21 agosto 2020

xbooks #4. John Berger, storyteller leggero come una foto

di

Arriva in italiano un libro senza età: Jonh Berger, stavolta leggero come una stampa fotografica, apre scenari di significati sorprendenti illuminando la vita dell'arte e dell'esistenza umana

John Berger in una foto del 1980 scattata da Jean Mohr

John Berger è il quarto protagonista della nostra xbooks, la nuova rubrica sui libri che oggi racconta di come la scrittura possa essere intramontabile

Ritorna John Berger, in libreria intendo, perché dai nostri cuori non è mai andato via. Ritorna con E i nostri volti, amore mio, leggeri come foto, edito ora in Italia (curato e tradotto da Maria Nadotti) ma pubblicato in Francia nel 1984. Un libro che non ha età, come credo non avesse età Berger, morto nel 2017, a 91 anni, con matita, pennello, macchina fotografica e motocicletta tra le mani. “Storyteller” si è sempre definito, un bel tipo davvero, affascinante e travolgente, una criniera da leone e una faccia scolpita nel legno, ideologico e poetico, semplice e complesso, capace di aprire scenari di significati sorprendenti illuminando la vita di un’opera d’arte, che per lui è vita di materiali, di quotidianità, di mani, di sentimenti. Un critico d’arte anche storico dell’arte, disegnatore e pittore, uno che scriveva dell’altrui fare, sapendo fare.

E i nostri volti, amore mio, leggeri come foto
E i nostri volti, amore mio, leggeri come foto

E sviscerando la suprema potenza dello sguardo critico, del “saper guardare”. Ways of Seeing ad esempio inizia così: “ È il vedere che determina il nostro posto all’interno del mondo che ci circonda: quel mondo può essere spiegato a parole”. Anche se il visibile, per Berger, non è mai riducibile alle parole. E voglio anche ricordare Berger on Drawing, un lungo discorso amoroso sul linguaggio più antico dell’umanità e un elogio della mano, che per Berger, come per Henri Focillon, è strumento che serve anche a vedere :“Per un artista disegnare è scoprire. Non è soltanto una bella frase, è letteralmente vero. È appunto l’atto del disegnare che costringe l’artista a guardare l’oggetto che ha di fronte, a sezionarlo con gli occhi della mente e a rimetterlo insieme; o, se disegna a memoria, che lo costringe a dragare la propria mente, a scoprire il contenuto della propria riserva di osservazioni passate”. Ma tornando al libro che Maria Nadotti ci ha appena donato grazie all’annosa frequentazione del lavoro di Berger, credo sia irriducibile a qualunque definizione, come il suo autore. Non è una storia, non ha un inizio, non vi troverete una conclusione.

Raccoglie, tra suggestioni della memoria, e incantate riflessioni visive, il fluire poetico e filosofico di pensieri sulle relazioni con l’altro da sé, che sia una lucciola o la donna amata, lo spazio e il tempo. È un libro, anche, sul senso e consistenza della morte, soggetto frequente nella scrittura di Berger, e sull’abitare casa, Terra, e corpo, grande medium nel corto circuito tra i sentimenti e gli altri esseri umani. E se siete interessati alla pittura di Vincent Van Gogh, fermatevi tra queste pagine, vi leggerete parole inaudite. Una scrittura ad alta densità spirituale racconta una vita dove l’arte è lavoro e fatica, davvero in raccordo col bellissimo film At eternity’s gates che Julian Schnabel nel 2018 dedicò al pittore olandese.

John Berger
E i nostri volti, amore mio, leggeri come foto.
Milano, Il Saggiatore, 2020
cura e traduzione di Maria Nadotti

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui