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Viaggio sentimentale nella casa di Joze Plecnik, maestro dell’architettura moderna
Libri ed editoria
Nel 2022, in occasione dei 150 anni dalla nascita di Jože Plečnik (1872 – 1957), figura chiave del movimento Moderno in architettura e autore di numerosi edifici e monumenti per la città di Lubiana, il curatore Luca Lo Pinto, già direttore del MACRO di Roma, e l’artista Olaf Nicolai hanno curato una mostra dal titolo I Am Only the Housekeeper, but I Don’t Know… – Sono solo la governante, ma non lo so – nella dimora dell’architetto sloveno. La recente pubblicazione per i tipi di Humboldt Books riporta una testimonianza delle scelte compiute dai curatori, che hanno invitato 25 autori sloveni e stranieri a entrare nella Plečnik House per dialogare, attraverso le loro opere, con la realtà dell’architetto e collocarne la lettura in un contesto attuale.
L’intento dei curatori è stato quello di aggiornare l’eredità di Plečnik e connetterla al tempo e allo spazio contemporanei, generando così nuove connessioni e opportunità, ispirandosi alla frase che si legge nella lettera della governante Urška, dove si sostiene che «Le cose possano essere in un certo modo, ma che possano anche essere differenti». Un modo per entrare non solo nell’universo dove l’architetto creava i suoi progetti e dove abitava ma anche nel suo quotidiano.
Plečnik nasce a Lubiana, le sue architetture nella capitale slovena sono protette dall’Unesco come Patrimonio dell’umanità. Fu allievo di Otto Wagner a Vienna, lavorò lì e poi tornò a Lubiana nel 1921. Tra i tanti edifici realizzati troviamo il ponte di Trnovo, la Biblioteca Nazionale, la chiesa di San Michele e il progetto per il palazzo del Parlamento sloveno (la Cattedrale della libertà), mai realizzato. Ma era nella casa che Plečnik lavorava e creava, su quel tavolo rimasto intatto, con ancora le sue matite, il suo cappello. E il letto, i libri, i suoi progetti, il suo mondo.
«Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi». L’iconica frase tratta dal Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa sembra essere un rafforzativo dell’affermazione di Urška. Affinché la memoria dell’architetto sloveno possa essere conservata è infatti necessario far dialogare ciò che resta della sua eredità con l’attualità ed è quello su cui si concentrano i curatori invitando gli artisti a installare le loro opere all’interno della casa-studio.
Il filo rosso della mostra si basa quindi sulla lettera fittizia scritta dalla governante dell’architetto a Jože Plečnik stesso, in cui l’autrice si lamenta delle manie del suo datore di lavoro e cerca di dare una svolta, in maniera pratica come solo una donna sa fare, alla casa. Questa frase chiave infatti lascia libera immaginazione alle ipotetiche evoluzioni che potrebbe subire la dimora.
Il luogo, sia interno che esterno, diviene così un mix di forme e colori che si compenetrano, una miscellanea di materiali e texture diverse in dialogo fra gli elementi già presenti nella casa e quelli delle opere d’arte.
La natura inoltre compenetra tutta la vicenda, in quanto verdura ed elementi vegetali tornano costantemente sia nella casa che nelle istallazioni. In particolare le ricette di Ana Roš, presenti nel percorso espositivo, sono realizzate basandosi sulle verdure dell’orto della casa. Ma nelle foto scorgiamo anche alberi, cassette per le api e piante varie. Notiamo quindi una costante evoluzione basata però su degli elementi preesistenti e consolidati. Tutto può rimanere così come è, ma tutto può anche mutare come propone saggiamente la domestica.
I due curatori hanno disseminato la casa di storie, oggetti, voci, performance, indizi di vari artisti dal mondo. All’interno della casa troviamo, per esempio, due copie del Proposal for Monuments and Buildings di Claes Oldenburg, disposte insieme ad altre letture, quasi fossero manuali consultati dallo stesso Plečnik. Pennelli e penne sono incastonati nella creazione di ceramica dell’artista Manfred Pernice, posta sulla scrivania, tra righelli, squadre ed inchiostri utilizzati dall’architetto per realizzare gli schizzi dei suoi più famosi progetti. Un semplice studio diventa il laboratorio di un alchimista.
Il tempo, che sembra rimasto sospeso nella casa di Plečnik, viene animato e rinvigorito dall’intervento artistico contemporaneo. La mostra evoca così un intreccio di storie, oggetti e connessioni mentali che inizialmente facciamo fatica a cogliere e per questo occorre porre una paziente attenzione e osservare gli elementi con gli occhi dei narratori.



