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12
febbraio 2008
fino al 9.III.2008 L’Arte delle donne Milano, Palazzo Reale
milano
I misogini dicono che le donne sono irrazionali. Aggiustiamo il tiro. Sono più razionali fuori e meno razionali dentro. Infatti creano opere d'arte di tutto rispetto. Come testimonia un'ampia rassegna al Palazzo Reale di Milano...
“As a woman, / I have no country / As a woman, / I want no country / As a woman, / my country is the world”. Le parole della controversa Virginia Woolf sono l’epitome di un’esposizione di amplissimo respiro e al contempo un abito che riveste l’essenza carnale non della donna, modello astratto che gravita nel cielo iperuranio degli archetipi, bensì delle donne reali e storiche. Con la loro potenza creativa testimoniata da un’abbondante serie di opere d’arte che fanno parte integrante della storia e, piace pensarlo, delle storie, molteplici individuate e singole, dell’arte. Sarebbe sterile e saprebbe di già sentito discettare sui motivi che in un passato neanche troppo remoto hanno relegato le donne a un ruolo secondario nel campo delle arti visive e della musica, e della filosofia, e dell’impresa scientifica, conculcandone la creatività. Non siamo i nipotini di Otto Weininger.
Palazzo Reale narra la storia dell’arte creata da mani di donne in una mostra nel cui comitato di studio figurano, fra gli altri, Beatrice Buscaroli, Elena Pontiggia, Susan Fisher Sterling, abbracciando quattro secoli di pittura e scultura al femminile, dal Cinquecento alla seconda metà del Novecento. Centodieci artiste e duecentosessanta opere da musei e collezioni di quattordici paesi diversi. Da Lavinia Fontana, che apre il percorso espositivo con l’olio su tela Ritratto di gentildonna con figlia (1595), a Carol Rama, che in opere come Engi e Mizzi e Appassionata definisce uno stile che fa pensare a Klimt e Hodler, passando attraverso Tamara de Lempicka, Sonia Delaunay, Frida Kahlo, Lalla Romano e altri nomi forse meno celebrati come Constance Marie Charpentier, Aimée Dudivier, Marie-Amélie Cogniet, Louise Adéone Drolling, Käthe Kollwitz e Hanna Höch.
In mezzo a tale florilegio di potere creativo femminino meritano una particolare menzione le incisioni colorate a mano su pergamena –Natura morta con frutta, insetti e farfalle e Scorfano– di Maria Sibylla Merian, nonché le tempere, sempre su pergamena, di Margaretha de Heer (Insetti, una rosa, lucertola e conchiglie su un piatto di marmo), attiva nei Paesi Bassi nel corso della seconda metà del XVII secolo.
Anche scultura, si diceva: Valzer (con velo) (1889-1893) di Camille Claudel è un’opera in bronzo di un uomo e una donna abbracciati in una temperie che ricorda il pittore simbolista Gaetano Previati. Come l’olio su tela Venere triste (1917) di Romaine Brooks, che col suo vagolare onirico fra eros e thanatos sembra calarsi in un climax decadente e simbolista; e I fasti del sottosuoloà la Bosch di Leonora Carrington, favola onirica che fa pensare a una sensibilità pop-surrealista ante litteram.
Palazzo Reale narra la storia dell’arte creata da mani di donne in una mostra nel cui comitato di studio figurano, fra gli altri, Beatrice Buscaroli, Elena Pontiggia, Susan Fisher Sterling, abbracciando quattro secoli di pittura e scultura al femminile, dal Cinquecento alla seconda metà del Novecento. Centodieci artiste e duecentosessanta opere da musei e collezioni di quattordici paesi diversi. Da Lavinia Fontana, che apre il percorso espositivo con l’olio su tela Ritratto di gentildonna con figlia (1595), a Carol Rama, che in opere come Engi e Mizzi e Appassionata definisce uno stile che fa pensare a Klimt e Hodler, passando attraverso Tamara de Lempicka, Sonia Delaunay, Frida Kahlo, Lalla Romano e altri nomi forse meno celebrati come Constance Marie Charpentier, Aimée Dudivier, Marie-Amélie Cogniet, Louise Adéone Drolling, Käthe Kollwitz e Hanna Höch.
In mezzo a tale florilegio di potere creativo femminino meritano una particolare menzione le incisioni colorate a mano su pergamena –Natura morta con frutta, insetti e farfalle e Scorfano– di Maria Sibylla Merian, nonché le tempere, sempre su pergamena, di Margaretha de Heer (Insetti, una rosa, lucertola e conchiglie su un piatto di marmo), attiva nei Paesi Bassi nel corso della seconda metà del XVII secolo.
Anche scultura, si diceva: Valzer (con velo) (1889-1893) di Camille Claudel è un’opera in bronzo di un uomo e una donna abbracciati in una temperie che ricorda il pittore simbolista Gaetano Previati. Come l’olio su tela Venere triste (1917) di Romaine Brooks, che col suo vagolare onirico fra eros e thanatos sembra calarsi in un climax decadente e simbolista; e I fasti del sottosuoloà la Bosch di Leonora Carrington, favola onirica che fa pensare a una sensibilità pop-surrealista ante litteram.
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Ideazione di Vittorio Sgarbi
Palazzo Reale
Piazza Duomo, 12/i – 20122 Milano
Orario: lunedì ore 14.30-19.30; da martedì a domenica ore 9.30-19.30; giovedì ore 9.30-22.30 (chiusura biglietteria ore 18.30; giovedì ore 21.30)
Ingresso: intero € 9; ridotto € 7/6
Catalogo Motta
Info: tel. +39 0254915; www.comune.milano.it/palazzoreale
[exibart]
Dopo l’arte omosessuale e l’arte delle donne, ci manca solo l’arte dei negri. Ma dico io, tutte queste categorizzazioni che creano delle minoranze, non sono le forme più razziste di pensiero? Con affermazioni tipo “le donne sanno fare delle opere d’arte di tutto rispetto”. Come se si parlasse delle capacità grafiche degli scimpanzé. Di Eva Hesse o Joan Jonas, ci frega poco che siano donne, ci interessa di più quali innovazioni abbiano apportato e quali idee espresso. Quando si dimenticherà che certe artiste sono donne, e si parlerà di loro semplicemente come artiste, allora forse avremo raggiunto l’emancipazione. Non abbiamo bisogno di quote rosa nell’arte, soprattutto se ciò serve a dimostrare che anche noi “non siamo del tutto irrazionali”. Dio santo.
l’italia è un paese che sprofonda nel vecchiume più totale non solo di idee ma anche di governanti che sfiorano collassi durante i loro discorsi.
E BASTA con sta storia di voler mettere alla pari uomini e donne..noi lo siamo e forse abbiamo anche superato già da molto e in molte categorie vecchi uomini bavosi che pensano che la donna sia solo un buco nel quale far godere il proprio reale augello.
Basterebbe solo togliere dalla piazza quella masnada di oche che ci rappresentano…ahinoi…in tv e che mostrando culi e tette a più non posso credono di avere raggiunto l’emancipazione…sempre se sanno che cosa sia.
Vero, anche exibart aveva più collaboratrici prima!
Tutta questa polvere per cosa? Sempre a scavare sui messaggi, d’accordo sulla retorica dell’emancipazione, d’accordo sulla paranoia delle quote rosa, ma parliamo della sensibilità, essendo una modestissima artista che con la stessa modestia e rispetto si avicina al mondo dell’arte e scopre affinità tutte femminili non per porsi in una categoria ben definita ma per la sola natura delle cose. Ben venga l’arte in ogni sua forma, magari con le curve. E senza polemiche sx-dx,dx-sx.
cara gloria nn posso che essere in accordo con quanto scrivi.
Ma nn trovi che per l’ennesima volta si vuol porre la figura della donna..anche nell’arte…dio mio…ad un gradino inferiore..??
sia ben chiaro…nessuna paranoia o mania di inferiorità..ma siamo nel 2008 porca miseria…bisogna ancora rimarcare questo concetto sull'”arte delle donne” come se noi fossimo qualche entità astratta che una volta ogni tanto viene fuori con quelche buona idea che nn sia un ottimo spezzatino?
l’arte E’ arte..che sia fatta da uomini o donne..queste sono mostre fatte solo per cazzeggio…e poi un pò di spazio anche alla giovane arte femminile contemporanea..se proprio vogliamo parlare di arte al femminile.
non trovi?
La natura delle donne è tuttora un enigma per tutti gli uomini e per alcuni (Sgarbi in primis e poi tutto lo staff culturale della mostra) motivo di curiosità inquieta, di ossequiosa disquisizione salottiera e distaccato rispetto, come se le donne, e le artiste, fossero “animali” da studiare, analizzare e poi da rivalutare per bravura, creatività e intelletto, almeno pari a quello dei grandi artisti uomini. Ennesimo tentativo di mercificare una differenza sessuale, mentale e creativa che offre la sua più alta suggestione nella percezione intuitiva dello sguardo, da sempre bistrattato e catalogato come irrazionale e impulsivo. Eppure lo sguardo delle donne penetra nel reale attraverso una forza misconosciuta dagli uomini: la coscienza razionale intuitiva, l’unica in grado di coniugare e bilanciare i bisogni materialie spirituali dell’individuo con quelli della collettività. Lo sguardo delle donne è già arte…speriamo che questo sguardo, lo stesso di Frida, si estenda nei settori della politica, nella gestione dei beni culturali, nelle organizzazioni culturali, nel ministero dell’istruzione, ecc… Anche la Costituzione Italiana dovrebbe essere modificata, nel punto in cui si invita il cittadino a comportarsi con la coscienza morale del buon padre di famiglia (!). Cambiamo le regole del gioco, invece di celebrare le donne come individui “diversi”. La mostra è comunque interessante. Pregevole la trasversalità, anche se , come al solito, è assente dal video un commento vero, femminile….ammiriamo le donne solo esteticamente …il video lo conferma.
Recentemente ho visitato la mostra a Palazzo Reale.
Mi è parsa, in una parola: inutile. Sono rimasta tuttavia sorpresa dall’opinione opposta di un amico esperto e stimato.
Quindi la mia perplessità: perchè qui in Italia pare impossibile affrontare tematiche di arte contemporanea in spazi urbani importanti? E perchè sembra meritarsi l’alto titolo di arte solo quella che puzza (a mio parere, chiaramente di persona piuttosto ignorante in materia) di naftalina?
Con mio disappunto, ho osservato che il secolo del ‘900 ed il quasi terminato primo decennio 2000, non vengono quasi mai presi in considerazione o superficialmente solcati per dar ben più ampio risalto ai secoli passati.
Le opere scelte da Sgarbi, dal mio punto di vista (riscontrato durante la visita di più mostre da lui curate), non riflettono sempre l’espressione più rappresentativa dello stile di un dato artista, ma sembrano quasi “voler far presenza”. Molte donne “interessanti” (Carla Accardi, Tracy Emin, Marlene Dumas, per esempio) sono rimaste nell’ombra. Inoltre mi domando, perchè queste mostre non possono mai avere un carattere educativo anche sull’evoluzione dell’arte stessa, da quella puramente pittorica alla fotografia, ai mixed media, al digitale, ecc… Troverebbero spazio quindi Lee Miller, Vanessa Beecroft, Sarah Lucas, Cindy Sherman, Marina Abramovic, Tina Modotti, Karin Andersen, Mariko Mori e molte, molte atre che spesso vediamo troppo frettolosamente all’interno di grandi padiglioni di Biennali e fiere, ma di cui sappiamo ben poco ed una “guida” alla comprensione del nostro “tempo” non guasterebbe, forse con un po’ di coraggio come già accade in UK…
[…] che negli anni anche in Italia e soprattutto a Milano si sono susseguite. Dal 2007 con L’ Arte delle donne. Dal Rinascimento al Surrealismo dove lo staff di Narciso d’Autore è stato divulgatore presente e appassionato fino alla […]