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15
luglio 2013
Fino al 19.VII.2013 Rosa Barba, The mute veracity of matter Milano, Galleria Gio’ Marconi
milano
Quando il cinema "scolpisce" nello spazio effetti cinetici, sonori e luminosi, allora c’è Rosa Barba, artista italo tedesca che si riconosce per una poetica romantica nel mare magnum delle videoinstallazioni contemporanee -
Nella galleria milanese di Giò Marconi ospita la seconda mostra personale di Rosa Barba, nata ad Agrigento nel 1972, cresciuta in Germania, dove ha studiato all’Academy of Media Arts a Colonia, che vive e lavora a Berlino e che ha partecipato alla 53° edizione della Biennale di Venezia (2009). L’artista è già stata premiata con il Nam June Paik award, ha tenuto personali alla Tate Modern di Londra, al Jeu de Paume di Parigi e alla Kunsthaus di Zurigo. La distingue una passione/ossessione per il cinema: sono uniche le sue “sculture filmiche” con installazioni composte da strumenti vintage del cinema analogico, utilizzati da molti altri artisti della sua generazione, ma lei è più originale perché introduce aspetti più romantici e poetici nell’ambito di una rigorosa ricerca concettuale. Barba trasforma le potenzialità cinetiche dell’immagine cinematografica, contornate da un misterioso alone di luce avvolgente, in installazioni site specific d’impatto scenografico. Come? Lo capirete immergendovi in uno spazio completamente oscurato nella sala al piano terreno della galleria, dove sarete accolti da una luce diffusa dallo schermo e fagocitati da installazioni sonore composte da proiettori, schermi, bobine e altri ingranaggi in movimento, utilizzati come ready-made non tanto del cinema, bensì della memoria, fluida come il pensiero, forse ispirata al film Nuovo cinema Paradiso (Tornatore, 1988).
Anche il fruscio di una vecchia cinepresa e il suo funzionamento a scatti che interrompe la continuità del suono, vi farà entrare “dentro allo schermo”, nel mezzo di ambienti immateriali, fatti di parole, luci, immagini in movimento scomposte e reinterpretate, nastri avvolgenti che disegnano traiettorie immaginarie e alterano la percezione del tempo. Resta impressa nella memoria la grande scultura in feltro: The Contemplative or the Speculative (2013), sospesa al soffitto, sulla quale è inciso un testo illuminato da un proiettore, le sculture cinetiche come Still Anchored in One Point from which They Emerge (2013), Footnotes (2013), Colors Clocks: Verticals Lean Occasionally Consistently Away from Viewpoints (2012) definite dall’artista “dipinti cinetici”: sono tre imponenti strumenti meccanici con pellicole 35 mm, sulle quali sono stampate alcune lettere, che si muovono in continuazione e ogni nastro riproduce in parola un colore, rosso, blu e giallo.
Barba piacerebbe a Rosalind Krauss, tra i critici più autorevoli americani, esploratrice che si muove tra i media estetici e la memoria, anche in Color Studies (2013), in cui utilizza i tre colori primari che dialogano tra loro attraverso la condivisione dello schermo di proiezione, dando vita a una gamma infinita di colori. Merita il giusto tempo di osservazione il film in 35 mm Time as Perscpective (2012), girato in elicottero nel deserto del Texas, incentrato su gigantesche trivellatrici, leve, pozzi petroliferi, pompe che ripetono tutte costantemente lo stesso movimento meccanico. Questo video pseudo realista evidenza le potenzialità scultoree di oggetti meccanici e la poetica del paesaggio,suscita questioni tematiche sullo sfruttamento delle risorse naturali e altri problemi sociali, ma è poetico e vi fa perdere la dimensione del tempo in lande arse dal sole, in cui le immagini avveniristiche si ibridano con documenti storici, materializzando visioni del futuro. I suoi film sono incentrati sul concetto di tempo, svelando un universo in dissolvenza e profondità inesprimibili, misteriosamente situate all’interno della storia. Ha dichiarato l’artista: «gli intervalli di tempo impilati uno sopra l’altro in una sorta di ‘profondo tempo’geologico sono alla base della mia riflessione sul mezzo filmico».
Jacqueline Ceresoli
Mostra visitata il 10 giugno
Rosa Barba
Dal 27 maggio al 19 luglio 2013
Galleria Giò Marconi via Tadino 15, Milano
Orari: lunedì – venerdì, 10-13, 15-19