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Reading Room
Libri ed editoria
Benjamin versus Cacciari. Torna in libreria il saggio più famoso del filosofo tedesco e uno dei più citati della storia dell’arte: L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica. Con un saggio di Massimo Cacciari
di Mariangela Capozzi
di Mariangela Capozzi
mostre ed eventi

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>>> le tesi datate di Benjamin: egli inciampa in errori assai comuni in quei teorici privi di una conoscenza diretta delle tecniche artistiche.
>>>mi limito a poche osservazioni. L’opera è sempre stata riproducibile e riprodotta tecnicamente anche su larghissima scala. Le prove più persuasive di tale evidenza le troviamo già nell’arte antica, dalla ritrattistica statuaria fino alle repliche romane di modelli ellenistici. Non va dimenticato che pittura e scultura vanno di per sé intese quali tecniche, non generi artistici; il percorso che dalla tecnica conduce al genere (ed oltre) è un tracciato lungo, articolato. La “copia” di una scultura deve essere intesa quale “riproduzione tecnica” più che “copia artistica”.
>>>e, d’altro canto, la riproducibilità tecnica precede quella meccanica e tecnologica; il dato manuale – o di relazione tra corpo e strumenti/medium – che corrisponde all’intenzionalità di chi sceglie un soggetto da fotografare e riprodurre permane (frazionata in impercettibili, minimi passaggi) nelle tecnologie contemporanee più sofisticate, nel clic di un computer o di una macchina fotografica.
>>>analoghe considerazioni si prospettano allorché prendiamo in esame il concetto di aura. Errato addebitarla alla fruizione devozionale/cultuale che essa avrebbe avuto in origine – l’opera d’arte sacra rimane tra le più riprodotte su larga scala. Essa infatti, tranne quei casi riconducibili ad eventi miracolosi od alla devozione popolare, possiede aura (come nelle icone) in quanto fedele “riproduzione” di una matrice, oppure essendo fruita ed utilizzata quale inerte supporto materiale di una dimensione trascendente.
Viene così a delinearsi una conclusione opposta secondo cui l’aura laica e “secolarizzata” stigma di originalità ideativa trova, attraverso numerosi passaggi, una sua definitiva precisazione nel Rinascimento parallelamente all’emergere del ruolo sociale dell’artista divo pop, artifex “firma”, mente ideativa, depositario della paternità creativa del proprio “stile”, quello leonardesco, michelangiolesco, giorgionesco, ecc…. Il riconoscimento sociale dell’invenzione quale evento laico numinoso della scoperta accompagna la consapevolezza che la corretta lettura formale di tale “evento ideativo” non verbale può avvenire in presenza del suo supporto materiale originario, fattore non eludibile come elemento integrante di un processo percettivo prima, interpretativo e conoscitivo poi, correlato appunto ad una fruizione di linguaggi non verbali. (…)
la tecnica è svelamento dell’essere fisico-psichico,quindi,la ri-producibilità dell’opera d’arte svela che ogni ente in genere,è ri-producibile perchè frutto di un idea mentale costruttiva, gli atomi sono riproducibili,gli universi sono riproducibili,ecc……..quindi l’essere stesso lo è,oggi,la ri-producibilità dei file digitali,mostra un ulteriore svelamento: la realtà fisico-psichica è creazione percettiva della mente umana, in ogni momento manipolabile e ri-trasformabile, un opera creativa-percettiva in-terminabile e in divenire…….
>>>mentre codifica l’idea di aura, Benjamin riposiziona l’opera isolandola entro la sfera di alcune funzioni cultuali, ideologiche, propagandistiche, restituendone una lettura dogmaticamente inscritta in formule narrative, ma sottraendola in questo modo alla disciplina che gli è pertinente, la critica d’arte.
Una linea di riduzione dell’arte visiva ai dispositivi del linguaggio verbale oggi assai comune nell’ambito del “contemporaneo”.