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Prix Bulles Pierre Cardin: quando la moda vuole difendere il pianeta
Moda
Il fashion system viene spesso ritenuto frivolo e poco sostenibile ma non è certo il caso della Maison Pierre Cardin. Del resto, il suo impegno per la difesa dell’oceano è insito nel suo stesso logo, con quel ricciolo che sembra evocare la grande onda di Kanagawa. Senza dimenticare che lo stilista Pierre Cardin, scomparso nel 2020 e di origini italiane, ha sempre avuto un forte legame con la città lagunare di Venezia. Così, valorizzando l’heritage della Maison, Rodrigo Basilicati Cardin, pronipote di Pierre e Presidente del Gruppo Cardin, ha voluto istituire il Prix Bulles, giunto quest’anno alla terza edizione, perché la moda è anche cultura e può essere un volano per la causa ecologista.

Nel corso della soirée, la startup MÖBIUS ha vinto l’Ocean for our Planet Award. MÖBIUS è un sistema basato sull’intelligenza artificiale che aiuta a rilevare, localizzare e classificare i mammiferi marini come la balena franca nordatlantica a partire da immagini aeree. Sviluppato da WHALE SEEKER, fornisce dati che sono poi integrati da un esperto umano, per garantirne l’affidabilità. È quindi uno strumento essenziale per la conservazione marina e la gestione degli ecosistemi.

Il premio Space for our Planet è andato invece alla startup INVERTO EARTH, che consente un monitoraggio degli ecosistemi più ampio, preciso e meno costoso rispetto ai metodi tradizionali. Collabora con Delta Blue Carbon, il maggior progetto di ripristino delle mangrovie al mondo. Grazie a tecnologie avanzate quali droni, telerilevamento e AI, offre una trasparenza senza precedenti su larga scala.
Infine, il premio di incoraggiamento Research for our Planet è stato assegnato a Ellen Garland, una biologa della University of St Andrews nota per il suo lavoro innovativo sulla trasmissione vocale nelle megattere. Studia come questi canti si diffondono da una popolazione all’altra attraverso l’oceano, rivelando complesse dinamiche culturali nei cetacei. Le sue ricerche forniscono informazioni sull’evoluzione del comportamento animale e sugli impatti dei cambiamenti ambientali. Un fondo internazionale è stato creato a sostegno del suo lavoro di ricerca. Ogni premio, peraltro, prevede una donazione di 25mila euro, in partnership con ESA, l’Agenzia Spaziale Europea.

Un premio onorario è stato poi attribuito ad Alberto II, Principe di Monaco, e ritirato per suo conto da Jacques Rougerie, architetto, oceanografo e membro dell’Académie des beaux-arts. Con il suo know-how di fama mondiale, il Museo Oceanografico di Monaco, ideato dal Principe Alberto I, trisavolo dell’attuale regnante, veglia infatti sugli oceani da più di un secolo.
Il Prix Bulles prende il nome da Palais Bulles, l’iconica villa progettata e costruita da Antti Lovag a partire dal 1975 e acquistata negli anni Novanta da Pierre Cardin. Le sue curve sinuose s’inseriscono perfettamente nel paesaggio circostante e dialoga con le formazioni rocciose rosse del massiccio dell’Estérel, in un perfetto equilibrio tra ambiente naturale e artificiale. Ancora più straordinario se si considera che Palais Bulles non è frutto dall’attuale attenzione a minimizzare l’impatto di un edificio sull’ambiente: con il suo design sembra arrivare dal futuro, ma il suo ideatore nacque a Budapest nel lontano 1920. Sostenibilità ante-litteram, quindi.


Questa casa-scultura di 1.200 metri quadrati si affaccia sulla baia di Cannes. Capolavoro dell’architettura organica, è organizzata da moduli a forma di bolla, che si contrappongono, anche in termini formali, allo schematismo linearista degli investimenti immobilari su ampia scala del periodo. Al contrario, l’architettura utopica e libera dalle convenzioni della Bubble House (non dimentichiamo che pure Pierre Cardin disegnò un famoso Bubble Dress nel 1954) pone l’individuo al centro della progettazione degli spazi. Si fonda su un concetto di casa concepita come struttura a moduli, che prendono forma dai bisogni dell’essere umano – di cui rappresentano una sorta di involucro grazie alla tecnica del voile de béton armé sans coffrage – e sono assemblabili in composizioni che si adattano alla conformazione del sito. Una sorta di ritorno alle origini, alle abitazioni ancestrali come le grotte, in cui il design curvilineo esprime bellezza, armonia e flessibilità, oltre al dinamismo incessante dell’immaginazione. La creatività fluisce e in effetti l’acqua è l’elemento naturale che ricorre ovunque a Palais Bulles: nella cascata del patio, nella piscina a sfioro, nelle onde del mare all’orizzonte, così come nelle finestre emisferiche che sembrano quasi gli oblò del Nautilus di Jules Verne.

Tale sperimentazione di linee e di materiali è affine alla cifra stilistica di Pierre Cardin. Pioniere dell’idea stessa di prêt-à-porter, Cardin ha rivoluzionato la moda negli anni Cinquanta e Sessanta con la sua fluidità: fluidità di linee (pulite, geometriche e futuristiche), materiali (sperimentali e insoliti, come il vinile e il metallo), ma anche no-gender, dato che Cardin ha eliminato la rigida distinzione fra creazioni maschili e femminili a favore di modelli unisex. Il suo genio visionario ha trovato in Palais Bulles una sorta di specchio in cui riflettersi e amplificarsi: all’interno del Palais, infatti, si trovano oggetti di design progettati dallo stilista stesso, le Sculptures Utilitaires. Oltre a un anfiteatro da 500 posti, il complesso – classificato come facente parte del patrimonio dei monumenti storici – include 10 suite decorate da artisti contemporanei, quali Patrice Breteau, Jérome Tisserand, Daniel You, François Chauvin e Gérard le Cloarec.



A dispetto della scomparsa dello stilista nel 2020, Pierre Cardin è un brand che guarda al futuro, ad esempio grazie al contest annuale Pierre Cardin Young Designer Award. Rodrigo Rodrigo Basilicati-Cardin, pronipote del fondatore nonché Direttore Creativo e General Manager della Holding Pierre Cardin Evolution, ha inoltre annunciato una serie d’iniziative per il marchio, fra cui il probabile lancio di una nuova linea di alta gamma e l’apertura di uno showroom a New York l’anno venturo. Le leggende, d’altronde, sono eterne.