25 aprile 2006

fino al 21.VI.2006 Ecce Uomo Milano, Spazio Oberdan

 
Stasera si recita a soggetto. Allo Spazio Oberdan, riflettori puntati sulla condizione umana. Che è continuo dolore, solitudine, malinconia, angoscia. E non c’è più spazio per nessun dio...

di

Ecce Homo. Indimenticabile ostentazione di dolore della storia dell’arte occidentale. Ecco il Cristo, si intendeva. Il Dio-Uomo, umiliato, schiaffeggiato, violentato, ferito nel suo essere uomo per scelta. Eccolo a Pilato, eccolo alla morte, eccolo a voi, uomini che non l’avete capito. Con la sua corona di spine insanguinate e le mani legate dietro alla schiena. Così nacque uno dei più celebri soggetti iconografici della nostra tradizione, letto e interpretato da nomi immortali. Ma è una storia di tanto tempo fa. Quando ancora arte e cristianesimo si intrecciavano spesso inscindibilmente. Che valore avrebbe, oggi, recuperare nel senso e nell’estetica un’iconografia cristiana di tal genere? Forse, in sé e per sé, nessuno. Ma Sergio Risaliti e Gemma De Angelis Testa scelgono la via fin troppo nota della reinterpretazione, prendendo in prestito l’Ecce ostensivo senza disturbare l’Homo cattolico, sostituito, semplicemente, con l’Uomo. L’unica realtà che oggi, dopo Nietzsche e Marx, può avere un senso. Per titolare un progetto espositivo che chiama a raccolta allo Spazio Oberdan di Milano una sessantina di opere di trentaquattro artisti contemporanei prelevate da collezioni private, selezionate dai due curatori in base a una precisa vocazione. Raccontare il Dolore. L’uomo e il suo dolore. Il dolore di essere uomo. Non è difficile scomodare, come base teoretica di un progetto espositivo di questo respiro, tanta parte della filosofia e della letteratura europea dei due scorsi secoli (come ha fatto, giustamente, Risaliti nel bel testo critico pubblicato in catalogo). Dalla nietzschiana morte di Dio al male di vivere montaliano, dal Nulla strutturale heideggeriano allo struggimento leopardiano, dalla follia sistematica di Artaud alla nausea sartriana, la densità di pensiero della nostra cultura ha constato la morte clinica della fede religiosa, e di conseguenza della capacità di dare un senso, un perché, un volto all’oscillazione allucinata dell’esistenza umana. Non si può chiedere all’arte di dare risposte. Ma di porsi domande, sicuramente Anselm Kiefer - Untitled - 1995 - acrilico su tela - cm 230x170 - collezione privata, Milano sì.
Ed eccoci dunque all’interno di un percorso che raggiunge punti di alta poesia, qualche caduta di stile e molta, molta tristezza. Prendete ad esempio Adrian Paci (Albania, 1969), con la malinconia disperata e ancestrale della filastrocca cantata a più voci da una bimba e da tanti anziani. La vita che inizia e la vita che finisce, con la stessa fragilità. Prendete la desolazione bellissima dell’adolescenza rubata nei ritratti fotografici di Ingar Krauss (Berlino, 1965). Guardate l’uomo senza tempo, solo con il kantiano cielo stellato sopra di sé, e il suo dolore in sé, nel lavoro dello spiritualissimo Kiefer (Donaueschingen, 1945). E ancora il mare infinito e desolato di Hiroshi Sugimoto (Tokio,1948), il video concettuale e alienante di Marcella Vanzo (Milano,1973), la celebre riflessione culturale e femminile della Neshat (Iran, 1957). O le modelle esangui e annoiate dai perché della vita di Vanessa Beecroft (Genova, 1969).
Poi c’è il dolore fisico, quello che urla, quello che strazia le carni e lo spirito. Lo interpretano una Marina Abramovic (Belgrado, 1946) forse già vista troppe volte, la mano trafitta del nostro Cattelan (Padova, 1960), la videoinstallazione di Bill Viola (New York, 1971). Chiude il percorso un video a doppio schermo di Francesco Vezzoli (Brescia, 1971) che, dichiarando ancora una volta il suo attaccamento alla storia del cinema, parla d’amore e di morte, fino a soffocare l’ultimo filo di voce umana. Perché, evidentemente, non c’è più nulla da dire. Restano solo le decine e decine di bicchieri vuoti, in cui hanno bevuto persone più o meno famose (elencate con zelo dall’artista), di Kendell Geers (Johannesburg, 1968). Gente che è passata, e ora se ne è andata. Esattamente come l’uomo sulla terra.

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barbara meneghel
mostra visitata il 14 aprile 2006


Ecce Uomo. (33+1) artisti contemporanei da collezioni private a Milano
a cura di Emma De Angelis Testa e Sergio Risaliti
Spazio Oberdan, Viale Vittorio Veneto 2 – 20124 Milano (zona Pta Venezia)
Orario: tutti i giorni 10:00 – 19:30, martedì e giovedì fino alle 22:00, aperto il 16 aprile (Pasqua)15:00 – !9:30 e il 17 aprile (Lunedì dell’Angelo) 10:00-19:30 – Chiuso il 1° maggio e tutti gli altri lunedì
Biglietto: intero € 6,20, ridotto € 4,10; scuole € 2,70 – Ingresso libero venerdì 31 marzo e il primo martedì del mese
Catalogo edito da Electa – Info: tel 02 77406300 – www.provincia.milano.it/oberdan


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3 Commenti

  1. ennesima mostra a tema, questa volta per tirar fuori dalle collezioni un po di lavori..
    si salta di palo in frasca.. non si capisce perchè se c’è kiefer .. non c’è baselitz o
    ontani… o clemente. si poteva chiamare ecce acquisizioni….

  2. Ohi Gino, guarda che il fatto che una mostra abbia un tema è la ragione di esistere della stessa, si cerca di illustrare con le opere il TEMA…certo, c’è chi con la dittatura del pubblico e Pantagruel ne fa a meno, troppa fatica dare un senso compiuto a un’esposizione, ma persino quelle hanno il pretesto dell’accozzaglia come filo comune. Poi, eventualmente, si può discutere sul fatto che vi siano certi artisti invece che altri, ma essendo una mostra basata sulle collezioni di una lobby è evidente che non ci si può aspettare più di tante sorprese. In ogni caso la mostra è ben allestita, concettualmente ricca ed estremamente coerente, se proprio vuoi criticare almeno cerca di intervenire con qualche concetto.

  3. ti prego libera la tua scultura dal piedistallo che gli hai messo sotto i piedi. Alla Biccocca se ne stava felice con i piedi sporchi di terra invece su quell’altarino di ferro non sembra neanche una bella opera.
    Grazie
    tuo affezionato
    a.o.

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