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Una scultura, un light box, un video. Con tre strumenti espressivi e linguaggi diversi, Davide Allieri, Roberto Amoroso e Filippo Berta analizzano alcuni caratteri comportamentali della vita dell’uomo: la caducità, il narcisismo e la resistenza.
È una frazione della complessità umana, caotica, ad essere smontata e presentata nella mostra di MARS, attraverso estetiche che dialogano e si confrontano nel piccolo spazio espositivo di Milano. Un luogo minimo e nascosto che accoglie le opere, apparentemente distanti, che si rivelano accomunate da una stessa ricerca rivolta all’individuo, alla sua natura e, in particolare, al carattere di concupiscenza che diviene elemento di equilibrio e fil rouge della mostra.
Holy Cast (2014) è l’opera che Davide Allieri, artista bergamasco (1982) oggi in residenza in ViaFarini, costruisce con un calco in grafite posto all’interno di una teca. L’oggetto, su una base color oro, ha un rimando antropomorfo riconoscibile: un braccio umano quale reliquia di un passato remoto che tenta di rincorrere l’eternità. La grafite, materiale fragile che identifica la produzione dell’artista, ne denuncia l’impossibilità di conservazione per suggerire la natura effimera del corpo e la caducità di ogni individuo. Allieri con questo lavoro fa proprio il senso della rappresentazione e dell’immagine – l’imago, che in origine era il calco del volto dei morti – suggerendo la costante ricerca dell’uomo di farsi immagine anche dopo la vita.
Roberto Amoroso, classe 1979 e di origine napoletana, con il light box Fine-line (2014) porta all’attenzione l’esperienza individuale nei social media, i potenti costruttori di forme del dirsi. Fotografie di persone, estrapolate dalla rete, sono sottoposte da Amoroso a una precisa post-produzione che vede l’inserimento di simboli legati al linguaggio tecnologico. Riproposte in vettoriale su un fondo illuminato, l’artista richiama l’esperienza di visualizzazione che si esplicita di fronte a un dispositivo e al suo alone di luce artificiale. Il costante bisogno dell’auto-rappresentazione sui social network viene qui denunciato come forma di un nuovo narcisismo, in cui l’uomo diviene sempre più conforme all’immagine di sé stesso.
Una sfida di resistenza è ciò che invece Filippo Berta propone nella perfomance Happens Everyday (2012), documentata dal video proiettato in mostra. L’artista, nato a Treviglio nel 1977, costruisce un’azione in cui un gruppo di persone afferra dei banchi di scuola, simboli dell’educazione e di un ordine spaziale precostituito, e li solleva sopra la propria testa mantenendoli fino a quando lo sforzo è controllabile. L’ordine temporale è dettato dalla capacità soggettiva di ogni performer, che si deve confrontare con la propria fisicità e capacità di resistenza. Il risultato è una polifonia imprevedibile che si intreccia al desiderio di ribellione e alla coercizione del corpo.
Francesca Ceccherini
Mostra visitata il 30 aprile 2014
Davide Allieri, Roberto Amoroso, Filippo Berta
THE HUMAN BEHAVIOUR
MARS
Via Guido Guinizzelli, 6 Milano
Info: www.marsmilano.com