01 dicembre 2005

fino al 18.II.2006 Alex Katz Milano, Monica De Cardenas

 
Ci sono sguardi che non contano. Occhiate che passano senza peso, per poi scontrarsi. Scambi che si sfregano velocemente, scaldandosi come di mano in mano. Sono i volti di Alex Katz...

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Nemmeno le parole sembrano bastare all’artista americano. A parlare è la luce. Dopo la sua ultima personale a Venezia, alla Fondazione Bevilacqua La Masa, Katz torna in Italia con una serie di opere recenti. I dipinti permettono di vivere a pelle, senza contrasto, la leggerezza e la carica del segno pittorico. Alex Katz, infatti, dipinge secondo i dettami di una figurazione densa e scarna al tempo stesso. La sua attenzione al mondo della fotografia, della grafica e dei media gli permette incursioni eleganti dai tratti realistici. L’effetto nitido degli oli su tela riesce a comunicare, però, un’innata profondità di carattere e una delicata umanità. In questi ultimi lavori a colpire sono gli sfondi. Sfondi che donano una luce autoportante alle composizioni. Katz, difatti, predilige verdi e rosa fluorescenti che stagliano in un piano parallelo i soggetti, ai quali viene, così, strappato il ruolo predominante. A questo punto è immediato chiedersi se gli sguardi ipnotizzati dei ritratti siano trattenuti da quel che si stende alle loro spalle, più che da quel che si trova loro davanti. Effetto ottenuto grazie al gioco veloce ma paziente della pennellata, che imprigiona con rigore e dinamismo tutte le superfici e i loro significati.
In Kenitta (2005) non ci sono macchie o zone d’ombra, la pelle eburnea scintilla. Più oltre, dove si vorrebbe, per vizio o abitudine, staccare il particolare dall’insieme, si rimane bloccati da masse unitarie e compatti profili. A seconda della posizione che si occupa davanti alla tela, cambiano le visioni del tempo. Gli occhi pieni sembrano rimasti imprigionati in quella posizione da anni, mentre il labbro inferiore luccica ammiccante come appena inumidito. Questo concetto di stratificazione temporale è il segreto che si ripete all’interno del materiale pittorico del maestro. Anche in Magnolia Tree (2005) si incontra lo stesso espediente straniante. La tela è una vista orizzontale, in formato cinemascope, di un albero ri-composto.
Alex Katz, Magnolia Tree, 2005, olio su tela, cm 152 x 366
La visuale, infatti, si apre su più elementi legati all’idea di albero, ma non su un vero e proprio soggetto intero. All’interno di uno spazio costruito su pennellate seriche, si schiude il movimento vertiginoso di foglie e di fiori. Sembra di essere davanti alla sovrapposizione di due momenti, due istanti senza stagione. Una specie di primavera in fiore già pronta a cadere sul fondo del dipinto, alla base dell’albero, come d’autunno.
Sembra tutta qui la forza dei dipinti di Katz. Là dove sembra esserci distonia tra le parti dipinte interviene la violenza spaesante della luce. In questo modo il pittore dona libertà al concetto di paesaggio, ricostruendo una nuova idea di spazio aperto.

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Alex Katz
Galleria Monica De Cardenas, Via Francesco Viganò 4, 20124 Milano
Da martedì a sabato, dalle 15 alle 19, ingresso libero
Per informazioni: tel. 02.29010068, oppure sito internet: www.artnet.com/decardenas.html


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