10 agosto 2020

Le ragioni culturali dell’Ecoinciviltà, per il filosofo Stefano Righetti

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Ecoinciviltà è l'ultimo pamphlet di Stefano Righetti, in cui vengono raccontate e sistematizzate tutte le nostre responsabilità culturali e filosofiche dell'inquinamento

Stefano Righetti, cover di Ecoinciviltà
Stefano Righetti, cover di Ecoinciviltà

Un libro che meriterebbe di essere letto da tutti sotto l’ombrellone, in montagna, dove vi pare, dovrebbe diventare il tormentone dell’estate come un motivetto musicale. Ho letto tutto d’un fiato in treno, dal cellulare dove l’avevo scaricato, il pamphlet del filosofo Stefano Righetti, ECOINCIVILTA’. La ragione ecologica spiegata all’umanità civile. Condivido ogni parola del libro che assomiglia a un antico discorso di un filosofo dell’Antica Roma tipo Catone l’Uticense, che fustigava la società rammollita e incosciente dei suoi tempi in nome del recupero degli antichi e severi costumi (mores). Il linguaggio è incalzante, letterario, a tratti volutamente prosaico, in modo da non risparmiare con frasette metaforiche e melense la realtà dei fatti in cui siamo immersi fino al collo come in una melma agglutinante.

La sistematizzazione di Stefano Righetti

In un modo o nell’altro siamo già al corrente di tutti i mali che affliggono la nostra “società civile”: l’inquinamento dovuto agli allevamenti intensivi, ai pesticidi delle piante; lo sfruttamento del petrolio e del carbone che produce gas letali per l’ambiente; le conseguenze che arrivano al distruttivo riscaldamento globale; il passaggio dal ferro e l’acciaio alla plastica negli anni Settanta che avvelena le acque. Quel che mancava era una sistemazione filosofica che mettesse disinvoltamente in fila questi fatti. In primo luogo sottoponendoli al paradigma culturale occidentale in cui da secoli è incardinata l‘umanità civile: il Tempo, il Divenire, l’ossessione di andare al di là. Un al di là però che non ha più nulla di spirituale, ma di immateriale sì, di virtuale come il denaro.

Tutto dal punto di vista filosofico non vale per sé, ma in quanto funzione sottomessa al volere (volontà di potenza di nietzschiana memoria) dell’uomo. Questa apparentemente semplice constatazione ha in realtà alla base un articolato percorso preparatorio che deriva dai due libri antecedenti del filosofo: Etica dello spazio. Per una critica ecologica al principio della temporalità nella produzione occidentale (2015) e La ragione ecologica. Saggi intorno all’etica dello spazio (2017). Un percorso che inverte la rotta e propone un nuovo paradigma: lo spazio ed il rispetto della natura come alterità feconda rispetto all’uomo.

Un altro concetto filosofico che deriva da questa infinita volontà di potenza è quello della libertà, che viene legata al concetto di movimento, di ebrezza della velocità, della nave, della macchina, dell’aereo. Una libertà inquinante che ha avuto un momento di stasi durante il lockdown, che aveva magicamente ripulito aria e acque in un attimo in cui la natura finalmente libera dalla nefasta presenza umana aveva ripreso il sopravvento. Ma è durato poco e nessuno pare già più ricordarsene.

L’ecoinciviltà a ciclo continuo

Nel libro viene criticato il modello sociale ed economico del consumo a ciclo continuo, dove in realtà l’uomo è schiavo assoluto di bisogni imposti e di comportamenti omologanti e svilenti. Per essere più precisi, viene criticata l’idea di sviluppo a ogni costo e di progresso in ogni campo. Quell’idea da cui eravamo partiti di andare al di là. Il libro inizia e termina in modo amaro con la consapevolezza che tutto va avanti con un automatismo, ma precisando quanto è artificioso e letale tutto questo mondo che ci siamo costruiti attorno. Un unico mondo dove di umanità incivile e di alterità rimane ben poco e anche quella che rimane, non ha scampo: verrà stritolata da coloro che le distruggono attorno la poca natura rimasta.

È quasi sardonica la constatazione che qualcosa nonostante tutto sfugge e riduce l’umanità all’obbedienza a regole non autoimposte, pena la morte. Il virus che sta serpeggiando incurante in tutto il mondo globale.

Tino Sehgal, Palais de Tokyo, 2016

Infine un’altra interessante idea riguarda il mutato ruolo della scienza nel presente. Prima era vessillo di verità ed oggi invece è scaduta a semplice opinione con opposte fazioni che si confrontano sui media. Pro o contro la verità della “distruzione” climatica? Tutto il mondo sottomesso all’egoismo dei potenti, alla necessità della corsa verso il progresso. Mi ricorda una coreografia di Tino Sehgal (2016) al Palais de Tokyo di Parigi. Dei performer venivano incontro ai visitatori e chiedevano che cosa ne pensavamo del progresso, poi si arrivava in un amplio spazio dove altri performer si raggruppavano come stormi di uccelli che si muovevano fluidi tra i visitatori. La filosofia e l’arte cui possiamo aggiungere la poesia, funzionano da monito, parlano con parole di verità, trasfigurano il presente per parlarne con pienezza di senso. Nel caso del nostro libro anche con sapida arguzia.

Una sola incitazione, ma rivolta all’editore Mucchi, il libro merita di essere letto proprio da tutti, anche quelli che non sono in possesso di un “civilissimo” cellulare ultimo modello. Quindi è necessario che al più presto se ne faccia anche la versione cartacea. Comunque per ora lo si può recuperare in rete e con anche un video dedicato.

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