18 novembre 2002

fino al 5.II.2003 Marina Abramovic – Portraits 1975-2002 Milano, Lia Rumma

 
Il corpo è sempre stato lo strumento delle sue performance, l’autocontrollo ed i limiti fisici e mentali il parametro per misurarlo: alla galleria Lia Rumma, sedici schermi inquadrano in primo piano Marina Abramovic, nell’ultima straordinaria retrospettiva. Con qualche novità…

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Punta d’avanguardia della performance e della body art fin dai primi anni ’70, Marina Abramovic, prima con il compagno Ulay e poi seguendo un percorso autonomo, ha segnato in maniera profonda e innovativa l’arte degli ultimi trent’anni. Lia Rumma ne ha raccolto i momenti più significativi e li ha consacrati attraverso una serie di 16 video a ripetizione continua che testimoniano alcune tra le azioni più forti ed evocative dell’artista.
Da sempre la Abramovic fa del proprio corpo l’oggetto della sua arte, mettendo in gioco e indagando i confini estremi della resistenza fisica e psicologica. Non un’aggressione violenta verso il sé, come accadeva in molti body artist, da Gina Pane a Marina Abramovic - modus vivendiScwarzkogler, ma un mettere alla prova se stessa e lo spettatore, la cui reazione è parte integrante dell’opera e fonte vitale del suo processo artistico. Le azioni di Marina fanno spesso riferimento ad una quotidianità anomala, in cui la ripetizione del gesto costituisce essa stessa un elemento straniante: l’artista si pettina con forza, fino a farsi male, mentre ossessivamente ripete “Must be beautiful “, rimane sepolta sotto il ghiaccio, anelito all’incorruttibilità della carne, riflette e piange sui dolori della vita mentre mangia a morsi una cipolla, emette profondi suoni gutturali, in una sorta di regressione ad un linguaggio primordiale, o lascia che serpenti le avvolgano il viso e striscino in ogni suo anfratto. Se queste sono le azioni che hanno reso l’Abramovic un’artista di fama internazionale, il sapore della mostra milanese è un altro, non tanto quello della retrospettiva, quanto quello dello scorrere lento e inesorabile del tempo, scandito – come nella video-installazione del ’95 Cleaning the Mirror II – dalla presenza dello scheletro, barocco rimando al tempus fugit delle vanitas seicentesche. Marina pulisce energicamente un teschio, ne indaga con le dita le orbite, gli spazi vuoti, lo stende sul suo corpo nudo e lo fa muovere al ritmo del suo respiro, mentre, lentamente, la telecamera stringe sul particolare dei due volti, stretti in un testa a testa tra la vita e la morte.
E ancora il tempo è il protagonista assoluto dell’ultimo lavoro dell’artista, presentato per la prima volta al pubblico proprio in occasione di questa mostra. Stromboli, video installazione realizzata nell’omonima isola durante l’ultima estate. Ancora un primo piano sul viso, il profilo statuario dell’artista che, sdraiata sul bagnasciuga, si lascia attraversare dalle onde, dal trascorrere dei minuti, delle ore, lasciando che granelli di sabbia, conchiglie, frammenti di mare si fermino sulla sua pelle per poi essere cancellati dall’ondata successiva in una sorta di moto perenne.
Sembra essere questo il tema su cui l’artista intende riflettere, non solo con l’ultimo lavoro presentato alla galleria milanese, ma anche con la performance che realizzerà in questi giorni presso la Sean Kelly Gallery di New York. Con The House with Ocean View – questo il titolo dell’azione – l’Abramovic si chiuderà per 14 giorni nelle stanze della galleria, senza cibo, senza libri, in uno spazio totalmente asettico ed essenziale. Sarà ancora una volta un modo di “offrire” il proprio corpo al pubblico, un sottile ma forte strumento di riflessione sul valore del tempo in una società che, sempre più, sembra averne dimenticato l’importanza.

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francesca nicosia
mostra visitata il 5 novembre 2002


Marina Abramovic-Portraits 1975-2002
dal 5 novembre al 5 febbraio 2003
Galleria Lia Rumma, via Solferino 44 (zona Brera), Milano
tel. 02/29000101, e-mail: liarumma@tin.it
orario: dal martedì al sabato 11.30 – 13.30; 15,30 – 19,30


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