10 luglio 2000

La cappella Portinari nella Basilica di Sant’Eustorgio a Milano Milano, Museo di Sant’Eustorgio

 
Dopo anni di lavori e l’uscita di un volume di studi curato da Laura Rossi Mattioli, è finalmente accessibile una delle massime glorie del Rinascimento lombardo, la splendida cappella eretta da Pigello Portinari, direttore a Milano del Banco Mediceo, nella sacrestia della chiesa domenicana di Sant’Eustorgio. Sono di nuovo visibili, dopo gli interventi di restauro condotti da Giovanni Rossi, i famosi affreschi di Vincenzo Foppa con le storie di San Pietro Martire e l’arca marmorea dello scultore pisano Giovanni di Balduccio

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In febbraio, con una solenne inaugurazione, la Cappella Portinari in Sant’Eustorgio ha di nuovo aperto le sue porte al pubblico. Il nuovo ingresso al monumento è situato nel chiostro attiguo alla facciata della Basilica ed ha sostituito l’originario accesso dalle navate della chiesa. La cappella è infatti divenuta parte del nuovo Museo di Sant’Eustorgio, che include la Sala Capitolare del preesistente convento domenicano, la Sacrestia monumentale e il suggestivo cimitero paleocristiano.
Dieci lunghi anni di restauro, condotti da Giovanni Rossi, hanno ricondotto al passato splendore la cappella, voluta da Pigello Portinari, nel 1461. Il ricco banchiere fiorentino destinò l’edificio a più funzioni: era mausoleo della famiglia del fondatore, che vi fu sepolto nell’ottobre del 1468; coro iemale per i monaci e luogo di culto di una delle reliquie più venerate della città, il capo di San Pietro Martire. Le reliquie del Santo inquisitore, assassinato nel Duecento dai Catari, trovarono sin dal XIII secolo particolare venerazione in Sant’Eustorgio ed il suo capo, separato dal corpo, fu conservato nella sacrestia dell’antica chiesa, posta sul retro dell’abside. Secondo quanto emerso dagli ultimi studi fu questo il motivo che determinò la collocazione della cappella in una posizione lontana ed eccentrica rispetto alla chiesa. Pigello volle infatti edificarla al termine della sacrestia cruciforme, che sin dall’antico ospitava il santo capo, oggetto tuttora di forte venerazione in città e ed esposto ai fedeli ogni anno l’ultima domenica di aprile.
Identificando la propria cappella funeraria con il luogo di culto del Santo domenicano, Pigello non svolse solo un atto di devozione personale, ma anche un gesto politico teso a sottolineare l’alleanza tra il Ducato di Milano e i Medici, raggiunta con la pace di Lodi e testimoniata dalla fondazione, in via dei Bossi, della filiale milanese del Banco Mediceo.
Il modello architettonico di riferimento per la costruzione eustorgiana è la Sacrestia Vecchia in San Lorenzo a Firenze di Filippo Brunelleschi, scelta assai logica se si considera il forte legame dei Portinari con i Medici, che in quell’edificio avevano il loro mausoleo.
La struttura in pianta dell’edificio milanese è analoga a quella fiorentina: un quadrato di base con una scarsella di pianta pure quadrata; il volume in alzato rispetta il disegno e l’idea decorativa fiorentina fino alla trabeazione con lesene, capitelli e fregio con cherubini. Ma basta osservare la ricchezza decorativa delle lesene in pietra d’angera e dei cotti che profilano gli affreschi e le finestre per cogliere il sapore tutto lombardo del monumento. Nella parte superiore della cappella milanese, l’impianto architettonico e decorativo cambia radicalmente rispetto al modello brunelleschiano: sulla perfetta proporzione toscana prende il sopravvento un volume di origine gotico con arconi e pennacchi, su cui si imposta un alto tamburo ornato da magnifici angeli in terracotta danzanti ed una cupola a sedici spicchi coloratissima.
Cappella Portinari
La ricchezza decorativa è molto lontana dalla misurata e raffinata eleganza della Sacrestia Vecchia ed è manifestazione di un gusto per il connubio tra le arti in cui la tridimensionalità della terracotta e la vivacità degli affreschi hanno il ruolo più importante.
L’architetto che edificò la cappella Portinari realizzò così un’opera nuova: aggiornata ai parametri fiorentini, ma al contempo assimilata al gusto e alla tradizione regionale. Questa constatazione ha portato a formulare nuove ipotesi sulla paternità del progetto, rimasto sin ad oggi anonimo. Mentre per molti anni l’opera fu attribuita ad artisti fiorentini quali Michelozzo, architetto prediletto dai Medici, o Filarete, attivo in quegli anni sul fronte milanese, le nuove ipotesi spostano l’attribuzione su un artista lombardo Guiniforte Solari, attivo in molti cantieri milanesi del tempo.
Il decennale restauro ha portato soprattutto alla sorprendente riscoperta degli autentici colori degli splendidi affreschi che Vincenzo Foppa realizzò tra il 1462 e il 1467. Si tratta dell’unico ciclo affrescato a noi pervenuto di questo noto artista bresciano che per Pigello realizzò anche la decorazione, oggi scomparsa, del Palazzo del Banco Mediceo in via dei Bossi.
L’intervento, intrapreso nel 1989 sotto la direzione della Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici di Milano e ora appena concluso, ha innanzitutto assicurato la sopravvivenza dei dipinti notevolmente compromessa dalle forti infiltrazioni di umidità e dalla vistosa presenza di efflorescenze depositate sopra le superfici dipinte. L’esame ravvicinato dei manufatti ha inoltre permesso di conoscere, in modo completo, le modalità tecnico operative utilizzate dal Foppa. Si sono evidenziate le varie giornate di lavoro, si sono trovate tracce di spolvero e segni evidenti dell’uso del compasso per la realizzazione degli impianti prospettici. Il restauro ha inoltre portato al preciso riconoscimento e alla asportazione delle numerose ridipinture realizzate durante i restauri di fine Ottocento. In alcuni casi le integrazioni non hanno potuto però essere rimosse e rimangono a testimonianza dell’intervento ottocentesco. Mentre gli angeli danzanti in terracotta sul tamburo hanno recuperato la loro originaria policromia, il colonnato dipinto alle loro spalle è opera di Agostino Caironi, pittore-restauratore del XIX secolo. Sono residui dell’intervento ottocentesco anche le due porticine ai lati dell’abside e le lesene ed il fregio con cherubini che decorano quest’ultima.
Gli affreschi di Vincenzo Foppa occupano la parte alta delle pareti e la cupola della cappella e per osservarli con più attenzione si consiglia l’utilizzo di un binocolo. Gli spicchi della cupola ad ombrello sono dipinti a scaglie policrome, azzurro-verde, giallo, rosso ed alludono all’irradiarsi della luce divina. Poco sopra al tamburo alle finestre circolari si alternano otto tondi con teste di santi non identificabili per la mancanza di attributi. Assai ben conservati, questi personaggi sono ritratti in atteggiamenti diversi, intenti a leggere, affacciati verso la cappella, in meditazione, e sono collocati entro volte a botte fortemente scorciate dal basso, il cui impianto prospettico è inciso nell’intonaco. Nei pennacchi che raccordano il tiburio al vano della cappella sono inseriti quattro tondi con i Dottori della Chiesa. Questi dipinti furono gli unici a rimanere visibili quando, durante la peste manzoniana, l’intera cappella fu ricoperta da scialbo per ragioni igieniche. Essi si trovavano, comunque, in uno stato piuttosto compromesso sia per le infiltrazioni di umidità, sia per il forte imbiancamento della superficie dovuto alle sostanze soprammesse al colore nei precedenti restauri.
La loro posizione ricorda i tondi di Donatello nella Sacrestia Vecchia, mentre per soggetto e stile riprendono gli Evangelisti di Nicolò Pizzolo nella cappella Ovetari a Padova.
Sull’arcone di fronte all’ingresso della cappella e su quello della controfacciata si ammirano le luminose scene dell’Annunciazione e dell’Assunzione della Vergine dipinte, con un ardito scorcio “di sotto in su”. La scelta di questi soggetti, oltre ad alludere all’opera salvifica di Maria e al destino ultraterreno del defunto Pigello, è segno del forte culto per la Vergine, promosso dallo stesso San Pietro Martire, con la fondazione delle prime congregazioni mariane in Milano.
Infine le pareti laterali celebrano San Pietro da Verona come predicatore, esorcista, taumaturgo e martire. Il Miracolo della nube e Il riconoscimento della falsa Madonna, dipinti sul muro meridionale esaltano, la figura del Santo come difensore della fede contro le eresie, ruolo che i domenicani in Sant’Eustorgio ancora detenevano nel XV secolo, essendo il loro convento sede dell’Inquisizione.
La parete nord ospita invece episodi più legati al culto popolare per il Santo martire. Accanto alle virtù taumaturgiche del Santo esemplate dal Miracolo del piede risanato, in uno splendido paesaggio campestre, esaltato da Roberto Longhi, si ammira l’episodio del martirio, descritto nel momento in cui il Santo, già colpito a morte, sottolinea la propria fede scrivendo “ CREDO” con il proprio sangue.
Nella cappella Portinari è infine possibile ammirare un’altra famosa testimonianza del culto milanese per San Pietro: l’arca marmorea realizzata da Giovanni di Balduccio per ospitare il corpo del Santo Inquisitore. L’opera fu realizzata dallo scultore pisano su commissione del duca di Milano Azzone Visconti, tra il 1336 e il 1339. La sua posizione originaria era un tempo all’interno della chiesa, ma fu spostata in cappella nel XVIII secolo. Bellissime, e sicuramente opera del maestro pisano, sono le otto statue delle virtù che sorreggono il sarcofago, mentre sono stati attribuiti ad aiuti gli episodi con la vita e i miracoli del Santo sull’arca. Poiché, per tradizione popolare, San Pietro Martire è considerato il protettore dal mal di testa, è usanza che il giorno della festa del Santo si venga a picchiare il capo contro questo suo magnifico sepolcro.

Micol Fontana




Cappella Portinari
Museo di Sant’Eustorgio, Milano, Piazza Sant’Eustorgio 3
tel. 02.894.02.671
Orario: 9.30-12.30 15.30-18.30. Chiuso il martedì
Ingresso ( Museo e Cappella Portinari) intero L. 10.000 – ridotti L.5000 – scolaresche L. 3000
Guida alla Basilica di Sant’Eustorgio, Skira editore, 1999, L. 25.000

Iniziative estive:
Mercoledì 12 luglio ore 18.30 visita guidata al Museo e alla Cappella, ore 19.30 concerto con strumenti antichi in Cappella, ore 20.00 aperitivo al Caffè Viarenna in Porta Ticinese.
Quota di adesione L.25.000 visita guidata e concerto – L.6000 aperitivo
Prenotazione: Ardea 02. 43981761.

[exibart]

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