20 novembre 2003

fino al 30.XI.2003 Isotype Milano, Triennale

 
Archetipi contemporanei, ideogrammi e graffiti della civiltà globalizzata. Una mostra a Milano per scoprire il padre dell’information design e dei simboli convenzionali che hanno cambiato la nostra vita. E pensare che tutto partì nel 1924, quando a Vienna…

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“Le parole dividono, le immagini uniscono”: così Otto Neurath (1882-1945), sociologo ed economista austriaco sintetizzava la filosofia e gli intenti del suo rivoluzionario sistema di comunicazione, un vero e proprio alfabeto per immagini, semplice, immediato e universale.
Tutto cominciò nel 1924 quando Neurath fondò a Vienna il Gesselschafts-und-Wirtschaftsmuseum (Museo Sociale ed Economico) con un progetto innovativo di semplificazione e divulgazione delle scienze statistiche intese come chiave di lettura della società contemporanea. L’incontro, qualche anno dopo, con il giovane artista Gerd Arntz (1900-1988) fu una circostanza delle più felici: Arntz aveva già maturato una propria concezione artistica che, svincolandosi dall’espressione individuale, aspirava a farsi mezzo di comunicazione di massa attraverso un sistema di simboli grafici convenzionali. Tra i suoi lavori in mostra sono da ricordare le “Dodici case contemporanee”, riproduzioni stilizzate di Otto Neurath alcune “abitazioni-tipo”, nelle quali si leggono, di là dalla icastica semplicità, un divertimento e un voyeurismo avvicinabili alla più recente irriverenza di Keith Haring o di Julian Opie.
L’ingresso di Arntz nell’equipe del museo segnò la nascita di un nuovo linguaggio ideografico: dapprima conosciuto soltanto come “metodo Neurath”, isotype – acronimo di “International System of Typographic Picture Education” – mirava proprio alla creazione di una lingua transnazionale che valicasse le frontiere e semplificasse i processi di apprendimento. Ed a seguire il percorso della mostra se ne può riscontrare, passo dopo passo, il progressivo radicamento nella nostra cultura e nel nostro sentire comune, a partire dal 1964, quando in occasione delle Olimpiadi di Tokyo vennero creati dal direttore del design Masaru Katsumie, per caratterizzare i giochi, una serie di simboli grafici ispirati a quelli di isotype. Lo stesso fecero quattro anni dopo (Mexico 1968) Manuel Villazòn e Matthias Goeritz, e ancora nel 1972, in occasione dei giochi olimpici di Monaco, il designer Otl Aicher. L’eco di isotype non si spegne ancora, dilaga anzi in ogni settore della vita sociale, se è vero, come è stato detto, che ormai tutto è messaggio: dalle insegne stradali alle istruzioni sull’aereo, fino alle familiari icone di Macintosh e Windows.
Isotype logoAlla mostra, purtroppo non troppo efficace nell’allestimento, manca uno sguardo -seppure breve- al mondo dell’arte, che è la spia, l’indizio più sicuro di quanto profondamente quel codice di segni abbia permeato il nostro modo di vivere, di esprimerci e non soltanto di comunicare informazioni. Ed è anche la ragione per cui sentiamo così familiare, così connaturata all’arte e alla sensibilità contemporanea la straordinaria avventura di Gerd Arntz e di Otto Neurath.

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andrea tomassoli
mostra visitata il 14 novembre 2003


Neurath: ISOTYPE e lo sviluppo dei segni globali moderni
Milano, Triennale, Viale Alemagna 6 (zona Cadorna) – www.triennale.it
orario di visita: 10:30 – 20:30 da martedì a domenica
ingresso: intero € 5,00; ridotto € 3,00/2,00
per informazioni: tel. 02 724341; fax 02 89010693
a cura di Alan Záruba


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