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17
dicembre 2008
fino al 10.I.2009 Michael Schmidt Milano, Suzy Shammah
milano
L’indagine sulla modernità nella ricerca fotografica di Michael Schmidt. Il berlinese, arguto interprete del nostro tempo, per la prima volta in Italia. Con una riflessione su luoghi e appartenenza dell’umano...
Vi è un silenzio austero nelle candide sale della Galleria Suzy Shammah, realtà espositiva che si è contraddistinta per le proposte intuitive, selezionando giovani e promettenti artisti italiani e stranieri. Per riconfermare l’esclusività delle scelte, lo spazio ospita la mostra fotografica di Michael Schmidt (Berlino, 1945; vive a Berlino e a Schnackenburg an der Elbe), per la prima volta in Italia, le cui opere in bianco e nero risultano essere una documentaria interpretazione dell’uomo, dei luoghi a cui appartiene e di quelli che gli appartengono.
La fotografia di Schmidt si rende testimone di quel che l’antropologo britannico Tim Inglod definisce come “mondo della nostra esperienza” che è “continuamente in divenire senza fine attorno a noi mentre noi lo intrecciamo”. A diventare oggetto del freddo obiettivo fotografico è l’uomo che agisce sul mondo, essendo egli stesso “fatto di mondo”, e il dinamico flusso generativo che ne perpetua le tracce e ci distoglie dalla venerata illusione di una superficie della natura.
La pacata espressività dei soggetti, la scelta di “far cadere l’occhio” su dettagli del corpo, la creazione di una serie di ritratti diversi nella ripresa (della serie Frauen) denota la necessità di mettere in luce le individualità che compongono il genere umano. E con la stessa umiltà con cui Charles Darwin descrive l’uomo, frutto del percorso evolutivo animale e non come il risultato di un piano divino, così Schmidt lo ritrae nella sua essenza, nel suo hic et nunc storico-socio-culturale, con sincera e consapevole presa di coscienza.
Il fotografo fornisce tutto quel corredo di luoghi, eventi, piccoli frammenti dell’universo che l’uomo ha creato. Curiosamente registra quelle tracce umane che per molti potrebbero passare inosservate, inserendole in un quadro generale che rende perfettamente un contesto. Piccole tessere che compongono il mosaico del mondo come lo conosciamo e come potremmo spiegarlo a qualcuno che non abita il nostro pianeta.
Ed ecco come scorci di case, finestre, particolari di monumenti, scritte sui muri, senza dubbio dettagli apparentemente trascurabili, diventano solenni esemplari di questo intreccio, che ci rende parte di un unico grande “organismo”, vorticosamente e perennemente in azione.
La fotografia di Schmidt è rude, geometrica, realista; tuttavia sa anche essere decadente e romantica, come nella serie dedicata a elementi naturali (Natur): dai salici, dai rami intrecciati, dalle foglie secche di uno spoglio bosco invernale trapela la straordinaria capacità dell’autore di cogliere la magia della natura, pur nella semplicità dei soggetti rappresentati.
Michael Schmidt immortala episodi della storia dell’uomo. Una storia sempre diversa nella sua ripetitività, così “come un sentiero d’autunno: appena è tutto spazzato si copre nuovamente di foglie secche” (Franz Kafka, Aforismi di Zürau).
La fotografia di Schmidt si rende testimone di quel che l’antropologo britannico Tim Inglod definisce come “mondo della nostra esperienza” che è “continuamente in divenire senza fine attorno a noi mentre noi lo intrecciamo”. A diventare oggetto del freddo obiettivo fotografico è l’uomo che agisce sul mondo, essendo egli stesso “fatto di mondo”, e il dinamico flusso generativo che ne perpetua le tracce e ci distoglie dalla venerata illusione di una superficie della natura.
La pacata espressività dei soggetti, la scelta di “far cadere l’occhio” su dettagli del corpo, la creazione di una serie di ritratti diversi nella ripresa (della serie Frauen) denota la necessità di mettere in luce le individualità che compongono il genere umano. E con la stessa umiltà con cui Charles Darwin descrive l’uomo, frutto del percorso evolutivo animale e non come il risultato di un piano divino, così Schmidt lo ritrae nella sua essenza, nel suo hic et nunc storico-socio-culturale, con sincera e consapevole presa di coscienza.
Il fotografo fornisce tutto quel corredo di luoghi, eventi, piccoli frammenti dell’universo che l’uomo ha creato. Curiosamente registra quelle tracce umane che per molti potrebbero passare inosservate, inserendole in un quadro generale che rende perfettamente un contesto. Piccole tessere che compongono il mosaico del mondo come lo conosciamo e come potremmo spiegarlo a qualcuno che non abita il nostro pianeta.
Ed ecco come scorci di case, finestre, particolari di monumenti, scritte sui muri, senza dubbio dettagli apparentemente trascurabili, diventano solenni esemplari di questo intreccio, che ci rende parte di un unico grande “organismo”, vorticosamente e perennemente in azione.
La fotografia di Schmidt è rude, geometrica, realista; tuttavia sa anche essere decadente e romantica, come nella serie dedicata a elementi naturali (Natur): dai salici, dai rami intrecciati, dalle foglie secche di uno spoglio bosco invernale trapela la straordinaria capacità dell’autore di cogliere la magia della natura, pur nella semplicità dei soggetti rappresentati.
Michael Schmidt immortala episodi della storia dell’uomo. Una storia sempre diversa nella sua ripetitività, così “come un sentiero d’autunno: appena è tutto spazzato si copre nuovamente di foglie secche” (Franz Kafka, Aforismi di Zürau).
nila shabnam bonetti
mostra visitata il 19 novembre 2008
dal 18 novembre 2008 al 10 gennaio 2009
Michael Schmidt – Fotografie
Galleria Suzy Shammah
Via San Fermo / via Moscova, 25 (zona Moscova) – 20121 Milano
Orario: da martedì a sabato ore 14-19
Ingresso libero
Catalogo multimediale
Info: tel. +39 0229061697; fax +39 0289059835; info@suzyshammah.com; www.suzyshammah.com
[exibart]