06 ottobre 2020

Tacete, o maschi: arte e poesia proto-femminista in dialogo, dal ‘300 a oggi

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"Tacete, o maschi" è il nuovo volume che riscopre la prima generazione di scrittrici proto-femministe del Trecento, in dialogo con tre poetesse contemporanee e le figure di Simone Pellegrini

Simone Pellegrini, Tacete, o maschi, Argolibri

Ha il sapore di un libro antico, con i capolettera purpurei ad annunciare versi poetici e figure multiformi ed esotiche a miniare le pagine. Si tratta di un volume Argolibri fresco di stampa, in distribuzione in libreria e store online dallo scorso 24 settembre. Argolibri è il marchio editoriale nato nel 2019 in seno alla rivista Argo per i suoi venti anni di attività, e all’impresa creativa non-profit Nie Wiem, centro di formazione artistica e culturale attivo nel territorio marchigiano e nazionale dal 2003, nonché casa editrice. Tacete, o maschi. Le poetesse marchigiane del ‘300, inserito nella collana Talee, è un’operazione editoriale al contrario contemporaneissima, adeguata al nostro tempo che “ancora” discute le questioni di genere ed elabora i risultati delle rivendicazioni femminili. Riscopre infatti nomi peculiari della letteratura italiana del Trecento, Ortensia di Guglielmo, Leonora della Genga e Livia da Chiavello, da ritenersi come il più antico gruppo letterario italiano di sole donne, finora zittito ed escluso dalla nostra tradizione. E si contestualizza come un gruppo, intanto perché vissero nello stesso territorio e periodo storico, e soprattutto per le affinità culturali, tematiche e per la loro amicizia letteraria.

Una nuova stagione poetica

Quelle dette nel sottotitolo “le poetesse marchigiane del ‘300” sono voci dell’affermazione femminile, dissidenti e rivendicanti il diritto di autrici. Ortensia di Guglielmo sarà infatti la prima della letteratura di ogni epoca a reclamare per le donne il mestiere della scrittura.

Come si apprende dal saggio introduttivo a firma dei due studiosi di scritture femminili Mercedes Arriaga Flórez e Daniele Cerrato, le marchigiane «inaugurano la stagione del petrarchismo impegnato nel sociale e nel politico, che si allontana dai temi amorosi come anche dalle rappresentazioni idealizzate delle donne, divenendo così un punto di riferimento per la generazione successiva del Rinascimento».

Si faccia conto della potenza espressiva di versi come «Tacete, o maschi a dir, che la Natura / A far il maschio solamente intenda, / E per formar la femmina non prenda, / Se non contra sua voglia alcuna cura», che Leonora della Genga, nata nel 1360, scaglia contro la prepotenza maschile del mondo classico e cristiano.

O della dirompenza delle parole di Ortensia di Guglielmo nel sonetto Io vorrei pur drizzar queste mie piume, indirizzato al coevo Francesco Petrarca, che si dimostrano di un’attualità struggente, collegandosi alla scrittura contemporanea.

Simone Pellegrini, Tacete, o maschi, Argolibri

Tacete, o maschi: il dialogo con la contemporaneità

I curatori Fabio Orecchini e Andrea Franzoni hanno luminosamente scelto infatti di coinvolgere tre poetesse tra le più interessanti dei nostri anni, in un esercizio, per così dire site specific, uno scambio in versi, proprio secondo l’uso antico, per un dialogo ideale con le antesignane.

Mariangela Gualtieri (1951) ha risposto a Leonora della Genga con una Lettera, Antonella Anedda (1955) ha composto un Sonetto disubbidiente per Ortensia di Guglielmo, e Franca Mancinelli (1981) ha Con la forza del niente. Frammenti per voci scomparse, omaggiato Livia, Ortensia ed Elisabetta Trebbiani, altro nome che si aggiunge alla rosa di quella generazione di donne di lettere che hanno reagito con la parola alle norme patriarcali della politica e della letteratura.

Un libro-canto corale in cui il dialogo si è esteso inoltre al simbolo, all’immagine contemporanea, aperto «all’ambito della visione», come motivano Orecchini e Franzoni, i quali hanno individuato nell’immaginario dell’artista, oltretutto marchigiano, Simone Pellegrini (1972) il portato di senso corrispondente al lirismo delle poetesse riunite.

«Al canto, proprio come in natura, fa eco un controcanto», scrivono, «l’apparato figurativo di Pellegrini si situa nel confine temporale lasciato aperto dalla parola, allo stesso tempo archetipico e futuribile, in cui tutto si trasforma e traduce continuamente, contagiandosi con l’organico, il vegetale e il biologico, proprio come sempre ha fatto la poesia».

Tratte da oltre dieci opere recenti per buona parte in collezioni private, le sue figure, isolate dall’insieme o immerse nelle loro originali porzioni pittoriche, trapassano i generi e la storicizzazione, non afferiscono a un tempo determinato, si ripetono e si affermano, rendendosi così simbolicamente corrispondenti allo spirito e al tema della pubblicazione.

Il lavoro di Pellegrini, inoltre, ha molto a che fare con la carta e alla carta torna, a partire da quella dei libri suoi oggetti di studio e sui quali bozzetta, passando per quella da spolvero delle opere, fino alle pagine a stampa in progetti di pregio come questo di Argolibri.

Pagine in cui il rapporto dei versi con i segni è fitto e vibrante, e che anche laddove sia stato lasciato spazio in bianco di respiro tra una poesia e l’altra, accoglieranno altre immagini autografe, realizzate a mano dall’artista, in quella che si annuncia una speciale edizione limitata di Tacete, o maschi.

Opera di Simone Pellegrini in copertina, Fuga del raccolto, 47×93 cm, 2009

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