26 febbraio 2016

Fino al 5.III.2016 Tedman&Strand e Virginia Monteverde, Paradoxes & Liquid Identities C E Contemporary, Milano

 

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L’11 febbraio al C|E Contemporary Milano in via Tiraboschi c’è stata la presentazione dei cataloghi della mostra “Paradoxes & Liquid Identities”, a cura di Viana Conti. L’esposizione, inaugurata a novembre dello scorso anno e prolungata fino al 5 marzo 2016, è un confronto tra il duo anglo-californiano – Kate Tedman (Regno Unito, 1979), Samantha Strand (USA, 1986) – e l’italiana Virginia Monteverde (Germania, 1969, residente a Genova). In linea con le proposte internazionali del C|E, la direttrice artistica e coordinatrice Christine Enrile ospita questo “double solo show” composto da Baseness & Obscenity / Everyday Pleasure di Tedman&Strand (letteralmente: Bassezze morali e Oscenità / Piacere Quotidiano) e Horizons di Virginia Monteverde. 
Nel primo caso, si ha in prima uscita nazionale un corpus di otto opere site specific. Le due artiste lavorano insieme dalla fine del 2013 nonostante la distanza geografica, ma vivono e lavorano entrambe in luoghi di residenza appartati dal mondo dei mass media e del jet set: nel villaggio ligure di Camogli e a Twentynine Palms, California, nei pressi del Deserto del Mojave. Ricamano a mano su seta: un lavoro artigianale – nel senso più alto del termine – e d’ispirazione romantica, che consiste nella creazione di drappi rettangolari di seta su modello dell’arazzo storico di Bayeux (detto anche della Regina Matilde), patrimonio dell’Umanità UNESCO, simbolo della celebre conquista normanna dell’Inghilterra avvenuta nel 1066 con la battaglia di Hastings. Il loro lavoro ha lo scopo di denunciare in maniera radicale e concreta i modi distanti, alienanti e spregiudicati di quella “persuasione occulta” data dai mezzi digitali di comunicazione di massa, di cui parlava il sociologo canadese Marshall Mc Luhan, per il quale il medium è il messaggio. Non a caso, il tema portante di questo loro lavoro è una riflessione sui mezzi di comunicazione propagandistici. Nel vedere queste opere, dove la parola è stata eliminata come contenuto e dove si lavora sulla struttura comunicazionale, ci si domanda: è possibile comunicare utilizzando gli strumenti della propaganda senza dire effettivamente nulla? In quest’era digitale, dell’arte consumata in fretta, della noia facile, dove per catturare l’attenzione devi utilizzare un’immagine accattivante, è più importante comunicare, utilizzando mezzi affascinanti ma vuoti oppure dire qualcosa, senza bisogno di un medium tecnologico? Inoltre, viviamo in un momento storico di profondo individualismo; eppure, queste due donne ci mostrano il valore dello scambio, della convivenza e del lavoro di squadra, in una sorta di lotta alla conservazione dell’umiltà nel mondo reale e in quello tecnologico. 
Tedman & Strand, Baseness & Obscenity / Everyday Pleasure
Di contro, frontalmente, in una sorta di vis-à-vis, troviamo invece Virginia Monteverde con un’installazione multimediale per comunicare una riflessione autobiografica sui giorni dell’infanzia, in cui il mare fotografato dalla finestra della sua camera, diventa schermo sensibile ed emozionale di ricordi, come una sorta di memoria artificiale d’ispirazione spielberghiana.
I mezzi creativi dei due poli artistici qui presenti sono diametralmente opposti: da un lato dello spazio espositivo troviamo i ricami e gli acrilici su carta di Kate e Sam, creati con il dono della pazienza e coi tempi lenti delle creazioni fatte a mano, e dall’altro il tempo reale delle riprese video-tablet, degli scatti iPhone e delle sonorità QRcode di Virginia. Quest’ultima, artista e curatrice di eventi culturali come in Art Commission Events, orienta le sue scelte artistiche verso la sperimentazione tecnologica nelle modalità espressive della pittura digitale, della videoarte, e dell’installazione multimediale. La sua opera si rifà alla “società liquida”, teorizzata dal sociologo e filosofo polacco Zygmunt Bauman. In Horizons, infatti, articola a parete tre sequenze di cinque variazioni d’orizzonte marino – da qui il nome Orizzonti – riprese fotograficamente con l’iPhon, in diverse ore del giorno, dalla finestra sul mare della sua camera. Le stampe, su carta fine art german, cm. 10 x cm.10, in cornice cm. 20 x cm. 20, sono accompagnate da tre supporti di alluminio sormontati da evocative conchiglie di madreperla, che, accostate all’orecchio, rinviano, autobiograficamente, ai ricordi di una bambina che vi ascoltava, estasiata, in solitudine, il profondo rumore del mare. Questo scenario cambia di segno, per diventare high tech, in fondo alla sequenza fotografica, dove, a parete, si presenta un cibernetico QRCode, che decodifica il rumore delle onde. Una ulteriore opera elettronica è costituita dal video sonoro posto in loop Tunnel (durata 1’ 55”) che, nello scorrimento veloce, tra l’interno della galleria e l’esterno di un litorale mediterraneo, fagocita l’attenzione dello spettatore in una angosciante, martellante, dimensione liquida, in cui riaffiorano memorie di un viaggio esistenziale vissuto alla rovescia, quando il ritorno si affolla di memorie dell’andata. In Horizons dunque troviamo un continuo fluire di opposti: cielo e mare, immobilità fotografica e mobilità video, realtà e artificio. 
Due mostre a confronto, tre artiste, due modi differenti di creare, eppure, nonostante tutto, si riesce a percepire un lato intimo, nascosto e femminile comune, un punto di contatto in mezzo a tutti questi paradossi e a queste identità liquide.
Micol Balaban
mostra visitata l’11 febbraio 2016
Dall’11 febbraio al 5 marzo 2016
Tedman&Strand e Virginia Monteverde, Paradoxes & Liquid Identities
C|E Contemporary 
Via Tiraboschi 2, Milano
Orari: dal martedì al venerdì 14.00 – 18.00 
Info: +39 02 45 48 38 22,  +39 348 90 31 514

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