati in Europa. Abbiamo delle boutique nostre a Parigi (28, rue de Grenelle) e a Milano (via Meravigli 18) e lavoriamo quotidianamente in Italia, Francia, Svizzera e nel Regno Unito. La nostra plusvalenza è sicuramente di portare le istituzioni, gli artisti e i marchi al di là delle loro frontiere».

Per quanto riguarda la sezione editoriale, quali sono le novità?

«Per quanto riguarda le collane, abbiamo lanciato in lingua inglese una nuova serie intitolata Milestones, dedicata agli artisti contemporanei viventi, con un primo volume su Chiharu Shiota. Si tratta di libri che facciamo insieme agli artisti, non solo su di loro, in cui raccontano il loro percorso personale, le esperienze vissute nella loro vita privata, gli eventi di cui sono stati testimoni come cittadini e come questi hanno influenzato la loro arte».

Wilmotte

Skira rimane in Italia?

«Sì, rimane in Italia, nella nuova sede. Abbiamo un dipartimento di produzione che centralizza tutta la parte di ideazione, grafica e produzione fisica del libro. Abbiamo un dipartimento che si occupa di trade, suddiviso nella sezione Italia e in quella estero, che include anche la divisione marketing, ovvero tutta la promozione internazionale. Questo dipartimento non esisteva prima in Skira.

Il reparto di trade lavora anche su altre due linee di distribuzione: la parte corporate, quindi la vendita alle società, soprattutto perché abbiamo diversi libri in parte sponsorizzati (da alcune società), su cui puntiamo con decisione; la distribuzione negli alberghi, altrettanto importante, in modo che i nostri artisti siano visibili anche in luoghi di villeggiatura, dove le persone hanno il tempo di leggere libri anche se non li comprano direttamente.

Inoltre, abbiamo un dipartimento dedicato alla gestione del bookshop, che centralizza tutti gli assortimenti e sviluppa nuovi oggetti e il merchandising personalizzati per ogni museo e per ogni esposizione di cui ci occupiamo. A Parigi possiamo avvalerci del gruppo per creare anche delle mostre immersive, come quelle che realizziamo al Grand Palais Immersif».

nuova sede a Milano Skira

A livello di organico, quanti sono oggi i dipendenti diretti?

«In sede lavorano 32 persone, a cui si aggiunge il personale delle boutique e una filiale a Parigi, composta da 5 persone che si occupano della redazione e pubblicazione dei libri, nonché della parte commerciale, inclusa la distribuzione in Francia, dove siamo supportati dal gruppo Flammarion».

Qual è stato il vostro fatturato nel 2024?

«Intorno ai 15 milioni».

Quali sono i vostri successi editoriali?

«Credo che i nostri libri abbiano successo in diversi ambiti. Un esempio è Paper Trails, il libro su David Hockney che abbiamo lanciato negli Stati Uniti a settembre e per cui abbiamo ricevuto un premio dal New York Times. Sono anche molto soddisfatta del libro su Chiharu Shiota, che è già esaurito al Grand Palais. Per quanto riguarda l’architettura, il volume dedicato a Piero Portaluppi è un grande successo in tutte le boutique ed è ormai un evergreen. Inoltre, i libri di Jean-Michel Wilmotte sul design continuano a riscuotere ottimi risultati».

Skira, Milano

Cos’è per lei veramente contemporaneo?

«Gli interscambi, le sinergie virtuose. Mi interessa molto contribuire a portare all’interno del mondo della cultura l’esperienza che ho maturato in altri settori e attività. Mi piace l’idea di portare gli artisti contemporanei in luoghi pieni di storia, gli artisti italiani in Medio Oriente. Mi piace l’idea di portare gli artisti americani in Francia. Non gradisco, però, l’idea diffusa di globalizzazione, perché viene vista dalla gente come un’omogeneizzazione e livellamento di tutto. Io vedo la contemporaneità come una glorificazione dell’unicità e della bellezza di ognuno di noi, ma con gli occhi abbastanza aperti per rendersi conto che la differenza è qualcosa di interessante».

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