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11
luglio 2008
fino al 27.VII.2008 Tarantula Milano, Palazzo dell’Arengario
milano
Quattordici giornate portano in piazza Duomo, a Milano, altrettanti video d’artista. Dalle sperimentazioni degli anni ‘70 ai lungometraggi in ambientazioni 3d. Sul più grande megaschermo euroepeo a led. Con danze, suoni, lotte e possessioni promosse dalla Fondazione Trussardi...
di Ginevra Bria
Spesso il mondo è costretto a parlare solo a causa della verità. Quella giustizia eletta come paladina del reale visibile e del suo contrario fantasma, a difesa delle forze malvagie portatrici di intenzionalità annientanti. Il vero si manifesta come un accessorio preminente che mantiene il sopravvento grazie alla figurazione e a ogni eversiva espressività umana. Così, quel che si vede o si percepisce, sintetizzato e tratto in salvo, fuori dalla scienza della definitezza, diventa preda dell’ostinazione e si assoggetta a un confronto apolide e paradossale, sostenuto dalla certezza dei dati senza misurabilità, dati mantenuti al di là di ogni ragionevole dubbio. E di ogni possibile volo immaginifico.
Con il progetto Tarantula e i morsi scopici delle sue visioni, invece, la verità non si interroga, ma balla e viene ballata, impazzando sul mondo; quel velo in secondo piano steso appena più in là della macchina da presa. Ciascun scenario agito e introiettato, secondo diversi punti di vista, verrà presentato fino al 27 luglio attraverso quattordici video d’artista, uno per ciascun giorno della settimana, con due proiezioni alle 18 e alle 20, con una sequenza in seconda replica a partire dal 14 luglio.

Chiunque dovesse passare da piazza Duomo, in questi giorni, non potrà fare a meno di alzare lo sguardo, come se dovesse far caso a un tabellone pubblicitario, per poi invece incappare nella trappola, nella ragnatela tessuta da Tarantula. Tanto l’occhio di chi decide di tirare diritto quanto quello di chi decide di soffermarsi sulle immagini, diventerà facile preda dei video che animano questa rassegna pubblica, proiettata su cinquecento metri quadrati di facciata potenziata a led, attorno ai ponteggi del Palazzo dell’Arengario. Ognuno, passando in rassegna i veleni e le spire, acquisirà una coscienza smagata sull’incapacità dell’individuo contemporaneo di insediarsi e di avvertire l’appartenenza a un corpo, un recinto che nemmeno costituisce più fissa dimora, tanto nell’ordine di tramite del divino quanto della natura o della sua stessa origine.

Chi verrà colpito dal morso (o dalla morsa) immaginaria di Tarantula, dunque, diverrà a sua volta preda e testimone oculare di vere e proprie possessioni d’artista. In serie, sullo schermo si passerà dalle reazioni ripetitive e iper-sezionate dei video a emissione costante sulle circoscrizioni spaziali (Zone, 1971) di Vito Acconci ai tributi più acidi, trasparenti, appiattiti e asfittici posti attorno alle smorfie di Pippilotti Rist (À la belle étoile, 2004). A seguire, si sono avvicendate le aperture immense delle città tridimensionali di Patrick Tuttofuoco (La noce d’oro, 2005), che cancellano con un solo colpo di mano lo spazio e il tempo reale, per una più visionaria dimensione della vita come videogioco di un luna park. Occorre necessariamente essere preparati ai fotogrammi mitraglianti di Aïda Ruilova (Uh oh, Almost e I have to stop), che sceglie di proiettare rapidissime scaglie di crisi urlate da soggetti sospesi.

Lo scorso sabato, invece, sono sfilati gli omaggi alicecooperiani (Alice Cooper, 2001) alle lotte, alle danze invasate e alle micro-impalcature inventive di John Bock. A partire da domenica 6 luglio si alternano giornalmente: le lunghe danze di Gillian Wearing (Dancing in Peckham, 1994), i karaoke poetici (Foolish Thing, 2002) di Roberto Cuoghi, le delicate scene di Victor Ampliev (Summer lightning, 2004), il divertente e travestitissimo Cancan! di Rä di Martino, per poi passare attraverso le anticheggianti mosse girevoli di un burattino (Children’s Crusade, 2004) diretto da Marcus Schinwald, che precederà le immagini senza nome di rose che sparano fulmini (Rennaissance Rose, 2008) e ballerine che fendono l’aria saltando sollevate davanti all’obiettivo di Trisha Donnelly.

Dopo le proiezioni di Klara Linden e di Johanna Billing, Tarantula chiuderà con le atmosfere funky di Mark Leckey, ultimo posseduto di questa carrellata di liberati nel segno dell’estasi.
Con il progetto Tarantula e i morsi scopici delle sue visioni, invece, la verità non si interroga, ma balla e viene ballata, impazzando sul mondo; quel velo in secondo piano steso appena più in là della macchina da presa. Ciascun scenario agito e introiettato, secondo diversi punti di vista, verrà presentato fino al 27 luglio attraverso quattordici video d’artista, uno per ciascun giorno della settimana, con due proiezioni alle 18 e alle 20, con una sequenza in seconda replica a partire dal 14 luglio.

Chiunque dovesse passare da piazza Duomo, in questi giorni, non potrà fare a meno di alzare lo sguardo, come se dovesse far caso a un tabellone pubblicitario, per poi invece incappare nella trappola, nella ragnatela tessuta da Tarantula. Tanto l’occhio di chi decide di tirare diritto quanto quello di chi decide di soffermarsi sulle immagini, diventerà facile preda dei video che animano questa rassegna pubblica, proiettata su cinquecento metri quadrati di facciata potenziata a led, attorno ai ponteggi del Palazzo dell’Arengario. Ognuno, passando in rassegna i veleni e le spire, acquisirà una coscienza smagata sull’incapacità dell’individuo contemporaneo di insediarsi e di avvertire l’appartenenza a un corpo, un recinto che nemmeno costituisce più fissa dimora, tanto nell’ordine di tramite del divino quanto della natura o della sua stessa origine.

Chi verrà colpito dal morso (o dalla morsa) immaginaria di Tarantula, dunque, diverrà a sua volta preda e testimone oculare di vere e proprie possessioni d’artista. In serie, sullo schermo si passerà dalle reazioni ripetitive e iper-sezionate dei video a emissione costante sulle circoscrizioni spaziali (Zone, 1971) di Vito Acconci ai tributi più acidi, trasparenti, appiattiti e asfittici posti attorno alle smorfie di Pippilotti Rist (À la belle étoile, 2004). A seguire, si sono avvicendate le aperture immense delle città tridimensionali di Patrick Tuttofuoco (La noce d’oro, 2005), che cancellano con un solo colpo di mano lo spazio e il tempo reale, per una più visionaria dimensione della vita come videogioco di un luna park. Occorre necessariamente essere preparati ai fotogrammi mitraglianti di Aïda Ruilova (Uh oh, Almost e I have to stop), che sceglie di proiettare rapidissime scaglie di crisi urlate da soggetti sospesi.

Lo scorso sabato, invece, sono sfilati gli omaggi alicecooperiani (Alice Cooper, 2001) alle lotte, alle danze invasate e alle micro-impalcature inventive di John Bock. A partire da domenica 6 luglio si alternano giornalmente: le lunghe danze di Gillian Wearing (Dancing in Peckham, 1994), i karaoke poetici (Foolish Thing, 2002) di Roberto Cuoghi, le delicate scene di Victor Ampliev (Summer lightning, 2004), il divertente e travestitissimo Cancan! di Rä di Martino, per poi passare attraverso le anticheggianti mosse girevoli di un burattino (Children’s Crusade, 2004) diretto da Marcus Schinwald, che precederà le immagini senza nome di rose che sparano fulmini (Rennaissance Rose, 2008) e ballerine che fendono l’aria saltando sollevate davanti all’obiettivo di Trisha Donnelly.

Dopo le proiezioni di Klara Linden e di Johanna Billing, Tarantula chiuderà con le atmosfere funky di Mark Leckey, ultimo posseduto di questa carrellata di liberati nel segno dell’estasi.
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ginevra bria
dal 30 giugno al 27 luglio 2008
Tarantula
a cura di Massimiliano Gioni
Palazzo dell’Arengario
Piazza Duomo – 20122 Milano
Orario: tutti i giorni ore 18 e 20; sabato e domenica ore 12, 18 e 20
Ingresso libero
Info: tel. +39 028068821; info@fondazionenicolatrussardi.com; www.fondazionenicolatrussardi.com
[exibart]