30 maggio 2022

A Milano nasce ADEC Arte. Michael Ackerman per la prima mostra

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Con la mostra "Trasparenze" del fotografo israeliano Michael Ackerman prende il via ADEC Arte, progetto che porta l'arte sulla strada come un museo a cielo aperto sempre visibile ai passanti. Ne abbiamo parlato con gli ideatori e con il curatore.

Michael Ackerman, Poland 2008

A Milano lo scorso 24 maggio è stato inaugurato il progetto ADEC Arte, che come prima mostra presenta“Trasparenze” del fotografo israeliano Michael Ackerman, a cura di  Davide Di Maggio, a cui è affidato il primo anno di programmazione, in collaborazione con Claudio Compostimc2gallery.

Il centro medico polispecialistico ADEC, attivo a Milano dal 1986, ha aperto «il suo nuovo spazio in Via Edmondo De Amicis, 28 con l’intento, come afferma il suo direttore e fondatore Luciano Passaler, “di offrire alla città di Milano un segno di concreta gratitudine per l’apprezzamento di cui si è sentita circondata fin dalla sua costituzione”, mettendo a disposizione le tre ampie e luminose vetrine sulla strada, da utilizzare non per pubblicizzare se stessa e la propria attività, ma per donare alla città un luogo diverso per promuovere l’arte e la bellezza a vantaggio di tutti. Il proposito di ADEC è che l’arte non resti confinata solo in spazi eletti a tale scopo, ma venga portata sulla strada, come un museo a cielo aperto, visibile a chi passa, affinché un numero sempre maggiore di persone possa fruirne». hanno spiegato gli ideatori.

Ne abbiamo parlato con loro, Luciano PassalerCarla Maria Russo, e con Davide di Maggio, curatore, nell’intervista qui sotto.

Michael Ackerman, Benjamin window

Come è nata l’idea di ADEC Arte?

Luciano Passaler e Carla Maria Russo: «Nell’occasione dell’apertura di una nuova sede di Adec su strada, abbiamo avvertito l’esigenza di offrire alla città un segno di concreta gratitudine per l’apprezzamento di cui ci siamo sentiti circondati fin dall’inizio della nostra attività, nel 1986. Pertanto abbiamo deciso di utilizzare le vetrine dello studio non per pubblicizzare la nostra attività ma per donare alla città uno spazio in cui promuovere, a vantaggio di tutti, la bellezza e l’arte. L’ambizione che ci spinge è che l’arte non resti confinata solo in spazi eletti a tale scopo, quali le gallerie o i musei, ma venga portata sulla strada, affinché un numero sempre maggiore di persone possa fruirne, nella convinzione che ammirare l’arte significhi imparare ad apprezzare La Bellezza, la quale, come spiegavano i filosofi greci, non è mai disgiunta dal buono e dal bene e dunque ispiri valori positivi.
Ciò allo scopo di donare a chiunque la possibilità di ammirare un’opera d’arte, di arricchire la propria anima, di iniziare o concludere la giornata di lavoro portando con sé un messaggio di bellezza e di luce da cui trarre incoraggiamento e ispirazione».

© Michael Ackerman

Qual è il vostro rapporto con l’arte contemporanea?

Luciano Passaler e Carla Maria Russo: «Sebbene in famiglia esista una forte sensibilità artistica, visto che sono presenti una scrittrice (Carla Maria Russo) e una attrice (Gaia Passaler), quello con l’arte contemporanea è sempre stato un rapporto molto difficile, di scarsa conoscenza, e, dunque, di difficile comprensione. Questo è un limite di cui non siamo fieri ma, in fondo, è anche una delle ragioni che ci hanno spinti a compiere una scelta così forte e dirompente come può essere quella di esporre opere d’arte in una vetrina su strada: un’idea che, all’inizio ha spaventato prima di tutto noi, per la sua stranezza e audacia. Poi però, parlandone anche con amici artisti (in particolare lo scultore Diamante Faraldo) si è sempre più fatta strada dentro di noi la convinzione che il progetto avesse un senso, che i tempi fossero maturi per una simile sfida e, dunque, andasse realizzato. Ci siamo detti, che forse era giunto il momento di “tirare fuori” l’arte dai luoghi da sempre deputati allo scopo – i musei, le mostre, le gallerie, dove le persone devono recarsi di proposito – e portarla “su strada”, in una vetrina, sotto gli occhi di chiunque passi, dove possa essere ammirata ogni giorno, ogni momento, anche da un pubblico meno preparato. Questa facilità di fruizione del bello potrebbe indurre molte più persone – noi per primi – a gettare un’occhiata all’autore o autrice esposta in quel momento, leggere le spiegazioni, magari tornare a casa e cercare su google quel nome. Ed ecco che una piccola luce di conoscenza si accende, un artista entra nel nostro orizzonte visivo, scatta la curiosità di saperne di più. E l’arte diventa meno elitaria, meno lontana, un poco più comprensibile.
Un piccolo passo: ma i lunghi cammini sono fatti di tanti piccoli passi.
Questo almeno è il nostro proposito, questa la nostra speranza. Il tempo ci dirà se avevamo torto o ragione».

Michael Ackerman, Poland 1998

La programmazione di ADEC Arte sarà strutturata su un susseguirsi di mostre monografiche, da dove deriva questa scelta? Come ha scelto i temi e gli artisti?

Davide di Maggio: «ADEC Arte nasce con l’intento di rendere l’arte accessibile al maggior numero di persone possibili. Le tre ampie vetrine sulla strada diventano così uno spazio dove gli artisti costruiscono una casa comune con lo spettatore. La trasparenza del vetro consente loro di muoversi al di là dei limiti dei luoghi convenzionali dell’arte. Lo spazio delle vetrine diviene quindi il luogo dove le opere si confrontano con l’ambiente esterno in un incrocio di relazioni fruibili in qualsiasi momento. In questo primo anno di programmazione, ho pensato di alternare le personali di due artisti contemporanei, il fotografo israeliano Michael Ackerman e l’artista albanese Nerina Toci, con due importanti artisti storici del movimento Fluxus, Wolf Vostell e Yoko Ono. Ho scelto di realizzare  mostre personali perché, per quanto le vetrine siano grandi, non si ha l’ampiezza di sale museali o di galleria e una collettiva di più artisti ne soffrirebbe. Nel secondo anno due delle quattro mostre in programma, saranno delle piccole monografiche di tre artisti, uno per vetrina, con progetti site specific e un tema in comune.
La scelta di due esponenti storici del gruppo Fluxus è determinata dal fatto che esporre a “cielo aperto” si coniuga perfettamente con il pensiero anti-convenzionale del movimento, che ha dislocato l’arte fuori dai suoi ambiti specifici, così che ogni spazio diventa il luogo di possibili eventi artistici. Allo stesso modo, Nerina Toci e Michael Ackerman, usano gli spazi aperti per spingere il loro lavoro alla portata di tutti, per non creare muri di separazione tra artista e spettatore. Il loro lavoro porta la vita ad un altro grado di esistenza e percezione e ci dimostra che il mondo in cui vorrebbero vivere esiste davvero».

Quali pensa siano i punti di forza di un progetto come ADEC Arte?

Davide di Maggio: «I punti di forza del progetto ADEC sono tutti nell’entusiasmo con cui i due fondatori, Carla Russo e Luciano Passaler, affrontano il mondo dell’arte per la prima volta da protagonisti, grazie a questo progetto. La loro volontà di rendere l’arte il più universale possibile è sostenuta da un pensiero illuminato che va oltre le barriere sociali e culturali di cui spesso il sistema dell’arte moderna e contemporanea è vittima.
Grazie alle vetrine, il messaggio diventa più immediato e comprensibile per tutti. L’impatto visivo, facilita il passaggio di informazioni e rende più famigliare l’arte, spesso vista da fuori come un pianeta distante e inaccessibile. Il protagonista diventa chi guarda e non chi espone.
Questo non significa riduzione del livello di qualità delle mostre organizzate o degli artisti selezionati, anzi, vuole dare degli strumenti in più al pubblico per comprendere, rispetto a quelli che normalmente non si trovano nelle gallerie o in alcuni musei, dove la linea di demarcazione tra chi sa e chi no è molto più marcata e tiene distante gran parte di chi invece vorrebbe fruirne.
Questo è l’intento dei fondatori e mio come curatore: creare una casa comune della coesistenza delle differenze sociali e culturali e non un ennesimo palcoscenico di arte autoreferenziale o che rappresenti la realtà che ci circonda, ma un’arte concentrata sugli aspetti essenziali, che duri nel tempo, che passi incolume nei cambiamenti delle società, delle epoche e del pensiero».

© Michael Ackerman

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