12 novembre 2007

fino al 17.XI.2007 Ashley Reid Milano, Nowhere Gallery

 
Il corpo come linguaggio, la fotografia come espediente. Obiettivo: la riscossa sul tempo perduto. La fotografa americana è un’ossimorica powerful victim. Che ironizza sulla vulnerabilità e il cortocircuito dell’identità razziale...

di

Verso la metà degli anni ‘80, una ragazzina vive due abbandoni: il padre taglia la corda lasciandole un esiguo mantenimento mensile, mentre la madre corre in tournée, alle calcagna delle sue ambizioni. Affidata ai nonni, una coppia interrazziale perfettamente integrata nella middle class californiana, Ashley Reid (New York, 1983) fa il suo ingresso in una casa-museo stracolma di memorabilia pop. Un luogo della mente, ormai, che diventerà il suo destino e l’archetipo della sua ricerca. Sotto gli occhi compiacenti di Elvis e Marylin, Ashley -unica nera in un milieu completamente bianco- cresce oscillando fra l’accettazione e la noncuranza della propria eclatante diversità. Le roots afroamericane restano impantanate nell’esorbitanza degli stimoli “bianchi” e nell’invadenza di quell’immaginario wasp che la sua “cattività” le ha instillato. Ma il sistema immunitario black non si preoccupa di assimilare né di rigettare: la rinuncia alle radici scorre lenta, non viene imposta, semplicemente accade. Mentre la diversità sembra giacere inavvertita.
A 24 anni, Reid ritorna sulle tracce di quella bambina, rimodellando il suo “piccolo mondo” nelle sale della galleria. L’identità razziale -e insieme quella corporea e sessuale- respira dopo un’interminabile apnea. A Reid non resta che oggettivare la memoria, metterla in immagini, ricomponendola frame dopo frame. Il ricordo degrada nella licenza poetica, mentre fantasia e sogno si contendono la scena non realistica della memoria.
Ashley Reid - Don't be a paleface - 2007 - C-print montata su alluminio - cm 70x101
Il progetto Imitation of life ricrea e ricompone una vita, quasi una saga, seguendo il tratto della trasfigurazione del paesaggio infantile. L’allestimento è caotico: quattro serie di lavori differenti, scomposte e ricomposte confusamente nelle sale. Foto inscenate, foto in bianco e nero, Polaroid “documentaristiche” e decine di reperti casalinghi, frutto dello sventramento di uno strabordante archivio familiare.
The sanctuary, una serie di scatti in bianco e nero che sfiorano il pansessualismo di Jack Smith, ritrae Reid nell’esecuzione di una performance. L’artista si ripresenta sui luoghi dell’infanzia, appena dopo la morte del nonno, nuda, mimando le posizioni e le attitudini di quando era bambina. Con il broncio in un vestito di spugna a righe o davanti alla porta scorrevole del giardino, abbracciando una palla: la maturazione e la femminilità adulta passano attraverso la regressione infantile e l’esorcismo.
Ashley Reid - All American girl - 2007 - C-print montata su alluminio - cm 74x94
Nella serie di stampe C-print a colori, in set low-budget dipinti a mano con uno stile in bilico fra l’illustrazione per bambini e il disegno infantile, Reid diventa Biancaneve, Marylin, pin up, stendendo sulla sua pelle nera un bianco pastoso e caricaturale, che rasenta il pallore nipponico. Non troppo lontano, gli echi dei tableaux vivants di Cindy Sherman e del travestitismo di Samuel Fosso.
Il lavoro “archeologico” di Reid manca di cinismo, rabbia e revanchismo. La riconquista del ricordo è in realtà il desiderio di fusione con esso e l’imitazione della vita è un gioco di mimo. O, piuttosto, un collezionismo di feticci.

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mostra visitata il 2 ottobre 2007


dal 21 settembre al 17 novembre 2007
Ashley Reid – Imitation of Life
Nowhere Gallery
Via della Moscova, 15 – 20121 Milano
Orario: dal martedì al sabato ore 10.30-13.30 e 15.30-19.30
Ingresso libero
Info: tel. +39 0245495916; info@nowhere-gallery.com; www.nowhere-gallery.com

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