25 novembre 2020

Una festa di lucciole: breve racconto del GucciFest

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Tra la mini serie Ouverture Of Something That Never Ended, codiretta da Alessandro Michele e Gus Van Sant, e i cortometraggi realizzati per presentare le creazioni di 15 designer emergenti, ecco un breve racconto del GucciFest

“In questo tempo di strappi, in cui l’ordine delle cose vacilla e la notte sembra avvolgere ogni cosa, siamo chiamati a un compito difficile: riuscire a scorgere, nell’oscurità, la presenza gioiosa delle lucciole. Le loro scie erratiche e luminose compongono, infatti, una danza d’amore che si staglia contro il buio”, ha scritto Alessandro Michele in una dichiarazione sul sito del GucciFest. “Le lucciole non sono scomparse. È scomparsa, semmai, la nostra capacità di vederle”, continua: “di fronte a questo rischio, sento la necessità di convocare una festa. Un’adunanza sorridente di scintille e promesse di futuro, un festival di lucciole. In questo spazio, temporaneo e improbabile, si aduneranno giovani menti creative con i loro giuramenti di bellezza”.

Il 22 novembre si è concluso, al suo settimo giorno, il festival digitale – o meglio festival di lucciole, come lo chiamerebbe Michele – organizzato dal Direttore Creativo per lanciare in modo innovativo la nuova collezione del brand. A differenza di altri tentativi realizzati in sostituzione alla Fashion Week delle sfilate, il GucciFest ha seguito una linea narrativa distinguibile e ben sviluppata, in cui l’estetica, sempre indubbiamente protagonista, ha lasciato spazio anche all’aspetto contenutistico dei video. Giorno per giorno, le puntate della mini serie diretta da Gus Van Sant sono state trasmesse su Youtube/Fashion, sul canale Youtube Gucci, su Weibo e sulla piattaforma creata ad hoc per l’occasione. Parallelamente, 15 designer emergenti, selezionati da Gucci, hanno partecipato al festival presentando ciascuno il suo cortometraggio, realizzato con l’obbiettivo di parlare delle proprie creazioni, identità e valori.

Nella prima scena del primo episodio, la protagonista Silvia Calderoni – attrice di cinema e teatro, performer, scrittrice e danzatrice – si sveglia al mattino nel suo appartamento di Roma. Così ha inizio il viaggio dello spettatore nella sua vita, attorno a cui è tessuta la trama dell’intero film. Dopo un’eccentrica routine mattutina, e dopo aver trovato nella posta un misterioso volantino che si scoprirà essere il fil rouge della serie, Silvia si siede davanti alla televisione per ascoltare una lezione di Paul B. Preciado, autore e filosofo, indubbiamente tra le voci più influenti della storia di genere.

Preciado, chiamato in televisione (nella serie, si intende) per parlare della rivoluzione di genere, sessuale e anti-razzista che ci sta coinvolgendo in questo momento, a un certo punto del discorso si rivolge direttamente a Silvia, che rimane attonita davanti allo schermo, osservando il filosofo con sguardo rapito. “La moda ha contribuito storicamente a stabilire differenze sociali e politiche tra uomini e donne. L’abbigliamento è una sorta di travestimento sociale che si impone sui corpi e ne stabilisce l’identità politica. È impossibile comprendere il concetto di mascolinità senza conoscere cosa abbia significato e cosa significhi ancora oggi per un uomo indossare i pantaloni, la stessa cosa vale per le donne con gli abiti”, ha dichiarato Preciado riguardo al suo intervento all’interno della serie. “La moda, almeno dopo gli anni ’60, ha anche contribuito ad accendere il dibattito su questi concetti e su certe differenziazioni. La sfida ai concetti di genere, in un certo senso, passa anche dal ridisegnare un paio di pantaloni, una camicia, un vestito, un paio di scarpe. La moda è in ultima analisi uno spazio dove l’idea di genere e di sessualità sono costantemente negoziati”.

Una seconda apparizione singolare è quella di Achille Bonito Oliva, che nel terzo episodio, ambientato all’ufficio postale, viene ripreso in un’intima, e alquanto improbabile, conversazione telefonica con Harry Styles. Mentre Bonito Oliva parla ad Harry degli influssi che quest’epoca contemporanea “un po’ nervosa, piena di conflitti e di confronti” ha nei vari campi della cultura, il cantante gli risponde con una riflessione sullo “scomodo imbarazzo” che si prova quando, facendo arte, trovi quel qualcosa che hai sempre voluto vedere o che hai sempre voluto sentire, ma che non è mai stato fatto prima. “Non sai se ti piace o se la odi, perché ancora non sai cosa sia. Ma penso che la cosa entusiasmante sia proprio quella. E questo vale per tutti i campi che hai menzionato”.

Lo stesso giorno di At the post office, la giovane artista londinese Bianca Saunders ha presentato la sua nuova collezione con il corto The Pedestrian, girato da Akinola Davies Jr e ispirato dall’opera di Hans Eijkelboom The Ideal Man del 1978, in cui l’artista intervistava una serie di donne sul loro partner ideale prima di prenderne le sembianze. In The Pedestrian quest’idea viene capovolta – a otto uomini diversi, vestiti Bianca Sanders, vengono fatte delle domande su ciò che amano delle loro relazioni, dalla battuta preferita per rimorchiare all’idea di appuntamento ideale, per esplorare il concetto di “uomo perfetto” al di là dei confini della costruzione e del genere, in una sfida alle nozioni comuni di iper-mascolinità.

Nel quarto episodio, The Theatre, Silvia si esibisce nel Bolero di Ravel durante una audizione con la coreografa Sasha Waltz, famosa per le performance di improvvisazione di gruppo, e con la sua compagnia teatrale. “Per noi è stato estremamente coinvolgente da un punto di vista emotivo. Dopo nove mesi di distanziamento sociale, imposto dalla pandemia, potevamo finalmente tornare a toccarci. I ballerini erano sul punto di piangere. In quanto esseri umani, abbiamo un innato bisogno di vicinanza, intimità, attenzione. L’esibizione nell’ultima scena rappresenta tutto ciò”, ha spiegato la coreografa tedesca. Prima e durante l’audizione, l’attore e drammaturgo Jeremy O. Harris supporta emotivamente la protagonista aiutandola con degli esercizi per superare l’ansia da palcoscenico. Indubbiamente il mio episodio preferito.

Giovedì 19 è stato anche il giorno del corto La Tassinara, sempre presentato nella sezione dedicata ai giovani designers emergenti, girato da Gregorio Franchetti e Ilya Sapeha con le creazioni di Cormio. La protagonista, come suggerisce il titolo una guidatrice di taxi, romana, carica sulla macchina tre ragazze che cominciano da subito a litigare pesantemente. Alla radio danno Julio Iglesias con Se mi lasci non vale, anno 1976. La Tassinara alza il volume e comincia a cantare per coprire le voci delle tre ragazze. Nella scena successiva, dopo aver abbandonato il taxi, trova conforto continuando a cantare in un piano bar di Roma, dove giovani ragazze e attraenti donne mature ballano trasportate da musica pop italiana anni ’70, indossando i capi dalle influenze tirolesi-austriache disegnati da Jezabelle Cormio.

Ouverture Of Something That Never Ended si conclude con A nightly walk, l’episodio finale in cui Silvia vaga di notte tra le vie di Roma vivendo un’esperienza al confine tra sogno e realtà. Inizia a leggere una poesia al citofono di un appartamento abitato da un uomo misterioso, interpretato dal cantante e attore Lu Han, che la ascolta mentre stira e accorcia altrettanto misteriosamente un vestito rosso. Dopo un giro in scooter per le strade di Roma, Silvia torna al punto di partenza e trova per terra il famoso piccolo foglio con la scritta stampata, filo conduttore di tutte e sette le puntate, che sia sotto forma di invito, locandina o francobollo. La scritta si legge appena, sono frammenti di testo dalla canzone dei Tuxedomoon: “In a manner of speaking / I just want to say / That i could never forget the way / You told me everything / By saying nothing”, in un certo senso voglio dirti che non dimenticherò mai il modo in cui mi hai detto tutto senza dirmi niente.

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