08 ottobre 2010

fino al 31.X.2010 Valerio Berruti Milano, Fondazione Stelline

 
Una mostra con un titolo preso in prestito da Pessoa non può che parlare di identità multiple. Se poi la mostra è di Berruti, è d’obbligo chiedersi chi e quanti sono i bambini protagonisti dei lavori...

di

Parte da Fernando
Pessoa e dal titolo emblematico di un suo libro, Una sola moltitudine, la mostra di Valerio Berruti (Alba, Cuneo, 1977; vive a
Verduno, Cuneo) alla Fondazione Stelline di Milano. Una personale, curata da
Olga Gambari, che racconta una duplice scoperta: quella della produzione
plastica dell’artista piemontese e della dimensione psicologica, e non solo
intima, dei suoi lavori.

È infatti la prima
volta che viene presentato in modo organico il frutto del passaggio, quello alla
scultura, iniziato nel 2008 da un’intuizione avuta durante la realizzazione
della Figlia di Isacco, il video presentato all’ultima Biennale di Venezia: “Mentre ero
alle prese con i disegni per l’animazione che avrei presentato al Padiglione
Italia
”, ricorda
Berruti, “mi sono accorto che il movimento delle mie figure mi portava verso
la tridimensionalità
”.

I disegni, gli
arazzi, i video, le formelle, i bassorilievi e i busti esposti tra il giardino,
il chiostro e le sale interne delle Stelline raccontano l’avvicinamento
dell’artista alla scultura. Un nuovo mezzo espressivo che si è aggiunto, e non
sostituito, ai suoi ormai inconfondibili lavori su carta e juta, ed è balzato
agli onori della cronaca nella passata edizione di Arte Fiera, quando i 108
bassorilievi dell’installazione Hug furono venduti a 130mila euro dalla Galleria Marco Rossi
Artecontemporanea.

C’è poi un’altra
scoperta che, se possibile, è ancora più grande della sorpresa di trovarsi di
fronte a Soldier, la
scultura alta tre metri di una delle classiche bambine di Berruti, ed è
l’esplosione, o piuttosto la finale maturazione dell’aspetto psicologico dei
suoi lavori. Non che finora non ne avessero avuto uno, ma era la psicologia di
personaggi inestricabilmente legati alla dimensione intima e protettiva di
contesti come quello familiare, nella serie Family values, o scolastico, in Primary o Schoolchildren. E anche quando i bambini si sono
trovati da soli, o al massimo in coppia, ad abitare i suoi lavori, c’è sempre
stato un aspetto ludico in questa solitudine.

Ora queste figure
solitamente in movimento, che girano vorticosamente attorno a una sedia (come
nel video La figlia di Isacco) o tentano di volare con ali di cartone (I can fly), si sono fermate. Immobili e
sole, senza più la serenità del gioco, sembrano perse in un momento di
riflessione (non a caso una grande installazione di sei sculture si chiama Narciso) e guardano lo spettatore
chiedendosi, forse chiedendogli, chi sono e cosa ci fanno lì.

Qui entra in gioco
il titolo della mostra, che è anche quello del lavoro principale esposto negli
spazi di corso Magenta, un’installazione di 400 testine alte cinque centimetri
realizzate in ceramica bisquit. Sono loro la “sola moltitudine”, in cui il
“sola” è leggibile sia come solitaria che, al contrario, come unita, coesa. Ma
se si chiede all’artista se quelle centinaia di busti di bambini si sentano in
compagnia, la risposta è un secco no: “È una folla fatta di individui
singoli
che
incarnano quella solitudine nella moltitudine
”, spiega Olga Gambari.

La citazione di
Pessoa apre, però, a un’altra domanda. Lo scrittore maestro della
frammentazione della personalità nei versi che appaiono nelle prime pagine di Una
sola moltitudine

scrive: “Siamo troppi se guardiamo chi siamo”. E se tutti i bambini di Berruti
fossero in realtà uno solo?

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dal 22 settembre al 31 ottobre 2010

Valerio
Berruti – Una sola moltitudine

a cura di Olga
Gambari

Fondazione
Stelline

Corso Magenta,
61 (zona Magenta-Cadorna) – 20123 Milano

Orario: da
martedì a domenica ore 10-20

Ingresso
libero

Catalogo
Silvana Editoriale

Info: tel. +39
0245462111;
fondazione@stelline.it; www.stelline.it

 

[exibart]

29 Commenti

  1. E’ sufficiente introdurre la figura umana in un ‘opera per investire la sfera psicologica? Questo è il grado di semplificazione a cui si viene costretti difronte ad alcune opere. E un certa interpretazione delle arti visive sembra relegare questa forma d’arte a disciplina di serie B. E sufficiente questo figurativismo prevedibile nel 2010? Quando viviamo circondati da immagini e immaginari presentati attraverso modalità molto più raffinate ed efficaci? Mi sembra che la realtà, oggi nel 2010, renda certe manifestazioni artistiche come accessori. Lo stesso narcisismo dell’identità artistica appare stucchevole. Io provo un senso di appesantimento di fronte a queste opere. Mi rendo conto della loro utilità legata ad una certa relazione con l’opera d’arte. Ma tale relazione mi sembra anacronistica in questa fase storica; tale relazione è ormai legata ad una tendenza all’arredamento da interni e da esterni. Ad un feticismo dell’oggetto che rende molto più contemporanee altre discipline ed altre modalità.

  2. @ luca rossi: Le si può obbiettare che pure la Sua riproposizione ostinata e acritica della mail art (tanto anni ’60) e di tattiche d’occupazione virtuale degli spazi (caderè & c) pare non solo anacronistica, ma pure ampollosa.
    Non può inoltre affermare di coltivare una genuina distanza da un’identità (artistica) convenzionale e narcisistica: l’accanimento con sui si è legato alla Sua maschera, (Luca Rossi), comporta un depotenziamento delle Sue finalità d’analisi e di critica del sistema: certa figurazione/altro è stancante come la Sua prevedibile riconoscibilità e grottesca autorevolezza nel collaborare con taluni operatori in una modalità remissiva ed innocua (vd flashart, carrara, interviste varie, email ai soliti …)

  3. caro rossi questi lavori si sa che sono pessimi
    ma temo che l’anacronismo e la fase storica e l’arredamento c’entrino poco se non per reiterare quella che mi sembra una litania: sono mediocri e basta, solo un mezzo intelligente come beatrice poteva portarli alla biennale
    ma forse … non saresti piu curioso di andare a visitare nelle tasche?altro che analisi storiche! cosa devo fare un’alisi storica per delle cazzate?

  4. è una recensione degna di questa mostra imbarazzante. per sviare al vero concetto dell’arte, dell’infanzia e della scultura, parliamo di soldi, di quanto l’artista abbia fatto parlare di sè attraverso una grande vendita! però che considerazione. e di già pubblicizziamo anche un pò la galleria che ha effettuato la vendita.
    è una mostra indifendibile.
    e un artista non è tale solo perchè vende tanto e caro.

  5. personalmente credo piuttosto che una recensione di questo tipo sia estremamente semplificatrice, tanto da rasentare la superficialità. per fortuna non esiste solo l’arte concettuale, ma possiamo in questa epoca godere ancora di qualcosa che gratifica gli occhi e che accarezza l’anima.

  6. il bello dei commenti è che si ha lo spazio e la libertà per scrivere quello che si vuole.

    il brutto è che pochi usano questi spazi per dire qualcosa di sensato. se cercate la parola commento sul dizionario troverete la definizione: “Resoconto esplicativo, corredato da una serie di giudizi critici”.

    ecco, io non vedo nessun corredo di giudizi critici. scrivete che è superficiale (la recensione), non è raffinato, non è efficace, è mediocre (l’artista), ma nessuno spiega il proprio giudizio.

    senza spiegazioni i vostri commenti sono vuoti come i nomi con i quali vi firmate

  7. @H: Mail art??? Occupazione degli spazi? Con whitehouse sto semplicemente curando un blog. Non ho mai occupato spazi illegalmente e tanto meno ho fatto “mail art”, termine che fa abbastanza rabbrividire. Se utilizzo l’ e-mail o i commenti questi sono strumenti e non contenuti. Sono informazioni finalizzate ai contenuti. Se mi arriva una mail di Peep-hole con il comunicato stampa e quant’altro, dobbiamo pensare che De Bellis-Roccasalva-Daneri facciano mail art? Suvvia..

    @Bizantini: Francamente andare a Milano,alla Fondazione Stelline, per vedere nel 2010 una scultura di una bambina alta e bianca non mi accarezza l’anima. Ma mi fa pensare che l’arte sia diventata una disciplina spuntata e accessoria.
    Poi appena si criticano alcuni artisti che ruotano intorno al vituperato padiglione di Beatrice, si dice subito che l’arte concettuale ha stancato e che non ci può essere solo l’arte concettuale. Non è questo il discorso: la differenze sta tra una certa arte che riesce a dialogare con la contemporaneità e una certa arte che non ci riesce. Questo a prescindere dal mercato e dalle pubbliche relazioni che possono sostenere quello o quell’altro artista.

  8. A tutti voi cari amici: anacronismi? Imbarazzo? Monetizzazione?
    Ma voi siete sicuri che ci sia molta differenza tra Berruti (del quale lavoro è meglio non spendere una parola, anche perchè non c’è nulla da dire… chissà lui come fa a parlare tanto!) ed i tanto considerati artisti del mondo di flash art (i Gabelloni, i Cuoghi, le Pivi?). Insomma: che differenza c’è tra una foto “suggestiva”(è il termine che tutti utilizzano per descrivere queste situazioni tanto esaltate e tanto banali) e una supposta (chiaramente non nel senso farmaceutico… sono troppo grosse… monetizzare!) scultura di Berruti? Non vi siete resi conto che sono solo due mondi vacui differenti per moda ed uguali per valori (nessuno)? Alla fine son solo soldi… da entrambe le parti. Ma non possiamo lamentarci: siamo noi che abbiamo pensato che dovevamo inginocchiarci al nulla degli Opie, dei Serra, degli Schnabel, e di tutte le Vanesse (ops… adesso dicono che sia in crisi… poverina! Consoliamola!). E allora evviva i Berruti ed evviva la Pivi. E’ ciò che meritiamo!

  9. sono d’accordo con te Stefano e sottoscrivo. Tra l’altro mi scuso perchè mi sono espressa male. Ho parlato erroneamente di “recensione” riferendomi in realtà al primo commento di Luca Rossi, ho commentato a caldo subito dopo averlo letto seppur sia stato pubblicato dopo tanti altri post e da qui l’equivoco.

    Quindi, anche se espresso male, il mio era l’unico commento positivo a questa mostra che ho trovato splendida, profonda e poetica. Leggendo la tua recensione (questa volta uso il termine giusto) ho ripercorso mentalmente ciò che ho visto in questa mostra e cò che conosco di Berruti e credo che tu abbia riassunto alla perfezione il suo percorso artistico e, credo, anche le sue intenzioni. lo penso solo io? possibile?
    Cosa c’entrano i prezzi delle opere? E perchè certi artisti devono essere marchiati come commerciali a forza? Questa a mio avviso è la superficialità.

  10. Anch’io trovo questi lavori stantii e derivativi, forse Berruti non guarda cosa fanno i suoi coetanei più attenti, come Fischer, Rosenkranz, Koh ecc. Non dico che debba imitarli, ma cercare un linguaggio più personale e attuale dovrebbe essere alla sua portata, perchè non è un incapace ingenuo. Solo una cosa, per Achab: Luca Beatrice non è un “mezzo intelligente”, ma un grande scrittore d’arte MOLTO intelligente. Ha scelto un posizionamento di mercato medio per non essere uno dei tanti internazionalisti anonimi, ma io ho letto sue recensioni su artisti come Santiago Sierra, che non è (con rispetto) Berruti e non sono certo articoli scritti da un “mezzo intelligente”.

  11. forse qualcuno ha consigliato al povero berruti di passare dalla pittura (se pittura si può chiamare) alla scultura? certo è che signori se ci si guarda intorno la scultura ha un valore unico e inconfondibile, non un tentativo tanto per prvare a vedere cosa succede.
    ciò che mi stupisce di più è la curatrice, che spero per lei sia stata ben pagata e non abbia potuto avere voce in capitolo, perchè oltre al lavoro stesso inesistente, è inesistente anche l’allestimento. anzi, è imbarazzante.
    chiedo scusa se ho espresso un parere, poichè di parer si tratta e non di critica. io non sono nessuno se non un semplice lettore di exibart e amante della bella arte.
    cordiali saluti

  12. Caro joe Galaxy non so cosa leggi normalmente, dal tuo nick direi i fumetti e quindi è probabile che un’eventuale scritto di beatrice ti posso avere impressionato forse addirittura lo aveva scritto bene ma questo potrebbe essere solo un po di mestiere: la vera intelligenza non contempla l’opportunismo e la furbizia perchè questi implicano incoerenza che implica pressapochismo che implica mezza intelligenza
    che poi la sua sia una scelta il supo percorso non dimostra ancora la salita a gradini superiori!
    siccome siamo in una certa situazione italiana (ma succede dovunque) gli sprovveduti faticano a distinguere intelligenza e furbizia
    ma forse uno è furbo perchè è furbo non perchè è uno che sa pensare in modo complesso

  13. Caro Achab, a casa mia ho circa 400 libri, tra cui tutti i romanzi di Faulkner,tanto per farti un esempio di cosa leggo. L’articolo su Sierra era su Flash Art (adesso dirai che FA è opportunista, allineata, vabbe’). Riesco ancora a distinguere un analfabeta manipolatore da uno che non lo è, tanto più che la letteratura in materia è molto vasta. Viviamo in uno strano clima, ultimamente: vengono attaccate le persone quando non se ne condividono le scelte. Chissà da cosa dipende…

  14. mi chiedo solo come si possa dire nel 2010 una frase del tipo: “una scultura di una bambina alta e bianca non mi accarezza l’anima” come si può essere così superficiali?
    senza aver nemmeno visto la mostra?
    allora vale tutto!
    quindi ci son solo etichette?
    se hai lavorato con questo sei uno sfigato, se fai figurazione sei antico…
    così chiunque spara a zero su chiunque senza avere il coraggio neanche di mettere il proprio nome.
    io il mio nome lo metto e non ho nessun problema a discutere sui miei punti di vista.
    berruti può piacere o non piacere, ma almeno lui sta cercando di fare cose internazionali senza i soliti metodi all’italiana.
    o forse vince i grant a new york, a parigi a tokyo perchè è raccomandato?
    o perchè paga?

  15. caro galaxy 400 libri sono poca roba oggi, dipende che cosa hai letto
    non ho detto che beatrice è un analfabeta o uno stupido totale:
    con mezzo intelligente intendevo distinguere scaltri furbi e mediamente intelligenti da intelligenti profondi rigorosi e non opportunisti
    quanto a flash art dentro ci sono tante cose e nel tutto parecchie sciocchezze e analfabetismo di ritorno qui si: certo almeno beatrice ha il buonsenso di non innalzarsi ad alta quota

  16. tra tutti i commenti, alcuni ormai da manuale, ricorre il fatto che un artista non possa ancora fare certi lavori nel 2010. perché?
    perché se un artista ha una certa sensibilità la debba per forza piegare ad altro per il solo fatto di essere nel 2010? inoltre, a questo punto, vi domando: cos’è la contemporaneità? cosa deve realizzare un artista per essere contemporaneo e non essere, di conseguenza, accusato di anacronismo? sono proprio curiosa di leggere le vostre risposte.

  17. un’artista, per essere contemporaneo?
    tutti gli artisti oggi in vita sono contemporanei. la questione casomai è: chi sono gli artisti? sono coloro che operano in maniera autonoma, senza rifarsi a lavori di altri artisti. esempio: se luigi guarda un opera di pollock in un museo, e ascolta la guida del museo che gli spiega come è stata realizzata, poi torna a casa, mette una tela a terra e ci fa gocciolare dei colori, non è un’artista.
    se giacomino non conosce pollock, si sveglia un giorno e mette una tela a terra, ci fa gocciolare dei colori, è un’artista. ed ha lo stesso valore di pollock. tutti gli artisti hanno lo stesso valore.

  18. -la questione casomai è: chi sono gli artisti? sono coloro che operano in maniera autonoma, senza rifarsi a lavori di altri artisti.-

    secondo la tua analisi in definitiva maurizio copialan non sarebbe un artista poichè la sua principale occupazione consiste nello scopiazzare alacremente qua e là, scopiazza il dito in piazza che la giunta te lo spazza

  19. @piero: grazie per il tuo esempio, ma ho alcune perplessità sulla tua spiegazione.
    ritengo che un’artista deve conoscere quello che lo precede, oltre che per cultura, perché non può ignorare quello che lo circonda. il fatto di essere artista non è così semplicistico, perché concorrono tanti fattori affinché si possa definire qualcuno artista. nello specifico Berruti, allora, perhcé viene criticato? perché, seguendo la tua logica è un artista. però, specificatamente, la mia domanda era: che vuol dire essere artista CONTEMPORANEO?

  20. a me la mostra è piaciuta moltissimo.
    finalmente una mostra in si vede il lavoro del curatore e tutti i dettagli sono curati.
    se qualcuno mi suggerisce dove andare a vedere una mostra dove posso trovare la colonna sonora scritta apposta per l’evento e vedere un allestimento così serio sarei felice di andare a vederla!
    im

  21. Viviamo in un mondo dove la creatività e l’arte sono profondamente assorbite in tutto. Giorgio Agamben (consiglio di leggere il suo breve saggio: Che cos’è il contemporaneo) sostiene che un artista per dirsi contemporaneao deve vivere uno sfasamento con il suo tempo, con il presente, con la moda. Berruti sembrerebbe vivere questo sfasamento. Ma non è così. Il suo linguaggio (come quello di gran parte degli artisti invitati al padiglione italia 2009) trova nel pubblico degli anticorpi; basti pensare che l’ikea sta lanciando una nuova sezione ART, dove è espresso un linguaggio parificabile al padiglione italia (in cui l’unico artista che si eleva è Montesano che opera sul preteso anacronismo della pittura). L’opera diventa accessorio, arredamento di interni. La cosa semmai è utile e piacevole, ma non si pone interrogativi sul presente, soffre un presente, una realtà molto più forte e più poetica. Ho la sensazione che questo tipo di arte ceda ad una marginalità, come se si adagiasse su codici spuntati per cui il pubblico,appunto, ha già sviluppato gli anticorpi.

  22. cara daniela, noi siamo esseri umani e siamo vivi. indipendentemente dal fatto che conosciamo o meno la storia. io che studio la storia dell’umanità ho una coscienza diversa da quella di un membro di una popolazione selvaggia nella foresta amazzonica(che non conosce la storia dell’umanità). eppure siamo entrambi uomini.

    e non me la sentirei proprio di giudicare chi, tra me e lui, è migliore.

  23. mario rossi ma che dici? anticorpi? ora l’arte è diventata una malattia? un virus?

    a parte tutto non è possibile vivere in maniera sfasata, vivere un’altro tempo… è una sciocchezza. vivere senza seguire le mode invece è possibile.

  24. è molto interessante vedere cosa vedono gli occhi altrui.
    però ci sono delle basi sulle quali si deve essere onesti, e considerare questa mostra ben allestita e curata mi sembra un pò eccessivo. che cos’ha curato la curatrice? un insieme di lavori senza un senso logico se non la datazione. lavori messi lì a riempire uno spazio, non a vivere uno spazio. e poi scusate, ma la gambari che cosa cura? il testo del catalogo è insensato e immotivato.

  25. mario rossi, o chiunque tu sia, l’altro giorno non avevo tempo per spiegarmi, lo faccio ora:
    dici che Giorgio Agamben sostiene che un artista per dirsi contemporaneao deve vivere uno sfasamento con il suo tempo, con il presente, con la moda. Non ho letto il libro che consigli,quindi non so se la frase che hai scritto è una tua interpretazione o è scritta di suo pugno. in ogni caso è una cosa impossibile.
    per essere sfasati con il nostro tempo dovremmo vivere nel passato o nel futuro. puoi chiedere a tutti i fisici che vuoi, ti diranno che non si puo ancora fare. in realtà è il pubblico che non è ancora pronto per le opere dell’artista contemporaneo (che vive il presente). Ogni cosa veramente nuova ha bisogno ti tempo per essere metabolizzata. tutto qua.

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