12 ottobre 2009

fino al 30.X.2009 Arthur Tress Milano, Ca’ di Fra’

 
Non solo nudi maschili, né mera riproduzione visionaria. Ma la suggestione dell'immagine reale. Simbolicamente trasfigurata e urtante nella sua immediatezza. Le ostensioni riservatissime di un fotografo timido...

di

Il corpo e la visione. Questi gli elementi che
danno l’impronta di sé alla mostra del fotografo americano Arthur Tress (New York, 1940). In
esposizione una serie di ritratti fotografici già sintetizzata nel concetto di
chiaroscuro emotivo“, valore iconografico che occasiona
reazioni ora di approvazione ora di disturbo.
Nessuna provocazione. Nulla che susciti lo
sdegno dell’inaudita gravità. Codeste immagini né oppongono né impongono. Il
loro potere sta nella forza tranquilla con cui realizzano l’incontro con
l’osservatore, malgré lui: negazione dell’ostensione (dell’immagine) e
della conazione (dell’autore dell’immagine). Un’attitudine inversa alla tipica
anima artistica, così prepotente per l’esuberante bellezza che attrae a sé:
quale artista non è vanesio? Bene, Tress non è vanesio.
Una serie di complessità caratterizza questi
scatti semplici (la semplicità, così potente quando la si sa usare: si pensi
alla forza devastante di Ungaretti e al suo M’illumino d’immenso). Innanzitutto: più che
del corpo e della visione, la mostra espone le determinazioni dell’uno e
dell’altra.
Arthur Tress - Don't call me man - New York, 1979 - cm 25x20 - ed. di 50
Primo argomento, il corpo. Concetto non
declinato sull’estrema generalizzazione della corporeità – che nella
prospettiva di Arthur Tress probabilmente non denota alcunché – quanto
piuttosto coniugato al correlato individuato e singolo del corpo maschile.
Soggetto che richiama ovvie e recondite armonie con un Mapplethorpe, dal quale tuttavia
s’allontana per l’icasticità scenografica con cui, più che allestire scenari, Tress
mette in scena il corpo maschile semplice così come esso si presenta al suo
sguardo discreto (certo, l’elemento “forte” appare anche qui, si veda
per esempio Don’t call me man N.Y.).
Secondo argomento, la visione. Anche in questo
caso, non tanto il generico referente iconografico di una fantasia romantica – gli
artisti “visionari” son legione – quanto piuttosto l’apparizione
dell’immagine nell’accezione fantasmatica del concetto di apparire: un venir
incontro dell’immagine all’osservatore.
Arthur Tress - Boy in mud - Pittsburgh, 1972 - cm 50x40 - ed. di 20
Ciò che riguarda in particolare quegli
scatti – Girl
collecting goldfish
e Kent
on slide
– in cui sono dominanti gli elementi del sogno e della
sospensione. Fortemente caratterizzati dal fanciullino che sommuove l’animo dell’artista.

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mostra visitata il 18 settembre 2009


dal 18 settembre al 30 ottobre 2009
Arthur Tress
Galleria Ca’ di Fra’
Via Farini, 2 (zona Cimitero monumentale) – 20121 Milano
Orario: da lunedì a venerdì ore 10-13 e 15-19; sabato su appuntamento
Ingresso libero
Info: tel./fax +39 0229002108; gcomposti@gmail.com

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